“Ironica e triste svolta del destino”.
Avevo 64 anni quel 24 giugno 1940 quando mi tolsi la vita.
Il 14 giugno i tedeschi erano entrati a Parigi e io avevo allontanato dalla città la mia famiglia. Non avrei dovuto farlo. Erano sicuramente morti ed erano troppi i sensi di colpa.
Il motivo non è come qualcuno la racconta.
Che mi tolsi la vita per impedire ai tedeschi di entrare nell’Istituto Pasteur.
E' vero che facevo il custode in quell’Istituto, quello sì.
Come ne ero diventato il custode?
Un lunga storia.
Iniziata all’età di nove anni.
Ero nato il 21 febbraio 1876.
A quei tempi la vita non era molto pulita. Per niente sterile. Vivevano in case sporche a contatto con animali.
Cani, procioni, pipistrelli e topi.
Animali che potevano trasmettere una delle peggiori malattie del XIX secolo: la rabbia.
Avevo 9 anni quando un cane malato di rabbia mi morse.
E contrarre quella malattia equivaleva ad una sentenza di morte.
All’inizio febbre, cefalea, mialgia. Poi l’idrofobia, spasmo della glottide associato alla paralisi dei muscoli della deglutizione. Poi? Meglio non saperlo.
Fu così che mia madre pensò a lui.
A quel microbiologo di nome Louis Pasteur che aveva condotto studi su un vaccino.
Se c’era qualcuno che poteva salvarmi era lui. Dopo due giorni di viaggio arrivammo dal professore.
Venimmo a sapere che aveva provato il vaccino solo sui cani
Ma non era il solo problema.
Pasteur non era un dottore abilitato. Se mi avesse curato personalmente avrebbe avuto dei problemi.
Decise però di rischiare. Perché “la morte di quel bambino sembrava inevitabile".
Dimenticavo.
Mi chiamo Joseph Meister
Non fu facile convincermi. Non volevo farmi iniettare della roba attraverso taglietti sul torace come mi aveva spiegato. Per questo mi aveva portato nel suo laboratorio e mi aveva mostrato gli effetti della rabbia sugli animali.
Non restava che il vaccino.
Certo, invece del vaccino avrei potuto utilizzare le vecchie terapie. In fondo la rabbia era conosciuta fin dal 1930 a.C.
Nel Sushruta Samhita, antico testo sanscrito di medicina, curavano la ferita con burro facendo bere al paziente impasto di sesamo e nutrito con torta di riso
Oppure come il medico romano Aulo Cornelio Celso, che applicava sale e cetriolini in salamoia sulla ferita.
Inondandola poi di vino.
Inoltre consigliava di buttare in acqua pazienti che non sapevano nuotare.
Per farli bere. Sconfiggendo così la loro paura di bere.
Infatti nelle fasi successive di una infezione la persona ha difficoltà a deglutire, mostra panico quando deve bere e non riesce a placare la sua sete.
"Idrofobia" (paura dell'acqua) è il nome storico usato per la rabbia.
Naturalmente nessuno era mai sopravvissuto.
Quindi, pensai, meglio farsi vaccinare.
Fu così che Pasteur riuscì a testare il suo vaccino su di me.
Mezza siringa di di midollo spinale di un coniglio morto di rabbia.
In pochi giorni altre 13 iniezioni.
Funzionò e io guarii completamente.
L’antirabbica di Pasteur fu la prima grande conquista della medicina che fece il giro del mondo.
Il successo di Pasteur attirò migliaia di persone morse da cani da tutto il mondo.
Per consentire a Pasteur di curare il maggior numero di persone partì una sottoscrizione per finanziare un laboratorio apposito.
Il denaro raccolto permise l’apertura dell’Istituto Pasteur a Parigi.
Per sempre in debito con Pasteur decisi di diventare il custode dell’Istituto.
“Ironica e triste svolta del destino” ho scritto all’inizio. Il motivo? Mi ero tolto la vita per aver allontanato la mia famiglia dopo l’arrivo dei tedeschi. Per il senso di colpa dovuto alla convinzione che fossero morti. Tornarono sani e salvi quello stesso giorno. Troppo tardi
Il 28 settembre è la “Giornata mondiale della rabbia”.
50.000 le persone che ogni anno muoiono di rabbia. La maggior concentrazione di decessi si riscontra in alcune zone dell’Africa e dell’India. Prossimo obiettivo: eradicare il virus della rabbia a livello globale entro il 2030
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Caro Johannes, ieri hai raccontato la storia del motore a combustione interna e diesel.
Naturalmente hai raccontato solo una parte della storia dell’auto.
Lo so, X non è il luogo ideale per raccontare tutto, ma è necessario porvi rimedio.
Ci penso io, con la Macchina del Tempo.
26 aprile 1899. Oggi ho compiuto un’impresa straordinaria.
