Dicono che una mela non cade mai lontana dall’albero.
Beh, nel mio caso non fu così: mi spostai più lontano possibile da quella pianta malsana.
Ma non bastò.
Qui sono io a 5 anni, e come vedete ho già uno sguardo triste, serio.
La mia era una famiglia mafiosa, cosa molto comune nel mio paese di Cinisi. D’altronde ero nato a cento passi dalla casa di Gaetano Badalamenti.
Forse sapete chi era, vi dico solo che condizionò non poco la mia vita.
E la mia morte.
Alla sua corte andavano nel 1970 funzionari del ministero dell'Interno, della prefettura e della questura di Milano, forse pure un magistrato.
Mafia, magistratura e politica, in parole povere il potere.
E a quel tempo era già confinato fuori dalla sua Sicilia, in Basilicata.
In questo clima io crebbi, e cominciai a lottare contro le ingiustizie che vedevo.
Mio padre mi buttò fuori casa perché ero la vergogna della famiglia.
A 17 anni io ed altri amici cominciammo a stampare il giornale “L’idea socialista”, in cui prendevamo di mira la mafia.
Da subito attirammo le attenzioni del sindaco del paese, un democristiano, cognato di Don Badalamenti: finimmo denunciati, interrogati e condannati ad un’ammenda per pubblicazione clandestina.
Per una una sola colpa: volevamo dare un futuro migliore ai giovani del nostro paese.
Fondammo un circolo per diffondere “Cultura e Musica”, appoggiamo le proteste per l’aeroporto di Punta Raisi, con l’esproprio di terreni a più di 200 famiglie, risarcite con cifre ridicole. Aeroporto che è considerato uno dei più pericolosi al mondo, costato già 350 vite.
Ma soprattutto fondammo Radio Aut, una voce libera che attaccava il potere mafioso che ci circondava.
Nel 1978 mi ero deciso a candidarmi alle elezioni, nelle liste di Democrazia Proletaria,ma non ci arrivai.
Fui trovato morto, dilaniato da una bomba sui binari del treno.
Era il 9 Maggio, lo stesso giorno in cui fu trovato morto Aldo Moro.
La mia morte passò in secondo piano: dissero che ero un terrorista morto mentre facevo un attentato. Qualcuno disse anche che era stato un suicidio.
Mia madre e i miei amici non si arresero mai.
Dopo innumerevoli insabbiamenti e depistaggi nel 1994 il caso fu riaperto, e nel marzo 2001 la corte d’assise di Palermo condannò Vito Palazzolo a 30 anni di carcere per il mio omicidio. Nel 2002 Gaetano Badalamenti fu condannato all’ergastolo come mandante.
Alla fine giustizia fu fatta, entrambi morirono in carcere.
Io invece morii a soli 30 anni, con i miei sogni, le mie speranze, la mia fiducia in un mondo migliore.

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Jun 26
Non è vero che sotto il fascismo non si votava più: il 24 marzo del 1929, al termine della legislatura, gli italiani andarono di nuovo alle urne.
La scheda era quella nella foto, la lista dei parlamentari era stata fatta dal Consiglio del PNF
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Si poteva solo dire se si era d’accordo o no.
Tutto molto bello vero?
Vinse il SI con il 98%.
Nel ‘34 idem, il SI vinse con il 99,85%.
Nel ‘39 le camere furono sciolte e il PNF nominò direttamente i parlamentari.
Palazzo Braschi Roma 1934
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L’esclusione dal voto delle donne, l’esclusione di chi non apparteneva a certe categorie o pagava almeno 100 Lire di tasse, la propaganda martellante e le intimidazioni ai seggi, oltre ai brogli, resero possibile questo successo elettorale.
Palazzo Tenta, Bagnoli Irpino 1929.
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Read 5 tweets
Jun 2
Salvini chiude il comizio a Milano con ‘Generale’ di De Gregori in omaggio a Vannacci.
La mia prima reazione è stata pensare che siamo veramente al livello da bambini dell’asilo.
Risultato?
Tutti i presidenti di Regione, Zaia per primo, incazzati.
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Alla domanda a Zaia se ha salutato Vannacci la risposta è stata: “Mia madre mi ha insegnato che per educazione bisogna salutare tutti”.
