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l'hanno già detto altr*, ma visto che mi manca il bar mi concedo un piccolo sbrocco pure io
(avviso, così potete pure silenziarmi)

dire che le case e le relazioni sono luoghi politici, che il personale è politico, significa illuminare qualcosa che ora, forse, emerge più chiaramente con la #Fase2

le nostre forme di vita, che scegliamo e costruiamo collettivamente, non si scontrano solo con la consuetudine, con la morale corrente, con un sistema economico, ma anche con il senso stesso della politica e del politico

insistere sulla cura, ad esempio, non è un gesto assistenziale e altruistico, che rimanda ad un'essenza femminile, ma è un modo di ripensare le relazioni, le priorità, gli spazi

quello che la fase2 non fa: non una parola sulla salute, intesa davvero come benessere, come azione che ognun* può compiere e che un sistema può favorire con ospedali e cure territoriali, ma anche con proproste di nuovi servizi (penso a luoghi all'aperto per bambin* e non solo)

invece tutto lo sguardo è puntato alla produzione e all'idea che i governati siano solo da governare, unendo quello che Foucault avrebbe chiamato un potere pastorale (lo facciamo per il vostro bene) e dispositivi di sicurezza repressiva su* singol*

sistemi repressivi che sostengono il capitalismo (confindustria, le attività aperte, i consumi) e una morale patriarcale (la famiglia naturale, i congiunti), che serve a dire che "stiamo facendo sacrifici", come se fosse il nostro agire morale che ferma il virus

e quando dicevamo che neoliberismo e neofondamentalismo vanno, anche, a braccetto dicevamo esattamente questo che ora emerge con questa forza

e il "nostro bene" di cui parla la fase2 si svela per quello che è: una imposizione di uno e un solo modello di vita considerata buona, accettabile, tutelabile. Una cura che si mostra per essere pura disciplina

e allora, forse, prendersi cura vuol dire riprendere in mano, per tornare a Foucault, "l'arte di non essere governati in questo modo e a questo prezzo"