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"Finiremo tutti colpevoli per non aver capito che i mali grandi e irrimediabili dipendono dall’indulgenza verso i mali ancora piccoli e rimediabili” (V. Foa)

Apr 27, 2022, 18 tweets

Quella volta andarono su tutte le furie.
I fascisti intendo. E fui io a farli arrabbiare.
Avevano preso un ragazzo di 19 anni, Guido Radi, che stava sabotando le linee telegrafiche.
E lo avevano torturato, per avere i nomi dei compagni. Inutilmente.

Così lo avevano ucciso e dopo averlo trascinato per le strade avevano lasciato il corpo straziato davanti al sagrato del Duomo.
Dissero che nessuno doveva toccarlo.
Fuggirono tutti. Io no.
Trovai un carretto, composi la salma e lo portai al cimitero.
Chi sono? Mi chiamo Norma.

Sono nata alle 19:00 del 1 giugno del 1921, al Podere Zuccantine di Sopra, nel Comune di Monterotondo Marittimo.
Mio padre aveva iniziato a fare il muratore, poi dopo aver sposato mamma aveva aperto con lei una trattoria a Massa Marittima.
"Trattoria Roma" come il nome di mamma.

Da piccola ero molto vivace, una vera monella.
Crescendo ero diventata una brava sarta e insegnavo alle ragazze del borgo “taglio e cucito”.
Oltre a questo aiutavo alla trattoria.
Eravamo una bella famiglia, di sani principi.

Frequentavo la chiesa, e per alcuni mesi, nel 1941, anche l’Istituto Santa Regina di Siena.
Aiutavo bambini abbandonati e le ragazze madri.
Volevo diventare suora, ma mi ammalai.
Andai a casa per curarmi e non tornai più.
Perchè avevo conosciuto Mario, che sposai il 31/03/1942

Lo avevo conosciuto perché lui veniva a mangiare nella trattoria di mamma. Un vero colpo di fulmine.
Dopo l’8 settembre decidemmo di cambiare aria e il 29 dicembre nacque il mio piccolo Alberto Mario.
Fu in quel periodo che conobbi tre donne straordinarie. Antifasciste.

Maria Doni, l’ostetrica del paese, Uliana Marliani e Anita Salvadori.
E conobbi i primi partigiani della 3a Brigata Garibaldi.
Cominciai a stampare volantini sovversivi che nascondevo nella carrozzina di Albero Mario, lasciandoli nelle case dei vicini.

Quando mio marito dovette scappare il mio impegno aumentò. Perché?
Come perché?
Per lui, mio figlio.
Avrei fatto qualsiasi cosa per farlo vivere in un mondo diverso da quello che ci aveva fatto vivere il fascismo.
E feci di tutto.

I fascisti mi odiavano e volevano la mia morte.
La gente, che mi voleva bene, mi disse di scappare, di nascondermi.
“Nascondermi, fuggire? Hanno già costretto mio marito. Io ho il dovere di prendere il suo posto, qui in città, di fare quello che lui avrebbe fatto”

Avevo 23 anni. Voi che avreste fatto?
Non dite che sareste scappate.
Provate il fascismo per anni e poi ne riparliamo.
Sapevo di essere ormai nel mirino dei fascisti.
E il 23 giugno del 1944, con gli alleati alle porte, prima di darsela a gambe, si ricordarono di me.

Tre soldati delle SS e una ventina di fascisti prelevarono me e mia madre dalla trattoria.
Mi strapparono Alberto Mario dal seno.
Mi picchiarono, mi sputarono in faccia e poi misero me e mia madre contro un muro per fucilarci.

Fu una cannonata americana a salvarci.
La mamma fu creduta morta e lasciata lì.
Io venni trascinata via in un podere chiamato Coste Botrelli.
Quello che mi fecero lì lo scrisse il dott. Cheli.
Avevo ecchimosi su tutto il corpo, perché mi avevano picchiato coi calci dei moschetti

Quello che mi uccise fu un proiettile sparato da vicino, dall’alto verso il basso nel petto e una ferita di arma da taglio al cuore.
Scappati i fascisti alcune donne portarono il mio corpo davanti alla trattoria.
Persino le truppe alleate vennero al mio funerale.

Lo so che vi siete dimenticati di me.
Vi siete dimenticati di Norma Parenti, della ragazza che portava i pantaloni.
Che ha lottato senza rassegnarsi ed è morta per costruire un mondo migliore. Per tutti voi.
E per mio figlio Alberto, che sua madre non l’ha mai conosciuta.

Non importa. Però state attenti.
Il fascismo lo abbiamo sconfitto una volta, ma voi siete ben lontani dall’aver sconfitto il male che alimenta le sue radici profonde.
Che comincia sempre dalle piccole cose.
E quando queste accadranno vi chiederete, è lui?

Qualcuno proverà a convincervi che "no, non è lui, tranquilli, sono solo piccole cose".
Non credetegli. Reagite, anche alle piccole cose.
Perché se non lo farete, un giorno vi accorgerete di averlo ormai dentro quel male.
E tutto intorno.

Questa è una delle tante storie contenute in “Non esistono piccole donne”, prefazione di Gabriella Greison @GREISON_ANATOMY

“Storie di DONNE che hanno contribuito in qualche modo a rendere migliore il mondo”.

@peoplepubit

Un’emozione scrivere queste storie.
Un’emozione avere così tanti lettori.
Un’emozione sentir rivivere le storie di queste donne a teatro.
Grazie a Marcello Cerri.
E alla Compagnia teatrale amatoriale “La Società di Mutuo Soccorso”.

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