🧵 Sul @Corriere Liliana Segre spiega che a Gaza non ci sono i presupposti per la parola "genocidio" e che l'uso di quel termine ha implicazioni pericolose (in passato aveva parlato di "bestemmia").
Un editoriale sbagliato nelle sue premesse e nelle sue conclusioni.
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Intanto l'uso della parola genocidio per le azioni israeliane a Gaza deriva da quello che in questi mesi ci ha detto chi si occupa di queste cose.
L'Onu nei suoi rapporti ha parlato più volte di genocidio, così come hanno fatto le principali ong internazionali.
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Di genocidio e pulizia etnica a Gaza non hanno parlato solo organizzazioni internazionali e ong.
Ne ha parlato perfino Haaretz, uno dei principali giornali israeliani.
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Segre scrive che il termine genocidio a Gaza è sbagliato e pericoloso e che stupisce sia usato da chi è attento a linguaggio e memoria.
E invece è proprio qui il punto. Chi insiste sull'uso del termine genocidio lo fa per l'importanza delle parole nella memoria storica.
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Se i rapporti internazionali dicono che a Gaza è in corso un genocidio, è fondamentale usare quella parola.
Lo è per il presente, ma soprattutto per il futuro e per il modo in cui verrà studiato tutto questo. Segre dovrebbe saperlo meglio di tutti.
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forensic-architecture.org/investigation/…
Su una cosa Segre ha ragione. Abusare dei termini rischia di svuotarne il significato.
Questo non vale per la parola genocidio su Gaza, vista la letteratura che c'è al riguardo, ma per l'uso che si sta facendo di "pogrom", "Notte dei cristalli" ecc per fatti come Amsterdam.
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Come scrive Enzo Traverso in Gaza davanti alla storia, "combattere l'antisemitismo sarà sempre più difficile dopo averne sfigurato e distorto la natura sfacciatamente".
Oggi il problema non è l'abuso del termine genocidio a Gaza, ma la banalizzazione dell'antisemitismo.
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