Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso rilascia al Giornale l’ennesima intervista sulle misure del governo sui prezzi dei carburanti, che può essere sintetizzata da questo passaggio. Che però è un concentrato di falsità. Andiamo con ordine. 1/n
Innanzitutto non è vero che “il prezzo industriale” in Italia “è per la prima volta il più basso d’Europa”. Ecco i dati della Ue del 14 agosto, gli ultimi disponibili, con i prezzi di diesel e benzina al netto delle tasse: una decina di paesi europei hanno prezzi più bassi. 2/n
Ed è falsa anche la seconda affermazione di Urso: “Ciò significa che le nostre misure sono risultate pienamente efficaci”. Per capire perché basta fare un confronto tra i prezzi industriali dei carburanti prima e dopo l’introduzione del “Decreto Trasparenza” del 14 gennaio. 3/n
Ebbene, sempre considerando i dati della Commissione Ue sui prezzi dei al netto delle tasse, si può notare come al 9/01/23 l’Italia avesse un prezzo inferiore di 4cent al litro per il diesel e 9cent per la benzina rispetto alla media Ue. Mentre ora il divario si è ridotto. 4/n
Al 14/08/23 l’Italia ha un prezzo del diesel inferiore alla media Ue di 2cent al litro e della benzina di 5cent al litro. In pratica, dopo l’entrata in vigore del “decreto Trasparenza” e il “monitoraggio e controllo” del ministro Urso il “vantaggio” italiano si è dimezzato! 5/n
In sintesi: non è vero che il prezzo industriale dei carburanti in Italia è “il più basso d’Europa” e non è vero che le iniziative di Urso sono state “pienamente efficaci”. I dati dicono l’opposto. Fare politiche sbagliate è grave, giustificarle con menzogne è inaccettabile. N/n
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Come va l’economia in Argentina 🇦🇷? Sono usciti i dati del primo trimestre: il quadro è molto positivo, ma ci sono aspetti potenzialmente critici.
Partiamo dalla crescita. Nei primi tre mesi dell’anno il pil fa +5,8%: non si tratta di un semplice rimbalzo dopo la recessione, ma del livello di attività economica ormai prossimo a superare al record storico del paese.
Per giunta, i muovi dati mostrano una revisione del pil 2024, che mostra un calo di solo -1,3% (invece della stima preliminare -1,7%), che è addirittura migliore del -1,6% registrato nel 2023 dal governo precedente: l’aggiustamento fiscale enorme (5% del pil) di Milei non ha causato la recessione, ma la sua fine. Ricordiamo infatti che anche nel 2025 l’Argentina continua ad avere surplus di bilancio. 1/4
Consumi. Qualcuno forse ricorderà alcune analisi/polemiche dell’anno scorso. Si sosteneva che il successo di Milei sul fronte della riduzione dell’inflazione fosse la sola conseguenza della recessione e della contrazione della domanda: “Facile abbassare l’inflazione se la gente non ha più soldi per comprare nulla!”, si diceva.
Era un’analisi superficiale. Nel I trimestre 2025 la domanda è aumentata del 13% e il consumo privato dell’11,8%, superando il record storico dell’Argentina, e l’inflazione è continuata a scendere ai livelli più bassi dal 2017 (1,5% a maggio). Non a caso, anche la povertà è scesa attorno al 35%, ben al di sotto del livello ereditato dal governo Fernandez-Kirchner.
L’inflazione non scende per il crollo dei consumi, ma per l’aggiustamento fiscale: niente più deficit e, di conseguenza, niente più stampa di moneta da parte della Banca centrale per finanziarlo. 2/4
Dati più controversi arrivano dal mercato del lavoro. Rispetto al trimestre precedente, nel I trimestre 2025 è diminuita l’occupazione (-1,3%) ed aumentata la disoccupazione (+1,5%). Secondo gli esperti quasi tutta la variazione è dovuta alla stagionalità. In ogni caso, anche al netto di questo aspetto, si tratta più o meno degli stessi livelli del I trimestre 2024, il punto più basso della recessione. Ciò vuol dire che in un anno il pil è aumentato del 5,8% ma con lo stesso numero di occupati.
Da un lato vuol dire che sta aumentando la produttività, ed è positivo. Ma dall’altro può essere un segnale preoccupante se indica un modello economico in cui la crescita arriva da settori a bassa intensità di lavoro (energia, estrazione minerali, agricoltura) mentre a soffrire di più sono i settori ad alta intensità di manodopera (costruzioni, industria protetta e poco competitiva). 3/4
Nell’articolo sull’Argentina, dopo la segnalazione dell’errore, @ilpost ha parzialmente corretto il paragrafo sugli affitti. Ma anche la nuova versione continua a essere erronea e fuorviante.
