Domani da Málaga scatta #LaVuelta18 senza un favorito assoluto, ma con una varietà di nomi che fa invidia ai gusti di una vaschetta di gelato di dimensioni extra-large. Abbiamo pensato di assaggiarli tutti nella nostra classica #Musette.
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In quinta fascia i corridori che si nascondono all'ombra di altri compagni, ma che in un piazzamento sotto sotto ci credono: Bilbao, Majka, Kwiatkowski e Bennett.
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Bonjour @Le_Museum,
In our daily podcast "Bonsoir Bidon" we followed the #TDFbiodiversité, asking our listeners to match animals and cyclists, according to your description of the animal's life.
Parte martedì 19 maggio il primo grande giro della stagione. Si tratta della HTV Cup, una sorta di Giro del Vietnam, che esiste da 32 anni e avrebbe questa come denominazione ufficiale:
Cuộc đua xe đạp toàn quốc tranh Cúp truyền hình Thành phố Hồ Chí Minh
La corsa ha lo scopo di celebrare l'unificazione del Paese, avvenuta il 30 aprile del 1975. Quest'anno, visto il rinvio della partenza a maggio, verrà invece festeggiato il 130° anniversario dalla nascita del presidente Ho Chi Minh (19 maggio 1890).
Si corre perché il Vietnam, con soli 288 casi accertati di COVID-19 (e nessun morto), è uno dei paesi che si ritiene abbia gestito la diffusione dell'epidemia in modo virtuoso. Operatori e membri dello staff saranno tenuti a indossare una mascherina, ma i corridori no.
111 anni fa, oggi, si correva la prima tappa del primo Giro d'Italia della storia. Da a Milano a Bologna, per la bellezza di 397 chilometri totali. Partiti alle 2:53 del mattino, i primi dei 127 partecipanti arrivarono intorno alle 17, dopo oltre quattordici ore di gara.
Vinse Dario Beni, romano di 20 anni, che si sarebbe ripetuto 17 giorni dopo proprio a Milano, sul traguardo dell'ultima tappa. Guadagnò 600 lire. Luigi Ganna, che avrebbe vinto quella 1a edizione, arrivò quarto, dopo essere caduto nel velodromo mentre si trovava davanti a tutti.
Né Beni né Ganna vestirono la maglia rosa, che sarebbe stata introdotta nel ‘31. Il primo a indossarla fu Learco Guerra. Da allora è diventata il simbolo di una competizione che ha superato i confini dello sport per diventare parte integrante della cultura e del costume italiani.
All'interno del suo celebre "Filastrocche in cielo e in terra", pubblicato per la prima volta nel 1960, Gianni Rodari - di cui ricorre quest'anno il centenario dalla nascita - incluse una filastrocca dedicata ai ciclisti che gli piacevano di più.
Si intitolava "Il gregario".
Filastrocca del gregario
corridore proletario,
che ai campioni di mestiere
deve far da cameriere,
e sul piatto, senza gloria,
serve loro la vittoria.
Al traguardo, quando arriva,
non ha applausi, non evviva.
Col salario che si piglia
fa campare la famiglia
e da vecchio poi si acquista
un negozio da ciclista
o un baretto, anche più spesso,
con la macchina per l'espresso.