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Aug 22, 2019 10 tweets 2 min read Read on X
I 5 punti proposti da Zingaretti a Casaleggio descrivono bene il vuoto programmatico e di idee dell'ennesima "alleanza contro", l'ultimo di quella lunga serie di "mali minori" che ci ha portato fin qui.

1/9
Ci si allea con un partito autoritario che vuole eliminare la democrazia rappresentativa, non per realizzare qualcosa in particolare ma solo per tenere lontano dai palazzi un altro partito autoritario che vuole eliminare la democrazia rappresentativa.

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Si spera di disinnescare le pulsioni autoritarie del nuovo alleato chiedendogli "pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa, a partire dalla centralità del parlamento".

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Il fatto che tale riconoscimento sia tutt'altro che scontato dà una volta di più la misura dell'abisso su cui siamo affacciati.

4/9
Si chiede poi una "svolta delle ricette economiche e sociali in chiave redistributiva, che apra una stagione di investimenti", ben sapendo che in cassa non c'è un euro per finanziare tali fantasie.

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A meno di non cancellare le prebende elettorali approvate dai 5 stelle oppure di seguire le stesse identiche ricette di Salvini: chiedere tutte le risorse a prestito, scaricare i costi sulle generazioni future, dilapidare risorse in cambio di un consenso effimero...

6/9
... avviare il debito su di una traiettoria esplosiva fino alla crisi finanziaria e all'incidente che metta a rischio quella stessa "appartenenza leale all'Unione Europea" vagheggiata da Zingaretti al primo punto.

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Altrimenti spieghi Zingaretti (o chi per lui) come intende finanziare redistribuzione, investimenti, sviluppo e al tempo stesso sanare la voragine lasciata dai gialloverdi senza imporre nuove tasse.

8/9
È giusto lavorare perché Salvini non metta mai più piede nei palazzi del potere, ma l'unico modo per assicurarsi questo risultato è costruire una offerta politica alternativa alla sua, che convinca più della sua. Per ora non si vede niente di tutto ciò, purtroppo.

9/9
Post scriptum: il thread si trova srotolato qui facebook.com/fabio.sabatini
Grazie per la pazienza.

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Apr 23
🧵 ll dazio verso la Cina “Non sarà zero, ma scenderà di molto”.
Dollaro in caduta libera, capitali in fuga dagli Stati Uniti, rendimenti dei titoli di Stato in aumento costante, attese di inflazione e disoccupazione in rialzo, indici di incertezza economica e politica alle stelle, fiducia dei consumatori sottoterra.
Filiere interrotte, nessun miglioramento del gettito fiscale, ex alleati che si riarmano, ex partner commerciali che si mettono d’accordo tra loro, previsioni di crescita riviste al ribasso - non solo per gli Stati Uniti ma per il mondo intero.
Dopo settimane passate a implorare la Cina senza ricevere neppure una risposta, Trump annuncia l’ennesimo dietrofront sui dazi. Come previsto.
Cosa ha ottenuto fin qui? Assolutamente nulla, come previsto.
Nel frattempo, ha distrutto l’economia americana un po’ di più e inferto danni seri, ma non irreversibili, all’economia globale.
The art of the deal.

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E ora? Probabilmente la pantomima riprenderà tra pochi giorni, aggravando ulteriormente i danni per l’economia.
Magari dopo la visita a Roma nel weekend, i dazi saliranno di nuovo, finché lo spread con i titoli europei non toccherà nuove vette spaventando i consiglieri del presidente abbastanza da stimolare una nuova marcia indietro.
Ma non basterà togliere i dazi a giorni alterni per riparare le filiere, ricostruire la fiducia e far ripartire attività economiche ormai paralizzate dall’incertezza.
Di tanto in tanto annuncerà un accordo da dare in pasto ai gonzi. Dirà di aver ottenuto un’area di libero scambio con l’Australia, con cui il libero scambio esiste già.
The art of the deal.
Intensificherà gli attacchi alla Fed, alla disperata ricerca di capri espiatori.
Aumenterà il tasso di cattiveria sia in politica estera (cominciando dalla svendita dell’Ucraina) sia interna (deportazioni, repressione del dissenso, prime espulsioni di cittadini americani sgraditi).

