Il 3 giugno 1991, due dei personaggi più famosi di tutta la storia della vulcanologia stavano per essere travolti da un improvviso flusso piroclastico che stava per essere generato nella zona sommitale del vulcano #Unzen, in Giappone: stiamo parlando dei #Krafft 🧵
Katia e Maurice Krafft erano due appassionati di vulcanologia che a partire dagli anni 70' hanno realizzato alcuni dei reportage più importanti e famosi di tutta la storia della vulcanologia, la base di molti dei documentari dell'epoca.
I coniugi Krafft erano infatti soliti fotografare e riprendere le eruzioni vulcaniche da molto vicino, tanto da mettere a rischio la propria vita per la loro passione e per il loro bisogno di documentare e sensibilizzare tutte le popolazioni che vivono ai piedi di vulcani attivi
Il coraggio con il quale portavano a termine i loro reportage era riconosciuto da tutta la comunità scientifica, tant'è che nel corso della loro vita hanno partecipato a diverse conferenze dell’UNESCO e della IAVCEI.
La loro breve ma preziosa carriera si è però interrotta tragicamente nel pomeriggio del 3 giugno 1991, giornata nella quale Katia e Maurice si trovavano ai piedi del Monte Unzen, un particolare vulcano che si trova in Giappone.
L'Unzen stava producendo da diversi giorni una modesta attività estrusiva - ovvero un'emissione di lava molto viscosa - che si stava costantemente accumulando nella zona sommitale dell'edificio vulcanico.
Questo tipo di accumuli, che in vulcanologia vengono chiamati cupole o duomi di lava, sono molto instabili e spesso franano generando una serie di improvvisi flussi piroclastici. È proprio quello che è accaduto intorno alle ore 16 del 3 giugno di 32 anni fa.
Mentre i coniugi Krafft e altre 41 persone si trovavano in un'area precedentemente evacuata ai piedi del vulcano, una parte di questa cupola di lava è franata improvvisamente generando un flusso piroclastico che in meno di un minuto ha percorso oltre quattro chilometri
Con quella velocità, il flusso piroclastico non ha lasciato scampo sia ai coniugi che agli altri geologi e giornalisti presenti lì con loro. I loro corpi vennero recuperati soltanto due giorni dopo dal personale militare locale.
Gli esami post-mortem delle vittime mostrarono che i vestiti e i capelli erano bruciati, le mucose e le gengive si erano decomposte a causa dell'intenso calore e le bocche erano piene di cenere e altre particelle vulcaniche... esattamente come gli abitanti di Pompei nel 79 d.C.
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