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Mar 21, 2019 16 tweets 6 min read Read on X
Mia madre era bellissima. Ero nato quando lei aveva all'incirca 18 anni, almeno così mi hanno detto.
Era tanto bella che persino Renoir l'aveva usata come modella.
Non lo dico perché era mia madre, ma lei era una bravissima pittrice.
Modella per Edgar Degas, Henri de Toulouse-Lautrec, Pierre-Auguste Renoir e Pierre Puvis de Chavannes, proprio posando per loro era riuscita ad apprendere le loro tecniche.
Ero venuto al mondo il 26 dicembre 1883 a Parigi col nome di Maurice. So che mio padre era un pittore catalano, Miquel Utrillo. Almeno così disse mia madre.
Qualcuno però racconta che, dopo la mia nascita. lei vagò di studio in studio alla ricerca del presunto padre.
Renoir rispose: “Non può essere mio, ha un colore orribile!”
Anche Degas non fu gentile: “Non può essere mio, ha una forma terribile!”.
Fu allora che il pittore catalano Miquel Utrillo le disse" felice di dare il mio nome ad uno dei lavori di Renoir"
So che oggi mi chiamate "il pittore di Montmartre". Già. E come volevate chiamarmi visto che proprio a Montmartre sono nato?
Ricordo che i bambini del quartiere mi chiamavano "Litrillo".
Ma, vi garantisco, non era colpa mia.
La colpa era di mia nonna. Vivevo con lei e ogni volta che avevo una crisi epilettica (ne soffrivo parecchio) lei non trovava di meglio che darmi un bicchiere di vino.
Il fatto è che queste crisi erano pure frequenti, E la cosa non mi aiutò molto.
Perché nel frattempo mia madre era troppo presa a soddisfare i suoi clienti per prendersi cura di me. E così passai la mia adolescenza girando tra gli ospedali per curare le mie crisi, la mia pazzia e la mia dipendenza dall'alcool.
Fu però mia madre, su consiglio dei medici, ad incoraggiarmi a dipingere, impartendomi i primi rudimenti del disegno e della pittura.
E posso dire che la cura ebbe i suoi effetti positivi.
Passavo intere giornate a dipingere le strade di Montmartre.
Le mie opere si caratterizzano per le tonalità chiare e gessose, per le vie quasi sempre deserte e per la vena malinconica.
Almeno così dicono i critici.
Dicono che i miei quadri hanno una vena malinconica. Forse per le mie strade sempre deserte (rare a Parigi).
Vorrei vedere loro con un'infanzia come la mia.
Sempre solo e con una nonna che ti riempie grossi bicchieri di vino rosso.
I miei quadri li firmavo sempre "Maurice Utrillo V". V come Valadon la mia amatissima madre.
Il successo arrivò tardi. Come l'amore. A 52 anni sposai Lucie Valore, una vedova più grande di me. Non credo mi amasse veramente perché in breve tempo mi derubò di tutti i miei averi.
Vecchio, pazzo e malato, dipingevo paesaggi visti dalla finestra o da cartoline non essendo più in grado di lavorare all'aria aperta.
Sempre rintanato nella camera che vedete in foto.
Oggi qualcuno ci chiama il "maledetto trio di artisti di rue Cortot a Montmartre" .
Presumo si riferiscano a me (Maurice Utrillo), a mia madre (Suzanne Valadon) e a lui, quello al centro della foto, André Utter.
Mia madre lasciò il marito proprio per lui, il bel André, un pittore di 23 anni, che alla fine sposò pure.
Quell'unione durò quasi 30 anni immortalata in una tela di mia madre, Adamo ed Eva, nella quale André è Adamo mentre mia madre, Suzanne, è Eva.
Malgrado i mille problemi sono però vissuto fino a settantadue anni.
Sono infatti morto il 5 novembre del 1955.
Naturalmente solo, come quando era venuto al mondo.
Se volete farmi visita sono Maurice Utrillo, sepolto nel Cimitero di Saint-Vincent, a Parigi.
Se passate dalla mia tomba mi raccomando, fate esattamente quello che fanno ormai tutti. Sostituite l'acqua dei fiori con un bicchiere di vino.

E' vero, ero malato, pazzo e alcolizzato, ma per voi rimarrò sempre Maurice Utrillo, il figlio di Montmartre.

