Giuseppe Pastore Profile picture
Giornalista per @ilfoglio_it, @CronacheTweet, eccetera. Appassionato di sport, di cinema, di gggente. IG: giuseppe.pastore85

Mar 14, 2022, 23 tweets

50 anni fa, il #14marzo 1972, si teneva al Loew's Theatre di Broadway, New York l'anteprima mondiale del #Padrino. Mega-thread in 22 capitoletti di tutto quello che forse non sapete o avete dimenticato sul primo capitolo della trilogia di Francis Ford Coppola (e Mario Puzo).

Com'è noto, nel Padrino non viene mai pronunciata la parola "mafia" né tantomeno "Cosa Nostra": ordine, a quanto pare, del boss Joseph Colombo, a capo della "Lega dei Diritti Civili degli Italo-Americani" che minacciò a lungo i produttori del film prima di scendere a patti.

Certo, adattare insulti e parolacce in sede di doppiaggio è sempre molto difficile, specie se sono rivolti agli italiani. L'intraducibile fuoco di fila del produttore Jack Woltz ("daigo guinea WOP greaseball gumbahs!") viene reso così così ("camorristi"? In un film sulla mafia?).

Nei primi 40 minuti tiene banco l'affaire Johnny Fontane, summa del modus operandi dei Corleone. Il cavallo Khartoum, fiore all'occhiello di Jack Waltz, non è lo stesso cavallo: nella scuderia ha una macchia bianca sulla fronte che poi scompare dalla testa insanguinata nel letto.

A proposito, avete notato l'Oscar sul comodino del produttore? Era il vero Oscar vinto due anni prima da Francis Ford Coppola per la sceneggiatura di "Patton, generale d'acciaio".

Com'è noto, Brando ottenne la parte di Don Vito riempiendosi le guance d'ovatta, ma durante le riprese gli fu applicata una protesi realizzata su misura da un dentista, che oggi troviamo esposta nel bellissimo American Museum of the Moving Image del Queen's (New York).

Le arance sono protagoniste silenziose, presagio di sventura: le compra Don Vito al mercato, compaiono a tavola durante la cena dal produttore o nella riunione delle Cinque Famiglie, ci gioca Don Vito col piccolo Anthony prima di salutare questa valle di lacrime.

Nella scena del funerale di Don Vito, qualcuno vede un riflesso del viso di Mamma Corleone sull'abito nero di Michael. E' così, ma non c'è nulla di mistico: è uno "scherzo" delle lenti adoperate per le riprese, a causa del passaggio improvviso dalla luce al nero della giacca.

My favorite moment #1: il modo sublime, senza sprecare una parola, in cui Coppola svela l'inettitudine di Fredo che - invece di intervenire per proteggere suo padre - si fa sfuggire la pistola tra le mani.

My favorite moment #2: l'omicidio del corrotto McCluskey e Al Pacino che barcolla per due passi, ancora inebetito, prima di gettare finalmente la pistola per terra.

Luca Brasi "dorme coi pesci", battuta mitologica. Doppiaggio interessante: in italiano Clemenza spiega che questa è una tradizione "all'uso calabrese", ma in originale si parlava di "a Sicilian message".

Come al solito, Coppola fece largo uso di amici e parenti fino a regalare l'esordio al cinema a un'inconsapevole Sofia Coppola, che a tre settimane di vita interpreta nella scena del battesimo il piccolo Michael Rizzi, figlio di Connie e Carlo Rizzi, nipote di Michael Corleone.

La Paramount sistemò l'intervallo dopo l'omicidio di McCluskey. Il secondo tempo ripartiva da questa sequenza montata da George Lucas, amico personale di Coppola, che l'aveva aiutato a produrre "American Graffiti". L'uomo che suona il piano è Carmine Coppola, padre del regista.

Nel ruolo di Fabrizio, uno dei due accompagnatori di Michael nel suo lungo soggiorno siciliano (scene girate nel paese di Sàvoca, Messina), un Angelo Infanti non ancora passato alla piccola mitologia del cinema italiano nel ruolo di Manuel Fantoni in "Borotalco" di Carlo Verdone.

Nella Parte II fu tagliata la scena dell'omicidio del traditore Fabrizio, che aveva sistemato la bomba che aveva fatto saltare in aria Apollonia. Michael non dimentica e, quando scopre che Fabrizio ha aperto una pizzeria a New York, lo rintraccia e lo ripaga con la stessa moneta.

Nel ruolo di Apollonia la romana Simonetta Stefanelli, futura prima moglie di Michele Placido e mamma di Violante Placido. All'epoca aveva appena 16 anni, eppure - altri tempi - la Paramount non si fece problemi a mostrarne le grazie.

"Leave the gun, take the cannoli": la miglior battuta improvvisata della storia del cinema? Astraendola dal contesto in cui è pronunciata, potrebbe persino essere uno slogan pacifista.

Al Pacino disertò la Notte degli Oscar 1973, contrariato per essere stato relegato tra gli "attori non protagonisti" pur con un minutaggio superiore rispetto a quello di Brando (40 minuti su 175'). Ad ogni modo, vinse lo splendido Joel Grey di "Cabaret".

Brando ne fece una delle sue: mandò a ritirare l'Oscar tale Sacheen Littlefeather (Marie Louise Cruz), attivista per i diritti civili dei nativi americani che sul palco protestò per il "discutibile trattamento riservato agli Indiani d’America nel cinema e nella televisione”.

Subito dopo, Clint Eastwood annunciò il miglior film con la seguente battuta: “Bisognerebbe tutelare anche tutti quei cowboy bianchi uccisi nei western di John Ford”. Dove oggi ci sarebbe il gelo, all'epoca ci furono risate: ancora una volta, altri tempi.

Pur avendo vinto il Golden Globe e il BAFTA, le musiche di Nino Rota non poterono gareggiare per l'Oscar perché risultarono già usate in "Fortunella" (1958), con Alberto Sordi e Giulietta Masina. Il Maestro si rifece due anni dopo con l'Oscar per le musiche della Parte II.

Gli ultimi sguardi: Al Neri chiude la porta e Diane Keaton rimane sola con i suoi orrendi sospetti, fuori da quel mondo da cui è esclusa per statuto. Finale teatrale, magnifico, gancio perfetto per la successiva Parte II, quando i cliffhanger non erano ancora stati inventati.

Dulcis in fundo, occhio ai titoli di coda: Marlon Brando è l'unico attore per il quale non c'è bisogno di specificare il personaggio.

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