10 anni fa, il #27aprile 2011, nella sala stampa dello stadio Santiago Bernabeu, José Mourinho da Setubal divise definitivamente il mondo in mourinhisti e guardiolisti. Lo fece con sole sei lettere e un punto interrogativo: ma come lo fece, merita un THREAD.
Nell'aprile 2011 Madrid e Barça devono incontrarsi per 4 volte nell'arco di 18 giorni: Liga, finale Coppa del Re e semifinale Champions. Il clima è teso fin dallo scontro in campionato, il meno importante (1-1): sintomatico questo gesto di Messi che infiamma subito il Bernabeu.
Dopo il 5-0 del novembre 2010 e il pareggio in campionato, il Real inverte il trend psicologico vincendo 1-0 ai supplementari la finale di Coppa a Valencia, festeggiandola come una Champions. Guardiola, del resto, non si lascia certo scivolare addosso la cosa.
Tre giorni dopo, nella conferenza dopo la partita di campionato con l'Osasuna (vinta 2-0), Pep commette un errore: una battutina ironica contro un gol annullato 3 giorni prima a Pedro per fuorigioco millimetrico, sì, ma pur sempre fuorigioco. Più altre stoccate al Madrid.
Guardiola è nervoso? Mai scendere sul terreno in cui sguazza Mou, che infatti il martedì dilaga nella conferenza stampa pre-Champions: chiama "Pep" per nome (per la prima volta) e lo colpisce dove fa più male, con insinuazioni sulla legittimità dei suoi successi al Barcellona.
Avvisato in tempo delle parole di Mou, poco dopo Guardiola apre la sua conferenza con una risposta da manuale, passata alla storia per la frase del "puto jefe": se la trovate perfetta siete guardiolisti osservanti, se la trovate ipocrita e gesuita siete mourinhiani apostolici.
Il primo tempo della semifinale d'andata è brutto e noioso. Mourinho punta espressamente ad avvelenare i pozzi, piazza Pepe mezzala sinistra e il famoso pullman nella sua metà campo. Guardate la frustrazione di Cristiano Ronaldo in pressing solitario su Piqué, Puyol e Xavi.
Lo 0-0 regge senza problemi ed emozioni fino all'intervallo, quando si accende un parapiglia per futili motivi all'imbocco del tunnel: il classico nuvolone che annuncia il temporale del secondo tempo.
Al 53' Sergio Ramos rimedia un giallo pesantissimo (era diffidato) ma indiscutibile, per questo fallo su Messi. Mourinho starebbe preparando dei cambi, forse vorrebbe far entrare Kakà, e ignora il piccolo segnale che i suoi si stanno sfaldando.
E sette minuti dopo Pepe dà fuoco alle polveri, con un fallo più da arancione che da rosso, che l'arbitro tedesco Stark punisce con l'espulsione anche perché suggestionato dalle doti attoriali di Dani Alves.
Sembra quasi che Mourinho non aspettasse altro: provoca platealmente arbitro e assistenti, si fa espellere, va a sedersi dietro un cancelletto, manca solo il gesto delle manette (un fotografo gliele chiede, lui rifiuta). Il Bernabeu è una santabarbara.
Ormai il Barcellona è padrone del campo. E a quel punto appare Messi, che segna lo 0-1 da predatore su assist di Afellay...
... e si mette in proprio nello 0-2, ruotando attorno a Busquets e producendosi in un assolo degno di Maradona 1986. La semifinale finisce qui, con oltre 90 minuti d'anticipo. A questo punto il calcio esce di scena, e inizia il teatro.
Quale occasione migliore per Mourinho per sminuire l'avversario e urlare al complotto? Lo fa nell'immediato post-partita, con una conferenza pesante e sinceramente sgradevole, che rappresenta il suo "salto dello squalo": la sua ultima finale di Champions rimane quella del 2010.
Un diluvio di accuse di quasi 10 minuti si chiude con questa profezia mascherata da augurio: "Spero che un giorno Pep possa vincerne una intera" oltre a quelle del 2009 e 2011. Perché in finale di Champions, in effetti, non c'è più tornato nemmeno Guardiola. Ci riuscirà stavolta?
(@PaoloCond , spero di aver scritto tutto giusto e di aver copiato bene!)
• • •
Missing some Tweet in this thread? You can try to
force a refresh
Che succede? Che si avvicina #Sanremo2024 e allora, come ogni anno, il consueto MEGA-THREAD sanremese con la top 30 delle mie canzoni preferite dei Festival di cui ho memoria (quindi, a spanne, dal 1989 a oggi).
30) "Cosa resterà (degli anni '80)" (Raf, 1989). "Anni ballando ballando/Reagan Gorbaciov", nove mesi prima della caduta del Muro. La giacca rossa di Raf a Sanremo 1989 è uno dei miei primi ricordi in assoluto, non solo in tv, insieme ai testi del Festival su Sorrisi & Canzoni.