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Jul 5
Sinceramente non lo so.
Cosa mi sia passato per la testa il giorno che ho acquistato questa grossa motocicletta.
Per la precisione è una moto Guzzi 500.
Deve avere il carburatore intasato, perché non c’è verso di farla partire.
Ultimamente faccio sempre fatica ad avviarla.
Come può fare fatica una signora di 68 anni.
Di solito mi faccio aiutare da giovani di passaggio, ma in questa domenica di settembre del 1959 qui a Milano di giovanotti nemmeno l’ombra.
Se voglio tornare a casa devo arrangiarmi da sola.
Riprovo.
Niente da fare, non parte.
Intanto mi presento.
Mi chiamo Alfonsa Morini, nata a Castelfranco Emilia il 16 marzo 1891.
Seconda di 9 figli di una famiglia di analfabeti. Eravamo poveri.
Il tifo, tubercolosi e pellagra mietevano vittime ogni giorno, ma papà e mamma si prendevano cura di bambini abbandonati.
Read 25 tweets
Jul 3
Furono milioni gli emigranti italiani che si imbarcarono su navi e piroscafi obsoleti e fatiscenti in rotta verso le Americhe.
Erano chiamati “vascelli della morte” perché avevano più di 20 anni di navigazione.
Partivano stipati, senza nessuna certezza di arrivare a destinazione Image
Molti emigranti non avevano mai visto una nave.
Paura, ansia, angoscia, batticuore, seguiti da tanta malinconia erano i sentimenti che provavano mentre salivano su quelle navi.
Ma niente li poteva fermare.
Anche se erano a conoscenza del rischio altissimo di non arrivare vivi Image
#MdT 1884 - Come sul "Matteo Brazzo".
Ci furono venti morti di colera su 1.333 passeggeri.
La nave fu respinta dal Brasile e poi respinta a cannonate a Montevideo per il timore di contagio. Image
Read 13 tweets
Jul 2
Sì, sono arrabbiata.
E chi non lo sarebbe.
Potevate dirmelo, forse la mia vita sarebbe cambiata, chissà.
Non poteva certo mancare lo zampino di voi maschietti.
Organizzazione zero.
Perché arrabbiata?
Perché la mia è una storia davvero incredibile.
Mi chiamo Margaret Abbott e sono nata il 15 giugno 1878 a Calcutta, in India.
Dopo la morte di mio padre, con mia madre e i miei fratelli ci trasferimmo prima a Boston e poi nell'Illinois.
Fu al Chicago Golf Club che imparai a tirare quelle palline da golf. Image
Che teneri voi maschietti.
Nel 1900 avete cominciato a pensare che (forse) anche noi donne potevamo fare qualche attività agonistica.
E ci avete concesso di giocare a sport che non richiedevano allora un gran dispendio di forze e di energie.
Tennis, croquet e appunto il golf .
Read 12 tweets
Jun 29
Piero Calamandrei.
INTERVENTO ALL’ASSEMBLEA COSTITUENTE
4 marzo 1947, seduta pomeridiana.
Intervento sulla disposizione transitoria XII
“È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.” Image
“C'è nelle disposizioni transitorie, del progetto, un articolo che proibisce «la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del partito fascista».
Non so perché questa disposizione sia stata messa fra le transitorie: evidentemente può essere transitorio il nome «fascismo»,
ma voi capite che non si troveranno certamente partiti che siano così ingenui da adottare di nuovo pubblicamente il nome fascista per farsi sciogliere dalla polizia.
Se questa disposizione deve avere un significato, essa deve esser collocata non tra le disposizioni transitorie,
Read 11 tweets
Jun 27
Grazie a te Johannes ho potuto ascoltare Joan Baez cantare quella canzone al Festival di Woodstock, nel 1969.
Un testo scritto nel 1925 dal giovane poeta americano Alfred Hayes.
Qualche anno dopo, Earl Robinson, adattò quel testo a una musica composta da lui. Image
“Stanotte ho sognato che ho visto Joe Hill /
Vivo come te e come me /
Dico: «Ma Joe, tu sei morto da dieci anni» /
«Non sono mai morto» fa lui /
«Non sono mai morto» fa lui ”.

In questo modo smise di essere una poesia per diventare una stupenda poesia in musica. Image
Per questo Joan Baez ama cantare questa canzone.
Molti ignorano che Joe Hill non è una persona inventata, non è il prodotto di una fantasia, ma un uomo in carne e ossa, realmente vissuto.
Come lo so?
Lo so perché sono io.
Come dite?
Read 25 tweets
Jun 25
So la fatica che hai fatto, Johannes.
Poche informazioni, niente biografia, niente ritratto, la mia figura dimenticata, scomparsa nel nulla.
E quella data poi.
La mente va sempre alla rivoluzione industriale, o alle prime leghe emiliane.
Ma tutto ebbe inizio molto tempo prima.
«Lo so.
Qualche secolo prima.
Torniamo al 1333, un anno importante per Firenze.
Con i suoi centomila abitanti festeggiava il compimento di un’opera straordinaria come la cerchia muraria.
Mancava ancora il campanile al nuovo duomo, ma la sua costruzione stava per iniziare». Image
Dante era morto e Giotto era su con gli anni, ma non erano gli artisti i protagonisti della vita pubblica di Firenze.
Erano altri.
Il loro motto?
“In nome di Dio e di guadagno”.
Li chiamavano “gli uomini dai piedi polverosi”, perché erano sempre in giro per il mondo: i mercanti. Image
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