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Purtroppo, i fallimenti economici non rendono Trump meno pericoloso. Negli Stati Uniti è sempre in corso un colpo di Stato e, dopo aver rivelato tutta la sua fragilità, la democrazia americana continua a scivolare verso l’autoritarismo competitivo.
Ma i Maga nostrani devono capire che Trump è un omino piccolo piccolo, che si comporta come un gangster principiante, più deriso che temuto dagli altri gangster del mondo. Che usa il potere immenso degli Stati Uniti in modo distruttivo e autodistruttivo – dove con autodistruzione si intende quella dell’America, mentre gli affari propri e dell’oligarchia che lo spalleggia evidentemente sono ben curati.
Che ogni tentativo di imitazione in un paese strutturalmente debole come il nostro è destinato a finire malissimo.
Che l’autoritarismo di Trump è foriero di una debolezza strutturale in grado di piegare la più forte delle economie e compromettere il benessere di tutti, a cominciare da chi l’autoritarismo lo sostiene, come la classe media.
Mentre l'Europa è più forte e stabile di quanto sembri, baluardo della democrazia liberale e uno dei pochi rifugi sicuri rimasti di questi tempi. Se non facessimo parte dell’unione monetaria, oggi saremmo in balia degli eventi, importando inflazione e incertezza a fiumi, e saremmo destinati a una posizione di vassallaggio permanente.

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Apr 18
🧵Questo grafico - tratto da uno short memo di @ProfJiang (Northwestern), @HannoLustig (Stanford) e coautori – mostra una disconnessione sorprendente: lo spread fra i titoli di Stato USA e i Bund tedeschi a 10 anni (asse verticale sinistro) aumenta, ma il dollaro si deprezza (asse destro).
È una rottura profonda rispetto al passato: rendimenti più alti dovrebbero attrarre capitali e rafforzare il dollaro. Stavolta no.
Il paper descrive accuratamente la trasformazione in corso nei mercati finanziari.
Secondo gli autori, gli investitori hanno smesso di considerare il dollaro e un rifugio e guardano altrove: all’euro.
Un breve thread: 👇

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Normalmente, un aumento di 50 punti dello spread avrebbe determinato un apprezzamento del dollaro del 5% rispetto all’euro. Invece, ha perso il 3,6%: un gap dell’8.6%.
Gli autori mostrano che i Treasury a tutte le scadenze sono diventati più "economici" rispetto agli equivalenti europei, e offrono rendimenti più elevati.
Tradotto: per detenere titoli americani, gli investitori ora chiedono un premio. Il valore del dollaro segue lo stesso declino dei Treasury.

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Non era mai successo durante una crisi. È il segnale che gli investitori non si fidano più come prima della sicurezza e della liquidità dei Treasury, e si rifugiano nei corrispondenti titoli europei.
Anche il premio (convenience yield) che il mercato attribuisce alla sicurezza degli asset denominati in dollari (non solo i Treasury) è crollato di 83 punti base in dieci giorni.
Durante la crisi del 2008, gli investitori erano disposti a perdere tra l’1% e il 10% annuo pur di tenere Treasury americani. Oggi chiedono un 2,2% in più per detenerli rispetto agli equivalenti europei.
Non è una fluttuazione: secondo gli autori, siamo di fronte a una inversione di paradigma.

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Read 9 tweets
Apr 16
🧵 Il piano "geniale" di Trump prevedeva di finanziare i tagli delle tasse – che avrebbero avvantaggiato soprattutto le imprese e i redditi più elevati – attraverso due canali: da un lato, un aumento vertiginoso di altre tasse, quelle sul consumo "nascoste" nei dazi, che colpiscono in modo regressivo le fasce sociali più deboli; dall’altro, l’emissione di nuovi titoli di Stato alle "consuete" condizioni favorevoli garantite dal ruolo di valuta di riserva del dollaro.

Vediamo perché non funzionerà e con quali conseguenze sul dollaro e l'euro - cioè sull'Europa e i suoi cittadini. 👇

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In secondo luogo — ma non meno importante — la guerra commerciale di Trump sembra perseguire un obiettivo politico interno: la costruzione di un sistema in cui la sopravvivenza e la prosperità delle imprese (e dei lavoratori che impiegano) non dipendono dal merito, dalla competitività o dall’innovazione, ma dalla capacità di ottenere esenzioni tariffarie e altri privilegi dal sovrano in cambio di sostegno e fedeltà.
Una logica di tipo clientelare mascherata da politica industriale, che, se persistente, farà arretrare l'economia statunitense di decenni.

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Prima di continuare, un avviso: questo thread è un adattamento di un post - più dettagliato e completo - pubblicato lunedì su Substack. Se vi interessa, potete iscrivervi alla newsletter seguendo il link nel post scriptum. Ogni iscrizione è un incoraggiamento a continuare questo sforzo di divulgazione.

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Read 21 tweets
Apr 15
Dopo aver deportato ricercatori e studenti internazionali senza accuse né processo, per meri reati d’opinione, Trump ha dichiarato con candore che intende deportare anche cittadini americani.
Non più soltanto immigrati legalmente residenti negli Stati Uniti.

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Ciò che distingue un campo di concentramento da una prigione è che il campo di è al di fuori di qualsiasi giurisdizione. I prigionieri non sono accusati di alcun reato, né sottoposti a processo. Vengono arrestati, deportati, internati per le loro opinioni o la loro stessa identità.