Sulla strada centrale del parco agricolo di Achères ho raggiunto per la prima volta i 105,88 Km/h con un’auto costruita interamente dal sottoscritto.
Ma che auto a combustione interna!
Un’auto elettrica naturalmente.
Mi chiamo Camille Jenatzy, ingegnere e pilota automobilistico belga.
Avendo la barba rossa in Inghilterra sono chiamato Red Devil (Diavolo rosso).
Mi ero trasferito a Parigi e avevo iniziato a costruire carrozze elettriche.
Ma avevo bisogno di un po’ di notorietà.
Molte le invenzioni che hanno cambiato il mondo.
La stampa per esempio, o la macchina in grado di sfruttare la pressione del vapore per generare movimento di componenti meccaniche.
La lampadina, il telefono, l’aeroplano e i vaccini.
E molte altre.
Tra queste una in particolare.
L’invenzione più fragorosa che ha cambiato il mondo.
Incredibile a dirsi, nata nel silenzio di un convento.
Un’invenzione che ebbe due padri.
Uno di questi era uno scolopio, un religioso dell’ordine dei chierici regolari della Madre di Dio delle Scuole pie.
Il suo nome?
Padre Eugenio Barsanti di Pietrasanta, professore di fisica, matematica, filosofia presso il Collegio San Giovannino di Firenze.
L’altro era Felice Matteucci, un tecnico idraulico che aiutava il religioso nello stesso convento a preparare le sue esperienze di fisica.
Nel 1966 uscì in Italia la rivista musicale “Giovani”.
La ricordo bene.
E, ne sono certo, la ricordano con nostalgia i miei coetanei.
Una rivista impegnata nel divulgare la musica.
Non solo una rivista di musica, ma una rivista interattiva.
I giovani scrivevano lettere che venivano pubblicate.
Una fonte per sentire il la critica dei giovani verso gli adulti e la società.
Si parlava di "riforma della scuola superiore e dei suoi programmi antiquati.
Della settimana scolastica corta con sabato libero; dell’obiezione di coscienza; del matrimonio, e della richiesta di abbassare la maggiore età ai 18 anni.
Nel maggio del 1966 il club giovani legato alla rivista dichiarava già diecimila tesserati; un anno dopo erano ventimila.
«Bentornato Licurgo.
Due giorni fa abbiamo parlato degli spartiati, la casta militare.
“Torna con lo scudo o sullo scudo”.
Era il saluto delle madri spartane quando un figlio partiva per andare a combattere.
Morire in battaglia, l’onore più grande»
I 300 di Leonida alle Termopili sono l’esempio più alto.
Abbiamo parlato degli spartiati, circa 10.000 e degli iloti circa 100.000.
Esisteva una terza classe sociale.
“Il ceto medio”. I Perieci.
50/60.000 uomini liberi che non potevano però partecipare alla vita politica.
«Senza poter votare, dovevano solo servire gli spartiati nel prepararsi alla guerra.
Potevano guadagnare, quello sì.
Erano commercianti, artigiani, fabbricanti di armi.
Il vero motore di Sparta.
Che permetteva agli spartiati di concentrarsi sulla guerra, senza lavorare»
“Brodo nero”.
Sorrido pensando che vuoi raccontare la mia storia iniziando da un intingolo.
Precisamente da una carne di cinghiale cotta nel suo sangue con l’aggiunta di sale e aceto.
Posso dire che sei strano forte?
Chi racconterebbe la storia di Sparta iniziando da un piatto.
«Caro Licurgo, non era un semplice piatto, dai.
Era la pietanza più apprezzata a Sparta.
Tanto che un re del Ponto fece venire alla sua reggia un cuoco spartano affinché cucinasse quella prelibatezza.
Pensava fosse una leccornia.
Invece.
Che hai da ridere?»
Te lo immagini un re del Ponto che inizia a sputare quella roba nel piatto?
In realtà, e il cuoco lo aveva detto chiaramente al re, per apprezzare quel piatto dovevi essere stato bagnato nell’Eurota, il fiume che attraversava Sparta.
Essere un vero spartano quindi.
Lo aveva ispirato il Presidente John Fitzgerald Kennedy e per lui, James Howard Meredith, era stata una sfida.
Dopo aver frequentato due anni la Jackson State University, con ottimi voti, aveva deciso di iscriversi in una università statale per soli bianchi.
Lui, un nero.
Malgrado la sentenza "Brown v. Board of Education" del 1954, dove la Corte Suprema aveva stabilito che la segregazione era incostituzionale nelle scuole pubbliche mantenute da tutti i contribuenti, quella Università continuava, nel 1962, ad accettare solo studenti bianchi.
Malgrado l’opposizione dell Governatore dello Stato, che aveva provocato scontri con morti e feriti, la mattina del 1º ottobre 1962, scortato da avvocato e sceriffo, Meredith si immatricolò all'Università statale,.
Primo studente afroamericano della sua storia