L’8 agosto, 5 mesi dopo la mia segnalazione al DPO (da cui non ho mai ricevuto alcun riscontro), il Ministero della Giustizia ha finalmente inserito nel file robots.txt del PVP la formula magica: i dati personali degli esecutati non sono più indicizzati dai motori di ricerca. 1/5
L’indicizzazione comportava una massiccia diffusione di dati, reperibili direttamente negli snippet con una query ad hoc.
Una ricerca del 4 giugno restituiva 39.500 risultati (a febbraio 28.200) e tra i primi 100 ben 42 avevano dati personali in evidenza (un solo doppione). 2/5
La deindicizzazione, però, è solo un piccolo rattoppo che non risolve il data breach, pur limitando la diffusione: i singoli file pdf caricati sul portale continuano a rivelare i dati personali degli esecutati a causa di una cattiva anonimizzazione. 3/5
È indispensabile che vengano controllati singolarmente tutti i pdf caricati sul PVP e cancellati in modo adeguato i dati personali dei debitori, come previsto dal codice di procedura civile.
Migliaia di persone continuano a subire una grave violazione dei propri diritti. 4/5
È pure auspicabile che i soggetti coinvolti a diverso titolo nella catena di produzione e pubblicazione dei documenti sul PVP adottino misure tecniche adeguate per evitare di continuare a commettere errori vecchi come internet con gravissime conseguenze per le persone. 5/5
🔒 La privacy è al centro del progetto @GuerrediRete e non poteva essere diversamente.
Perché, come ha scritto @carolafrediani nell’editoriale, è il momento di fare e informare, ma anche quello di *rispettare i diritti e le libertà dei lettori*.
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Il sito web guerredirete.it, a differenza della maggior parte dei portali d’informazione, non presenta un cookie banner.
Abbiamo potuto farlo perché la raccolta pubblicitaria è estranea al business model e utilizziamo 3 soli cookie tecnici di prima parte.
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Abbiamo seguito le più recenti indicazioni dei Garanti europei su Google Fonts (Germania), ospitandole in locale, e su Google Analytics (Austria e Francia), scegliendo le statistiche di Matomo, installato su nostri server e impostato per elaborare indirizzi IP anonimizzati.
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👁️ Il testo del #DLCapienze approvato in Senato in sede di conversione, accogliendo alcune delle istanze emerse in fase di audizioni in Commissione Affari Costituzionali, presenta un art. 9 (in tema di protezione dei dati personali) completamente riscritto.
In particolare ⤵️ 1/
1⃣ All'art. 2-ter sono stati aggiunti gli "atti normativi generali" ed è stato inserito il nuovo (famigerato) comma 1-bis che, pur leggermente modificato, appare derogare integralmente la previsione del comma 1, con una pericolosa apertura alla discrezionalità amministrativa. 2/
Tra i soggetti sono stati inserite le "società a controllo pubblico locale gestori di servizi pubblici".
È stato eliminato il paragrafo sull'informativa, che non faceva altro che parafrasare artt. 13-14 GDPR, ma aggiunto un riferimento all'art. 6 GDPR di dubbio significato. 3/
Con il DL Capienze l’esecutivo si appropria di una prerogativa riconosciuta dalla normativa europea al potere legislativo, (auto)attribuendo alla propria discrezionalità la legittimazione dei propri trattamenti di dati personali, spogliando anche il Garante del controllo. 1/
In sostanza, i soggetti pubblici elencati potranno decidere, nella più totale discrezionalità, di effettuare trattamenti di dati personali per qualunque finalità, semplicemente affermando che questi sono “coerenti al compito svolto o al potere esercitato”.
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Con l’abrogazione dell’art. 2quinquiesdecies codice privacy, il Garante non potrà più “prescrivere misure e accorgimenti a garanzia dell'interessato con provvedimenti di carattere generale adottati d'ufficio” e la tutela degli interessati sarà possibile solo ex post.
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Visto che tutti ne parlano, ma pochi (?) l’hanno letta, l’ho fatto io.
Cosa ne sarà dei nostri dati?
DISCLAIMER: per verificare che quanto dichiarato corrisponde alla realtà servirebbe un audit indipendente.
TL;DR: tanto rumore per nulla.
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Nei giorni scorsi gli utenti Whatsapp hanno iniziato a ricevere una notifica che segnala l’entrata in vigore (dal 8/02) dei nuovi termini di servizio e della nuova privacy policy.
Nelle ultime 24 ore sono uscite decine di articoli allarmanti e spesso imprecisi.
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Il concetto che è passato, sostanzialmente, è:
“Facebook potrà accedere a tutti i dati - entro l’8 febbraio gli utenti dovranno accettare la condivisione delle informazioni con il social network o smettere di usare l’app” (La Stampa).
Nonostante l’obbligo di upload delle TEK previsto dal DPCM, le segnalazioni di utenti positivi su #Immuni non decollano.
La % media sui casi totali dal 19 al 27 è 0,54%, la stessa dell’intero mese di ottobre, contro un numero dichiarato di download del 15,7% della popolazione. 1/
Nel frattempo sulla Dashboard è comparsa una nuova nota: il numero di download non comprende gli aggiornamenti e le reinstallazioni.
Chiarimento sicuramente utile che conferma non trattarsi degli utenti attivi, tuttora sconosciuti.
Resta un numero privo di significato. 2/
Ma qualcosa si sta, lentamente, muovendo: nel codice che alimenta la Dashboard sono comprarsi i numeri di positivi e notifiche inviate giorno per giorno dal 15/06.
Sono però spariti quelli relativi ai focolai, mai pubblicati sulla pagina web, apparsi qualche giorno fa. 3/
"Immuni ha rilevato che il giorno %@ sei stato vicino a un utente COVID-19 positivo."
Dal codice sorgente di #ImmuniApp sembra essere questa (allo stato attuale) la notifica che verrà visualizzata in caso di "contatto a rischio".
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"Segui le indicazioni del tuo medico"
La prima istruzione è quella di contattare il Medico di Medicina Generale, spiegandogli di aver ricevuto una notifica di contatto stretto di COVID-19 da Immuni, e seguire le sue indicazioni.
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"Rimani a casa per i 14 giorni successivi alla data del contatto"
Nell'attesa, l'app suggerisce di controllare i sintomi (temperatura, mal di gola, tosse, raffreddore o naso chiuso, difficoltà respiratoria, dolori muscolari, perdita o alterazioni di olfatto o gusto, diarrea).
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