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Nel frattempo, Trump sta cercando di trasformare Harvard in un’istituzione vassalla.
La lettera inviata l’11 aprile al rettore è un ricatto: se l’università vuole continuare a ricevere finanziamenti, deve rinunciare alla sua autonomia accademica e accettare che sia il governo a decidere chi assumere o licenziare (e chi ammettere o espellere tra gli studenti), cosa insegnare e quali argomenti bandire, su cosa fare ricerca e quali temi proibire — in base a criteri puramente ideologici e alla fedeltà al regime.

Il rettore di Harvard, per ora, ha detto no. Harvard perderà i finanziamenti.

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Read 12 tweets
Apr 12
🧵Dopo aver implorato invano la Cina di farsi avanti con una proposta, Trump ha annunciato l’esenzione dai dazi per smartphone, laptop e altri dispositivi elettronici.
Un "regalo" ad Apple (che assembla in Cina) e un contentino per i consumatori.

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I prodotti ad alto valore aggiunto ricevono trattamenti di favore.
Beni agricoli, materie prime e beni di consumo economici (per esempio, abbigliamento e giocattoli) restano invece soggetti a dazi proibitivi.

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Risultato: l’incertezza è alle stelle. Le imprese non sanno qual è il dazio del giorno e restano sospese tra chiusura delle filiere e speranza di sopravvivere.
La strategia rimane inflazionistica. A pagare saranno consumatori più deboli (che non comprano iPhone) e lavoratori.

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Apr 11
🧵Nella copertura mediatica della retromarcia di Trump ci sono molti errori che meritano di essere corretti.

1) I dazi complessivi non sono diminuiti, sono aumentati.

2) Siamo ancora di fronte al più grande aumento delle tasse nella storia degli Stati Uniti. E al più regressivo.

3) "These countries are calling us up, kissing my a--...dying to make a deal." No, non c’è stato alcun negoziato e il presidente non ha ottenuto assolutamente nulla.

4) Gli unici a "chiamare" Trump sono stati i mercati finanziari. Per dirgli: "You don’t have the cards" (ricorda qualcosa?)

5) Trump ha sospeso *alcuni* dazi perché spaventato da a) le vendite massicce dei treasury bond – e attenuare il deflusso di capitali dagli USA a Europa e Cina; b) il timore di un’accelerazione della de-dollarizzazione dell’economia.

6) La fuga dai treasury bond è causata dalla crescente incertezza politica degli Stati Uniti, che somigliano sempre più a un’economia emergente, e dal timore che i dazi siano affiancati da sanzioni finanziarie – come il congelamento degli asset.

7) I dazi sono un’arma negoziale che Trump brandisce per contrattare concessioni politiche oppure un modo per riportare le imprese manifatturiere negli USA? Un obiettivo esclude l’altro (le manifatture tornano solo se i dazi sono duraturi).

8.) Nelle dichiarazioni degli economisti della Casa Bianca, la guerra commerciale serve a preservare il “privilegio insostenibile del dollaro” scaricando una parte dei suoi oneri sui partner commerciali.

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1 e 2) Con l’ulteriore aumento dei dazi verso la Cina (145%), il peso complessivo dei dazi è aumentato nonostante la sospensione di 90 giorni per alcuni paesi.
Il potenziale inflazionistico della configurazione attuale dei dazi è rimasto sostanzialmente invariato.
Poiché la Cina — ora colpita da un dazio del 145% (alle 17.09 mentre sto scrivendo questo thread; stasera si vedrà) — esporta una quota molto più alta di beni di consumo rispetto ai paesi a cui i dazi sono stati temporaneamente sospesi, l’onere effettivo per i consumatori americani è aumentato significativamente.
In sintesi, ci troviamo ancora di fronte al più grande aumento delle tasse mai osservato negli Stati Uniti — e al più regressivo nella storia.

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3 e 4) "These countries are calling us up, kissing my a--...dying to make a deal."

Non proprio.

Dopo giorni passati a fissare il telefono in attesa di una chiamata — mentre i rendimenti dei Treasury e gli indicatori di incertezza finanziaria salivano a livelli record, è stata la fuga dai titoli americani a costringere Trump a una frettolosa retromarcia.
Tra le varie sottovalutazioni, gli economisti della Casa Bianca sembrano aver trascurato un fatto cruciale: i principali acquirenti di asset statunitensi non sono più, come un tempo, le banche centrali, ma attori privati.
Le loro decisioni non rispondono a logiche istituzionali o di riserva di lungo periodo, ma sono guidate esclusivamente dalla massimizzazione del profitto. Ciò significa che dipendono dai rendimenti finanziari e dalla percezione del rischio — due variabili fortemente influenzate dall’instabilità politica.

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