Quando sento qualcuno parlare di vincoli quando le strade si sbriciolano e i ponti crollano mi chiedo dove abbia vissuto. Non sono mai stati i soldi il problema di questo Paese, ma come li abbiamo spesi.
E la conclusione è una sola. I soldi li abbiamo letteralmente buttati.
Se qualcuno di loro vuole leggere come si sono sprecati i soldi, gli posso inviare i 10 volumi in Pdf della commissione d’inchiesta sull'Irpinia inviata al parlamento il 5 febbraio 1991.
La commissione aveva il compito di verificare l’ammontare dei finanziamenti per la ricostruzione delle zone colpite dal sisma del 1980. Di più.
Doveva controllare lo stato di avanzamento dei lavori, le modalità, l’impatto ambientale e territoriale.
Scoprireste cosa si diceva dell’impatto ambientale: “la scelta dei tracciati dove ricostruire case, industrie e strade è avvenuta indipendentemente dalle condizioni geomorfologiche, geologiche e geotecniche dei terreni"
Niente di cui meravigliarsi poiché i progettisti erano gli stessi amministratori di quei comuni. "Disegnavano una strada in quanto progettisti, poi indossavano i panni dell’amministratore e l’approvavano. Infine diventavano collaudatori e certificavano. E così via.
Voi dite che basta avere i soldi. Allora i soldi c’erano. E molti. Per esempio i 24 miliardi di lire al chilometro della Fondo Valle Sele, oppure lo stadio comunale di San Gregorio Magno, un paesino di 3000 abitanti, costato più dello Stadio San Paolo di Napoli.
Come a Balvano nella nuova area industriale dove dovevano lavorare 1495 persone. Fra strade, superstrade, svincoli californiani, depuratori e finanziamenti a fondo perduto, ci sono costati 438 miliardi di lire.
Quante assunzioni dopo 20 anni? 125.
Tre miliardi e mezzo di lire a persona, la spesa più alta al mondo per un insediamento produttivo. O come la multinazionale italo-venezuelana Interfito, inserita nei finanziamenti senza il consenso della commissione regionale e del comitato
Doveva produrre fito-farmaci, ed è naufragata tra documenti falsi e risate amarissime. Come quando in commissione chiesero ad un ingegnere dell'azienda di quanta acqua avessero bisogno e lui, tirando fuori la calcolatrice e senza batter ciglio, disse...
"20 milioni di metri cubi di acqua al mese". Diciamo più o meno il consumo di 2 milioni di persone". Ma porc...... lì scorre solo il Platano, un fiumiciattolo... E le merendine? Un giorno Scalfaro convocò in commissione il sindaco Dc di Balvano e gli chiese...
perchè, dopo aver localizzato l'area industriale a 300 metri sul livello del mare, la stessa fosse stata sdoppiata. Metà fabbrica nella piana e metà a 1000 metri di altezza (una scelta costosissima). Questo aveva comportato non solo lo sbancamento di una montagna, ma
il raddoppio delle infrastrutture, la costruzione di una grande strada per sostituire una mulattiera che non consentiva il passaggio dei camion. E poi rotatorie e cavalcavia. Risposta: "Ce l'hanno chiesto quelli della Ferrero. Perchè in alto le merendine lievitano meglio"
Naturalmente, come accade in questi casi, quella lussuosa strada che saliva fino a mille metri era franata perché costruita su un terreno infido. Così ne costruirono una più bella. E affidarono la costruzione chi aveva più faldoni nelle procure che dipendenti.
Il costo di quella strada? 91 miliardi di lire. Per 6 km.
Per la serie, il problema di questo Paese non sono i politici, il sindaco dc delle merendine ogni volta venne rieletto. Persino quando divenne ineleggibile per una vecchia condanna, i suoi cittadini continuarono a votarlo.
La Commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Oscar Luigi Scalfaro concluderà che i 58.600 rotti miliardi di spese già effettuate (su 70.000 stanziati) sono «finiti nel nulla» o sperperati, ivi inclusa quella parte proveniente dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale.
E ora potete continuare a raccontare la favoletta di quando c’era la lira, di quando non avevamo vincoli e di quando si stava meglio.
“Per caso non è che volete leggere la relazione Scalfaro? Ok ok come non detto”.
• • •
Missing some Tweet in this thread? You can try to
force a refresh
E' il 7 luglio 1929.
A Roma, allo Stadio Nazionale del PNF, si assegna il campionato di calcio, ultimo campionato a gironi.
Se lo contendono il Bologna e il Torino. 3-1 all’andata per il Bologna, 1-0 per il Torino al ritorno.
Niente differenza reti all’epoca.
E’ spareggio.
Sinceramente a me interessava poco quella partita.
Non fosse altro per i miei 10 anni.
Con i miei amichetti avevo deciso di andare all’Adda a fare il bagno.
Noi ragazzi poveri di Cassano d’Adda ci divertivamo così, malgrado fossimo a conoscenza della pericolosità del fiume.