Inoltre come al solito Salvini dimostra di non capire nulla.
Lui vuole ripristinare il servizio di leva e la canzone dice il contrario.
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Infatti è un testo autobiografico in cui racconta della felicità nel tornare alla vita normale di un militare che ha passato le notti (crucche e assassine) a fare guardie inutili.
Non solo.
È un testo polemico anche contro le idee che piacciono a Meloni.
Infatti le parole…
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Read 4 tweets
Mar 25
In Tajkistan negli ultimi 30 anni molti cittadini hanno preso il passaporto russo, principalmente per motivi di lavoro essendo il paese retto da una dittatura che governa da 32 anni.
È fra i più poveri del mondo e lo stipendio dei pochi lavoratori si aggira sui 100$.
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Fino al 2102 i lavoratori tagiki all’estero erano circa 1 milione e mezzo su una popolazione di 7 milioni di abitanti, alcuni in Uzbekistan e persino in Corea, ma la stragrande maggioranza in Russia.
Fino al ‘92 il Tajikistan era invece una regione fiorente, sotto l’URSS.
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Da qui il desiderio di molti abitanti di ritornare sotto l’ombrello russo, anche perché i servizi sociali sono allo sbando, e anche in questi giorni in molte zone del paese l’elettricità è razionata.
Putin prima della guerra con Kuev visitava il paese 5-6 volte all’anno.
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Read 20 tweets
Mar 6
Era il 1948, migliaia di ebrei stavano arrivando a Tel Aviv, da tutto il mondo.
È l’anno in cui l’esercito israeliano ha cominciato ad occupare i villaggi della Palestina, dove famiglie arabe vivevano lì da 40 generazioni.
Il campo profughi di Jenin, aperto nel ‘53.
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Vecchi, donne e bambini vivevano in tende, inviate da Giordania, Iraq e altri paesi arabi.
Aspettando di tornare ai loro campi, alle loro case.
Dopo il Luglio ‘48 seppero che il mediatore svedese delle Nazioni Unite, il conte Folke Bernadotte sosteneva una tesi:
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“Sarebbe un'offesa ai principi elementari della giustizia se a queste innocenti vittime del conflitto fosse negato il diritto di tornare alle loro case, mentre gli immigrati ebrei continuano a entrare in Palestina…
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Read 10 tweets
Nov 23, 2023
Mia mamma aveva una zia di Rovigo: il fratello era il classico agricoltore ricco, padre padrone assoluto in casa. Nessuno poteva toccare il cibo a tavola finché lui non distribuiva le pietanze.
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Nell’andare a bordelli si è preso la sifilide, l’ha passata alla moglie, e due suoi figli hanno avuto problemi mentali. La zia di mia mamma passava mesi a casa nostra negli anni ‘60 perché non poteva sopportare il clima: botte, soprusi e un clima infernale.
2/n
Il modello di famiglia patriarcale era diffuso ai tempi in cui le occupazioni principali erano agricoltura e allevamento: famiglie numerose=braccia da lavoro, donne relegate in casa a sfornare figli. Poi è arrivata l’industrializzazione e con essa l’emancipazione femminile.
3/n
Read 7 tweets
Sep 14, 2023
Vi racconto un’esperienza vissuta in Bielorussia.
Mi chiamano per una consulenza in una grande fabbrica tessile vicino a Minsk: esporta in Russia, in Asia Centrale e nei paesi dell’Est.
Visito la fabbrica, faccio alcune domande e mi trovo davanti ad una situazione strana. ⬇️
Considerato il numero di macchine di tessitura presenti vedo che nel reparto di cucitura c’era un numero di macchine superiore di 4-5 volte al reale fabbisogno, l’80% erano ferme.
La fabbrica è in mano ad una cerchia di personaggi vicini al Presidente, classico schema russo.⬇️
Praticamente i ‘gestori’ di questo impianto avevano comperato inutilmente macchinari per 1 Mil di euro in più, facile immaginare il perché.
Nonostante ciò la fabbrica lavora ed esporta, principalmente perché lo stipendio base è attorno ai 300$, quello medio 500$.
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