🧵 Il #15maggio si ricorda la Nakba, cioè la cacciata nel 1948 di 700mila palestinesi dalle loro case per mano di Israele.
1. Nell’Ottocento la Palestina finì al centro dei programmi del movimento sionista, che voleva la creazione di uno Stato ebraico in Palestina.
2. Nel Novecento il flusso di ebrei verso la Palestina si ingrossò sull’onda delle persecuzioni in Europa.
La Gran Bretagna, che governava la Palestina dopo la sconfitta dell’Impero Ottomano nella Prima guerra mondiale, si mostrò favorevole alla creazione di uno Stato ebraico.
3. L’Onu nel 1947 presentò un piano di spartizione del territorio.
Il piano era coerente con le rivendicazioni sioniste e poco comprensivo di quelle della popolazione araba locale, a cui veniva lasciata un‘area minoritaria e senza che fosse stata coinvolta nei negoziati.
4. Le autorità palestinesi non accettarono il piano di ripartizione territoriale e Israele decise di prendersi i territori con la forza.
L’esercito israeliano assediò decine di villaggi arabi palestinesi. Chi si rifiutava di scappare veniva deportato a forza o fucilato.
5. Una volta svuotati, i villaggi palestinesi venivano distrutti e spianati per costruire nuovi insediamenti dalla toponomastica ebraica così da impedire rivendicazioni future da parte araba.
L’azione israeliana si estese ben oltre i territori assegnati dall’Onu.
6. Alla fine furono 700mila i palestinesi che dovettero lasciare le proprie case nella primavera del 1948.
La Nakba, “distruzione”, indica la cacciata del popolo palestinese dalle proprie terre e si ricorda il #15maggio, giorno successivo alla nascista dello Stato di Israele.
7. I profughi palestinesi espulsi durante la Nakba non sono mai ritornati nelle loro case, nonostante l’Onu nel 1948 ne avesse garantito il diritto al ritorno.