Con noi portavamo sempre il “Ciapìn”, ferro di cavallo, un ragazzino di sei anni chiamato così perché portava fortuna.
Avevamo tutti un nomignolo.
Io ero il “Tulèn”, perché prendevo a calci tutto quel che trovavo per strada, pallone di stracci o barattoli di latta.
“Morire sì, tocca a tutti prima o poi.
Ma morire così: schernito, umiliato, con il marchio di criminale e vecchio libidinoso.
Mi avessero detto prima di nascere che sarebbe finita così, avrei senz’altro declinato l’invito: no grazie, avanti un altro. Io aspetto tempi migliori…”
Oggi è il 2 giugno del 1942.
E sono 77.
I giorni passati in cella dopo la condanna, intendo.
E Irene?
Non ho sue notizie dal giorno della sentenza.
Ho saputo che è rinchiusa in un carcere femminile di massima sicurezza, insieme a ladre, assassine, prostitute e comuni criminali.
Chissà se è vero che la testa continua a vivere per qualche tempo, dopo che è stata tagliata dal corpo.
Perché sto per essere ghigliottinato?
Cosa ho fatto per meritarmi tutto questo?
Niente.
Ma è una lunga storia.
Iniziata nel 1932.
Sono arrabbiata, è vero.
Ma non per il pari merito che hanno decretato i giudici. Quella è solo un’ingiustizia.
E’ già successo nella gara precedente, quando i giudici mi hanno fatto perdere alla trave l’ennesima medaglia d’oro.
Troppe le pressioni per favorire le sovietiche.
Sono arrabbiata per ben altro.
Qualcosa di molto più profondo e importante, che tocca profondamente il mio cuore.
Mio e di tutto il mio popolo.
Non ce l’ho con lei, la sovietica Larisa Petrik che è con me sul gradino più alto del podio.
Sarà un piccolo gesto, ma lo devo fare.
Mi chiamo Vera e sono nata a Praga durante la guerra, esattamente il 3 Maggio 1942.
Avevo 14 anni quando mi appassionai alla ginnastica artistica.
A 16 anni avevo già vinto il mio primo argento ai mondiali.
E da quel giorno non mi fermai più, medaglia dopo medaglia.
Tempo fa vi ho raccontato alcuni aspetti della vita nell’antichità.
Dalla scuola alla legge, dalla medicina ai costumi. Questa sera parleremo, sempre riferito all’antichità, di uno dei piaceri della vita, partendo da una scoperta incredibile avvenuta nel 1974.
Le cause sono sconosciute, ma circa 15 secoli fa, incredibile a dirsi, a Roma si ostruì un condotto di scarico.
Non solo.
Successive alluvioni lo riempirono di fango.
Tranquilli, non stiamo parlando di un condotto qualsiasi, ma del collettore di scarico ovest sotto il Colosseo.
Quando nel 1974 la Soprintendenza alle Antichità di Roma incaricò alcuni scienziati di disostruire quel collettore, quello che trovarono in quel condotto fu qualcosa di assolutamente sorprendente
Una scoperta incredibile che oggi ci consente di conoscere meglio gli antichi romani
“Il fascismo sta cercando di rialzare la testa.
Posso dirlo con cognizione di causa perché noi il fascismo l’abbiamo visto in faccia.
Lo abbiamo conosciuto bene.
E lo abbiamo sconfitto.
Ma vi dirò di più
La Resistenza di noi donne non fu marginale.
Eravamo crocerossine certo, staffette, assistenti, ma abbiamo subito arresti, torture, violenze, deportazioni e fucilazioni
35.000 le donne partigiane.
4.653 quelle arrestate e torturate.
2.750 deportate.
2.900 uccise.
E c’ero anch'io
A 17 anni ero già una ribelle.
Volevo fare la rivoluzione.
Per caso, nell'ottobre del '43, incontrai un gruppo di partigiani.
Tra loro c'era Max Emiliani, mio grande amore.
“Max è stato fucilato a Bologna. Era il mio fidanzato. I miei non erano d'accordo”.
Non potevo certo restare senza far niente.
Sono entrata alla Marian Hall, casa per anziani in Pennsylvania, nel dicembre del 1983.
Esattamente due anni fa.
Ed ho subito pensato a come rendermi utile.
I miei quasi settant’anni non erano certo un impedimento o un freno.
Anzi.
E così, tramite le mie conoscenze, mi ero procurata un personal computer, un Apple IIe.
Era uscito nel gennaio dello stesso anno, terzo modello della serie Apple II.
La “e” stava per enhanced (migliorato).
Includeva alcune funzionalità che gli utenti di Apple II avevano avuto solo come opzioni a pagamento.
Un numero impressionante di slot di espansione, una visualizzazione di 80 colonne di testo, 64 KB di RAM (espandibile fino a 128 KB) e, per la prima volta, le lettere minuscole.