Almeno è stato evitato il solito stupido chiacchiericcio sul pagamento di un riscatto da parte del Governo italiano.
E la classica conclusione che in fondo “se l’è cercata”.
No, non è stato un rapimento.
E non me la sono cercata.
Una scena ben confezionata certo, con quelle ferite da taglio e io appeso ad una corda. Immagino il dolore dei miei familiari e dei miei amici.
Nessuno di loro crederà mai che mi sono tolto la vita.
Il mio contratto scadeva alla fine di agosto, ma avevo deciso di anticipare prenotando un biglietto aereo per il 20 di luglio.
Il perché lo avevo detto a mamma Anna. Ero preoccupato, agitato per certe mie intuizioni. In un guaio serio.
Dovevo lasciare la Colombia al più presto.
Volevo riabbracciare mamma, papà e le mie sorelle. E tutti i miei amici.
Non vedendomi arrivare era venuta a cercarmi nella mia casa di San Vincente del Caguán. Chissà lo spavento, povera.
Che ci facevo in quel paese sperduto della Colombia?
Una lunga storia.
Anche quando davo loro 8 punti di vantaggio finiva sempre 10-8 per me.
Per quello studiavo, approfondivo, mi informavo di tutto.
Era diventata una vera passione quella di voler conoscere tutto quello che mi circondava.
Poi un progetto finanziato dall’UE
Mi chiesero di unirmi alle Brigate di Pace Internazionali (PBI) come ufficiale di collegamento.
Dovevo garantire la sicurezza e l’incolumità dei difensori dei diritti umani, e di tutti quelli come me. A Bogotá.
Sì, quello nell’Amazzonia colombiana in cima alla classifica per alberi abbattuti.
Il cuore del narcotraffico.
Mi avevano imposto la quarantena, per questo lavoravo da remoto.
E poi quel diverbio con i miei superiori. Raccontai tutto a mia madre. Che ero preoccupato.
E che sarei rientrato prima del previsto. Invece…
Il giorno successivo verrà trovato senza vita e la polizia classificherà tutto come suicidio.
Ora del decesso, intorno alle 02.00.
Cosa sia successo quella notte rimane un mistero.
Facciamolo, affinché non diventi un altro caso Regeni.
bit.ly/2P6fwul
Grazie a @sanacore_ per il disegno.