29) "Lasciarsi un giorno a Roma" (Niccolò Fabi, 1998). "Il pavimento/del paradiso sei per me". L'energia del romano Niccolò Fabi, indie prima che il termine non esistesse ancora, vestito come uno studente di liceo invitato a un compleanno.
Stasera a Celtic Park l'Atletico Madrid indosserà una divisa speciale, maglia rossa e calzoncini blu, per celebrare Celtic-Atletico 0-0, semifinale d'andata di CoppaCampioni 1973-74: la dimostrazione che il calcio "di una volta" non era così bello come lo si dipinge oggi.
⬇️⬇️
A riassumere le scorrettezze di quella partita basterebbe il tabellino: tredici cartellini estratti dall'arbitro turco Babacan, dodici dei quali ai danni dell'Atletico. Ma le immagini televisive renderanno ancora meglio la brutalità di Celtic-Atletico 1974.
L'Atletico era allenato dall'argentino Juan Carlos Lorenzo, ex tecnico della Lazio (dove sarebbe tornato negli anni 80) e santone del calcio sudamericano: per esempio, era il ct dell'Argentina che ai Mondiali 1966 aveva scioccato l'Europa per lo stile di gioco "machiavellico".
6 anni dopo aver spedito in rete un pallone che gli era valso il Premio Puskas, Olivier #Giroud ha cambiato consonante e ha soffiato palla a Puscas. Viaggio nel pazzo mondo dei portieri casuali di Serie A, a cominciare dall'unica volta che era capitata al Milan... 100 anni fa!
⬇️
Accadde 100 anni fa, il 4 novembre 1923: un Milan-Pro Vercelli 1-3 in cui il portiere Midali fu espulso al 72' per "un atto di giustizia sommaria" secondo la Gazzetta. Le sostituzioni non esistevano: in porta andò il difensore Rinaldo Bronzini, che riuscì a non prendere gol.
Singolare quel che accadde in Milan-Bologna del 28 febbraio 1982, quando Rosario Lo Bello (non ancora famigerato presso i milanisti) espulse Piotti per una scaramuccia con Franco Colomba, ma con democristiana prontezza fischiò la fine della partita subito dopo.
"Nervi saldi, cervello fresco e grandi gambe". 25 anni fa, il #27luglio 1998, sul Col du Galibier, il tormento e l'estasi di Marco Pantani (anzi PAN-TA-NI, come scandiva immancabilmente Adriano De Zan): chi c'era, non potrà mai dimenticare.
Partito con un ritardo di 3'01" dalla maglia gialla Ullrich, a 47 km dal traguardo Pantani inizia a "sentire le voci", come ha scritto quella mattina Gianni Mura su Repubblica. Prende atto che Ullrich non lo segue, aspetta per un po' Leblanc ma poi molla anche lui al suo destino.
La Grenoble-Les Deux Alpes diventa presto un calvario per Ullrich, che ancora arranca sul Galibier quando Pantani ha già scollinato ed è in discesa - con un unico brivido quando pensiamo che sia caduto ancora, e invece sta solo indossando la mantellina offerta da Orlando Maini.
Un anno ai Giochi di Parigi che inizieranno il #26luglio 2024. E allora THREAD ispirazionale con i 30 momenti olimpici più belli della nostra vita (o perlomeno da Seul 1988 in poi). Bonus track: l'ultimo dei tre podi tricolore della storia, conquistato dalle fiorettiste a Londra.
30) Nell'inferno di Sant Sadurnì d'Anoia lo sprint di Fabio Casartelli sull'olandese Dekker e il lettone Ozols a Barcellona 1992, nell'ultima edizione olimpica in cui il ciclismo era ancora limitato ai dilettanti.
29) Atene 2004, l'unico oro femminile conquistato negli sport di squadra: il Setterosa di Pierluigi Formiconi, Melania Grego, Tania Di Mario, che risale dalla buca di un -2 nei supplementari contro le padrone di casa, com'era riuscito ai maschi dodici anni prima.
25 anni fa, il #30giugno 1998, andò in scena una delle più grandi partite della storia dei Mondiali e contemporaneamente uno dei momenti più tragici della storia del giornalismo sportivo, per giunta sulla BBC, ad opera di Brian Moore e Kevin Keegan. Ma andiamo con ordine.
La partita in questione è Argentina-Inghilterra, ottavi Francia 1998, stadio Geoffroy-Guichard di Saint Etienne. Una partita che vive di momenti di grande cult, come il celebre assolo del Wonder Boy Michael Owen che, nell'estasi del momento, a molti inglesi ricordò Maradona.
L'Argentina arpiona il pareggio a fine primo tempo con questo geniale schema su calcio piazzato dal limite: tutti si aspettano la parabola di Veron o la stangata di Batistuta, invece...