La riforma di Milei non ha generato “storture”: ha eliminato quelle che c’erano. (1/n)
Per corroborare la parte sull’aumento degli affitti divenuti “insostenibili”, viene citato un vecchio pezzo malinterpretato della Cnn che cita Zonaprop (sito specializzato immobiliare).
Ma quel dato si riferisce alla quotazione del dollaro, che da giugno è molto cambiata. (2/n)
Ma a prescindere da quel parametro, del tutto fuorviante e cambiato notevolmente da allora, tutti i dati anche risalenti a giugno dicono inequivocabilmente che il prezzo degli affitti è crollato in termini reali del 30-40%.
Qui due grafici proprio con i dati di Zonaprop. (3/n)
La crisi in Venezuela ha svelato la bancarotta politica e morale di gran parte della sinistra ibero-americana rappresentata dal Gruppo di Puebla. Si tratta di un’organizzazione fondata nel 2019 dai principali leader ed ex capi di stato progressisti iberici e latino-americani. 1/N
Il Venezuela è uno dei problemi più gravi del Sud America per la repressione politica, la morte della democrazia, la crisi economica e l’esodo migratorio che impatta sulla regione. Il Grupo de Puebla, capitanato da Zapatero🇪🇸, ha partecipato come osservatore delle elezioni🇻🇪. 2/n
Dal principio l’approccio del Gruppo di Puebla è stato totalmente sbilanciato a favore del regime di Maduro. In tutti i comunicati, che formalmente invitano al “dialogo” e alla “pace” in Venezuela, c’è una falsa equivalenza tra l’opposizione perseguitata e il regime chavista. 3/n
Il professore, estimatore di Chávez ed esperto di Sud America, ha annunciato una denuncia nei miei confronti. Cos’è successo?
Aveva scritto che sul Venezuela “il governo Usa ha omesso di parlare di protesta o denunciare repressione”. 1/n
Ho fatto notare che si trattava di un’affermazione non corrispondente al vero, dato che gli Stati Uniti - prima con una dichiarazione della Casa Bianca e dopo del Segretario di Stato Blinken - avevano condannato chiaramente le violenze e la repressione del regime di Maduro. 2/n
Allora il Carotenuto ribadisce: l’ha detto El Pais!
E monta su questa bizzarra teoria: dopo “il salto in avanti di Blinken” del 2 agosto, “dal giorno 5 in avanti c’è un riposizionamento del Dipartimento di Stato” sul🇻🇪 (occhio alle date). E minaccia di portarmi in tribunale. 3/n
Dopo le polemiche dei giorni scorsi per la denuncia da 250/500 mila € nei confronti del Foglio (e del Riformista), il ministro Adolfo Urso scrive al Corriere per dire che la sua “iniziativa giudiziaria non è riferita al nomignolo Urss”.
È un’affermazione palesemente falsa. 1/n
Nell’atto con il quale il ministro Urso, assistito dall’avv. Gianluca Brancadoro, ci ha citati c’è scritto senza possibili fraintendimenti che un motivo della sua denuncia è:
“L’utilizzo di un nomignolo originale, ma dai connotati fortemente denigratori, quale Adolfo URSS”. 2/n
Sempre nella lettera ad Aldo Grasso sul Corriere, Urso scrive che la vera motivazione è una campagna - racchiusa in un mio articolo del 19 febbraio - “tesa a impedire che il ministero ottenesse il consenso in sede di governo per commissariare Accciaierie d’Italia (ex Ilva)”. 3/n
È difficile mettere in fila così tanti dati falsi e fuorvianti, uniti in un ragionamento contraddittorio.
La tesi di Tridico è che sotto il governo Meloni non c’è un “boom di occupati”, ma crescita occupazionale fittizia, improduttiva e precaria. Passiamo in rassegna i dati. 1/n
Innanzitutto il metodo. Visto che l’analisi è sul governo Meloni non ha senso fare (come fa Tridico) confronti con il 2007 (17 anni e 4 crisi fa!) o il 2019, ma bisogna vedere cos’è successo nel 2023:
Gli occupati sono 23,7 mln (record storico) e +456 mila rispetto al 2022. 2/n
1) “Le ore lavorate, pro-capite ma anche complessive, sono inferiori al 2019 (pre-Covid)”.
Grafico 1 (Bankitalia): il monte ore lavorate è in crescita e nettamente sopra il 2019.
Grafico 2 (Istat) la variazione del monte ore lavorate negli ultimi anni è sempre positiva. 3/n