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"Finiremo tutti colpevoli per non aver capito che i mali grandi e irrimediabili dipendono dall’indulgenza verso i mali ancora piccoli e rimediabili” (V. Foa)

Aug 24, 2022, 25 tweets

Presso l’Archivio centrale di Stato, a Roma, ci sono cose interessanti.
Una di queste è la contabilità del Comitato centrale dei fasci.
Dentro c’è tutto. O meglio, quasi tutto.
Parlo dei finanziamenti al fascismo da parte di agrari, imprenditori, società commerciali e banche.

Non solo l’elenco dei finanziatori, ma anche i bilanci. Si può scoprire che tra ottobre del 1921 e lo stesso mese del 1922, entrò nelle casse del fascismo la somma di 2.789.000 lire.
La somma è certo parziale, mancando tutte le voci delle amministrazioni periferiche.
Comunque.

Il 61% di quella somma proveniva da società industriali e commerciali, il 33% dai privati (in buona parte agrari) e il 6% da istituti di credito e assicurazioni.
Il totale dei finanziatori circa 1.800.
Valore medio dei versamenti circa 1.500 lire.
Solo 9 superano le 10.000 lire.

Avete ragione, non una grande cifra.
Però dovete tener presente che stiamo parlando di una somma parziale e, cosa più importante, la politica non costava come oggi.
Nessuna spesa lussuosa.
La propaganda sicuramente meno costosa rispetto ad oggi.

Quei finanziamenti, soprattutto quelli del nord, aiutarono sicuramente Mussolini.
Felice Guarneri, esponente di spicco della Confindustria dell’epoca fascista, nel suo libro di memorie scrive: «La borghesia terriera e industriale della Valle Padana fu larga di aiuti al fascismo».

Però è giusto raccontarla tutta la storia.
Ebbene, nel periodo1920-1922, gli ambienti economici italiani finanziarono sì il fascismo, ma anche le organizzazioni non fasciste (che non si sa mai come va a finire).
Ma c’è una cosa che salta all’occhio.
Non per giustificarli, certo.

Iniziarono a finanziare il fascismo quando videro che anche gli ambienti politici democratico-liberali avevano deciso di appoggiare Mussolini.
Tante le persone importanti che presero, come diranno in seguito, un abbaglio.
Come il senatore liberale Luigi Albertini, per esempio.

Il Corriere della Sera da lui diretto (era diventato direttore a soli 29 anni) passò dalle 100.000 copie del 1900 alle 800.000 del 1925, quando fu costretto a lasciarlo per le violente pressioni di Mussolini e del regime.

Per comprendere la grandezza dell'uomo, è stato il direttore che ha creato il supplemento “La Domenica del Corriere” e “La Lettura”, pubblicata ancora oggi. Come detto fu costretto a lasciare il Corriere della Sera per la sua opposizione al fascismo.
Eppure.

Il 19 novembre del 1920 sul Corriere della Sera da lui diretto, definì “santa” la reazione antisocialista in corso.
Ma non fu il solo.
Ricordate Giovanni Amendola, grande antifascista, morto nel 1926 in conseguenza di aggressioni squadristiche?

Dopo che Albertini definì “santa” la reazione antisocialista, Amendola gli scrisse una lettera per confermargli di aderire col pensiero “alla riscossa antisocialista” con la speranza “di creare una situazione politica che consentisse la restaurazione dell’ordine”.

Due grandi uomini, che pagarono cara la loro opposizione al fascismo, ma che inizialmente “presero un abbaglio”.
Ma come è stato possibile?
Perché non si accorsero che si stava scivolando verso una dittatura?
E non furono i soli.
Salvemini e Croce con loro, per esempio.

E molti altri.
Lo stesso abbaglio che prese Luigi Einaudi, che in quei primi anni “lo spinsero a guardare con un interesse sempre maggiore al fascismo e a vederci un movimento in grado di applicare i principi liberali nei quali si riconosceva”.

So che vi state ponendo una domanda.
«Perché gli industriali finanziarono il fascismo e perché molta gente perbene prese quel maledetto abbaglio?»
Nella risposta troverete anche quanto sia pericoloso ignorare “i mali ancora piccoli”.
Che tanto piccoli allora non erano.

Ricordate che stiamo parlando del periodo 1920-1922. La risposta è che quella gente appoggiò il fascismo in quegli anni senza sapere cosa il fascismo sarebbe diventato.
Oggi si dice "fascismo" e subito si pensa alla soppressione delle libertà democratiche.

Si dice "fascismo" e subito il pensiero va all’alleanza coi Hitler e alla tragedia della Seconda Guerra mondiale.
Ma quella gente nel periodo 1920-1922 ignorava tutte queste cose.
Erano convinti che il fascismo, facilmente controllabile, sarebbe durato poco.

Ed essendo controllabile, con la possibilità di usarlo per indebolire il movimento socialista.
Questa era anche l’idea della Confindustria.
Utilizzare i fascisti, ma senza dar loro il potere, sicuri che prima o poi il fascismo si sarebbe spostato su posizioni più moderate.

Cosa che non avvenne.
Ma infatti nel 1922 anche gli industriali iniziarono ad essere diffidenti verso Mussolini.
E’ dimostrato proprio analizzando i finanziamenti.
In grande nel dicembre 1920, dopo le occupazioni delle fabbriche, in calo già dall’anno successivo.

Quando il movimento socialista era indebolito.
Si trova un riscontro nel settembre 1921, quando Giovanni Marinelli, segretario amministrativo dei fasci, si lamentò che i finanziamenti avevano subito un pauroso rallentamento.

Detto tutto ciò, una considerazione.
Presero un abbaglio, è vero, ma almeno i segnali?
Perché i fascisti si erano già visti all’opera.
E non parlo tanto dell’assalto all’Avanti del 15 aprile 1919, dove Mussolini fu solo spettatore interessato e compiaciuto.

Giusto ricordare che non furono solo i fascisti a cantare vittoria in quell’occasione, ma la cantarono anche gli esponenti della ricchezza lombarda, che “si sentivano rinascere nel vedere per la prima volta i rossi costretti ad abbassare la testa e ad ammettere la sconfitta”.

I segnali c’erano tutti.
Agli imprenditori che rifiutavano ogni trattativa per il rinnovo dei contratti di lavoro, gli operai avevano risposto occupando le fabbriche.
Come ulteriore risposta i fascisti usarono lo squadrismo.
726 assalti nei soli primi 3 mesi del 1921.

Il fascista Francesco Giunta ricordava con piacere le “sante legnate” che distribuiva a Trieste a slavi e rossi. Lui il responsabile dell’assalto armato del 27 agosto del 1920 ai cantieri di Monfalcone.
Segnali che andrebbero raccontati tutti.

Segnali che lo squadrismo fascista rese sempre più chiari ed evidenti.
Come l’eccidio di Palazzo d’Accursio a Bologna, il 21 novembre 1920, durante la Cerimonia per l'insediamento della giunta socialista vincitrice delle elezioni.
Ci furono 11 morti e 58 feriti.
Segnali.

Milano, 23 marzo 1919.
«Ciao Carlo, hai visto? C’è movimento in piazza San Sepolcro».
“Sì Mario, si fanno chiamare fasci di combattimento.
A occhio saranno circa 400”.
«Andiamo al bar a bere qualcosa dai, quelli sono quattro gatti. Fasci di combattimento, da morir dal ridere».

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