C'è un affresco corale sullo sfondo, di un mondo che cambia, in certi luoghi, mentre in altri è sempre lo stesso.
E su questo sfondo, tanti, tantissimi primi piani.
In questo mondo che cambia, o meglio, che tenta di cambiare, la storia di chi tenta di cambiare, senza essere ne-
cessariamente in sintonia col mondo.
In fondo, pensavo, è la storia di una mela che prova a cadere lontano dall'albero.
E sembra quasi farcela. Ma la storia è tutta in quel "quasi".
E la sua mela gemella, invece, non ci prova neanche. "Ero una bambina presuntuosa", dice Lila men-
tre brucia il quaderno con "La Fata Blu", il racconto che aveva scritto alle elementari. E lo brucia davanti alla fabbrica dove si spacca le mani e si rovina la salute, dalla quale sa che non potrà mai fuggire perché quello è il posto che il destino le ha assegnato alla nascita.
La maestra aveva deciso al posto suo che non doveva neanche provarci, che la sua mente brillante non avrebbe mai oscurato la miseria materiale dalla quale proveniva. "Con me non avete fatto un buon lavoro", le aveva detto molti anni più tardi, davanti all'ennesima mortificazione
che la maestra le aveva inflitto. Sfrontata, ribelle, fino ad essere autodistruttiva, una vita di merda di cui prendere atto e nella quale sprofondare, ma con la dignità di chi non si piega ai mafiosi del rione, al padrone che non è altro che un omuncolo arricchito e pretende os-
sequi immeritati, e che come tanti altri uomini molesta le operaie col ricatto, e concede 10lire come indennità per un lavoro che rovina la salute pretendendo pure d'esser ringraziato. Ma da qualche parte qualcuno si muove, si organizza. Gli studenti, nelle città. Gli operai nel-
le strade dei rioni. Il sindacato. Tentativi di comunicazione, difficili. E le bastonate, ché i padroni chiamano i fascisti a domare le teste calde che denunciano le condizioni dei lavoratori rivendicandone i diritti.
E in mezzo a tutto questo, chi lotta con se stesso, chi contro
il sistema, chi contro l'invidia, o contro la sua stessa famiglia.
Lila e Lenù sono la stessa storia: come è, da una parte, e come potrebbe andare, dall'altra. Ma è la storia di un quasi. Perché è difficile riuscire quando un sistema è radicato così a fondo in un Paese, nella so-
cietà, nelle mentalità, nella vita della gente.
È un ritratto profondo e spietato di quello che siamo stati e di quello che siamo ancora. È intimo, e triste anche quando sembra non esserlo. Perché anche i momenti più belli, quasi felici, alla fine non reggono a un esame rigoroso.
Dimenticavo: #LAmicaGeniale
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