Lo avevate richiesto in tanti e finalmente è arrivato. Quando ho iniziato a scrivere storie avevo un dubbio e una certezza.
Il dubbio era: Twitter è il posto ideale per scrivere storie? Quello che mi convinse fu però la certezza. Le storie piacciono a tutti, grandi e piccini.
Ed ora è nato questo libro, “Non esistono piccole storie”. Nato soprattutto grazie a voi. Che pian piano, malgrado il frastuono della vita quotidiana, avete trovato un momento per leggere, provare e condividere emozioni. E siete tanti.
Grazie a @CarloLucarelli6 , l’unico vero maestro della narrazione, che ha scritto la prefazione del libro. E non poteva che essere una bellissima prefazione
Grazie a @RobertoBurioni per avermi fatto conoscere l’Associazione cui andrà il mio compenso. E’ l’ultima storia del libro e lì troverete tutti i riferimenti per ulteriori aiuti.
Nel caso grazie, ci tengo molto.
Furono milioni gli emigranti italiani che si imbarcarono su navi e piroscafi obsoleti e fatiscenti in rotta verso le Americhe.
Erano chiamati “vascelli della morte” perché avevano più di 20 anni di navigazione.
Partivano stipati, senza nessuna certezza di arrivare a destinazione
Molti emigranti non avevano mai visto una nave.
Paura, ansia, angoscia, batticuore, seguiti da tanta malinconia erano i sentimenti che provavano mentre salivano su quelle navi.
Ma niente li poteva fermare.
Anche se erano a conoscenza del rischio altissimo di non arrivare vivi
#MdT 1884 - Come sul "Matteo Brazzo".
Ci furono venti morti di colera su 1.333 passeggeri.
La nave fu respinta dal Brasile e poi respinta a cannonate a Montevideo per il timore di contagio.
Sì, sono arrabbiata.
E chi non lo sarebbe.
Potevate dirmelo, forse la mia vita sarebbe cambiata, chissà.
Non poteva certo mancare lo zampino di voi maschietti.
Organizzazione zero.
Perché arrabbiata?
Perché la mia è una storia davvero incredibile.
Mi chiamo Margaret Abbott e sono nata il 15 giugno 1878 a Calcutta, in India.
Dopo la morte di mio padre, con mia madre e i miei fratelli ci trasferimmo prima a Boston e poi nell'Illinois.
Fu al Chicago Golf Club che imparai a tirare quelle palline da golf.
Che teneri voi maschietti.
Nel 1900 avete cominciato a pensare che (forse) anche noi donne potevamo fare qualche attività agonistica.
E ci avete concesso di giocare a sport che non richiedevano allora un gran dispendio di forze e di energie.
Tennis, croquet e appunto il golf .
Piero Calamandrei.
INTERVENTO ALL’ASSEMBLEA COSTITUENTE
4 marzo 1947, seduta pomeridiana.
Intervento sulla disposizione transitoria XII
“È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.”
“C'è nelle disposizioni transitorie, del progetto, un articolo che proibisce «la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del partito fascista».
Non so perché questa disposizione sia stata messa fra le transitorie: evidentemente può essere transitorio il nome «fascismo»,
ma voi capite che non si troveranno certamente partiti che siano così ingenui da adottare di nuovo pubblicamente il nome fascista per farsi sciogliere dalla polizia.
Se questa disposizione deve avere un significato, essa deve esser collocata non tra le disposizioni transitorie,
Grazie a te Johannes ho potuto ascoltare Joan Baez cantare quella canzone al Festival di Woodstock, nel 1969.
Un testo scritto nel 1925 dal giovane poeta americano Alfred Hayes.
Qualche anno dopo, Earl Robinson, adattò quel testo a una musica composta da lui.
“Stanotte ho sognato che ho visto Joe Hill /
Vivo come te e come me /
Dico: «Ma Joe, tu sei morto da dieci anni» /
«Non sono mai morto» fa lui /
«Non sono mai morto» fa lui ”.
In questo modo smise di essere una poesia per diventare una stupenda poesia in musica.
Per questo Joan Baez ama cantare questa canzone.
Molti ignorano che Joe Hill non è una persona inventata, non è il prodotto di una fantasia, ma un uomo in carne e ossa, realmente vissuto.
Come lo so?
Lo so perché sono io.
Come dite?
So la fatica che hai fatto, Johannes.
Poche informazioni, niente biografia, niente ritratto, la mia figura dimenticata, scomparsa nel nulla.
E quella data poi.
La mente va sempre alla rivoluzione industriale, o alle prime leghe emiliane.
Ma tutto ebbe inizio molto tempo prima.
«Lo so.
Qualche secolo prima.
Torniamo al 1333, un anno importante per Firenze.
Con i suoi centomila abitanti festeggiava il compimento di un’opera straordinaria come la cerchia muraria.
Mancava ancora il campanile al nuovo duomo, ma la sua costruzione stava per iniziare».
Dante era morto e Giotto era su con gli anni, ma non erano gli artisti i protagonisti della vita pubblica di Firenze.
Erano altri.
Il loro motto?
“In nome di Dio e di guadagno”.
Li chiamavano “gli uomini dai piedi polverosi”, perché erano sempre in giro per il mondo: i mercanti.
Mi avevano chiesto di salire sul palco con lui quel 28 agosto 1963.
Mi rifiutai e mi accomodai in prima fila.
Da un anno preparavano quell’evento e in fondo io non avevo fatto nulla.
“I have a dream” il discorso.
Sul palco lui, Martin Luther King.
Fu un colpo durissimo quando venni a sapere della sua morte.
Mi ritrovai a commemorarlo davanti a centinaia di giovani.
Dissi loro: “Qualcuno ha detto che tra 40 anni questo Paese potrebbe avere un Presidente nero. Credo che con questo clima, di anni ce ne vorranno 400”.
Negli anni della lotta per i diritti civili di noi afroamericani mi sono sempre impegnato ed esposto in prima persona.
D’altronde ero nato in Louisiana nel 1934.
Non certo il posto ideale per un nero.
I rapporti con i bianchi scarsi.
Quasi sempre traumatici.