La prima cosa: la scuola ha aperto più o meno regolarmente in 13 regioni. L'impresa di riportare in classe 5,6 milioni di studenti (tanti quanti gli abitanti della Danimarca) con nuove norme anti Covid-19 mai sperimentate è più o meno riuscita
Il merito è soprattutto di insegnanti, presidi e, in molti casi, di genitori che hanno offerto aiuto volontario alle scuole e hanno lavorato tutta l'estate per preparare la ripartenza. "Partiamo già in riserva", ci ha detto una preside di Bergamo
Il governo e in particolare il vertice del ministero dell'Istruzione, dicono molti, è stato spesso più un ostacolo che un aiuto: cambi di norme continui, indicazioni confuse, soltanto l'8% dei banchi monoposto consegnati, poche assunzioni di nuovo personale
La situazione dell'organico rimane la più problematica di tutte. A seconda delle stime, mancano tra i 100 e i 250 mila docenti in tutta Italia. Questi posti vacanti vengono riempiti con supplenti, cioè precari. Ma questo in genere avviene solo *dopo* l'inizio della scuola
Gli uffici del ministero, infatti, sono sotto finanziati e sotto organico e non riescono *mai* a preparare le liste di supplenti in tempo per l'inizio delle lezioni. Il risultato è che ieri, come sempre da oltre dieci anni, la scuola è partita con circa il 30% dei posti vacanti
Quasi tutte le scuole quindi iniziano con orario ridotto, senza mensa e senza tempo pieno. Unire questa situazione con le norme anti Covid-19 produce disastri per le famiglie
Una mamma ci ha detto che le sue due figlie fanno orario ridotto ed entrano a scuola con orari scaglionati, una alle 8, l'altra alle 9, poi una esce alle 12 e l'altra alle 13. Risultato: accompagnarle a scuola e riportarle a casa impegna letteralmente tutta la mattina
In conclusione: il problema principale della scuola è che le nuove norme anti covid sono andate a impattare su problemi storici: mancanza di insegnanti, di spazi e più in generale di investimenti e quelli fatti fino ad ora si sono rivelati insufficienti per cambiare la situazione
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Today, the first cycle of news about the Georgian election has closed. A lot could still happen (more on that later), but for now, the Georgian Dream victory looks consolidated. After almost two weeks in the country, here are some final thoughts 👇
Three days after the election, EU and international observers have conditionally recognized the results and seem ready to work with the new GD government. The US appears less willing to accept the results, but with their own election approaching, we shouldn't expect much action
The Georgian opposition refuses to accept the result and vows not to take their seats in parliament. This could lead to a constitutional crisis. Article 38 of the Constitution stipulates that parliament can exercise full powers only when ⅔ of elected MPs accept their mandates
Since I'm now on Russia's wanted list for visiting the Kursk-occupied region, along with many colleagues who did the same, I thought it might be interesting to translate in English my report from there.
A longish thread 🧵👇
The trip to Kursk starts in the Ukrainian city of Sumy, a quiet provincial city with 250,000 inhabitants before the war. To get there, you board an armored military vehicle and travel for a little less than two hours.
I've heard stories of very brave colleagues who, in the first days after the incursion, managed the trip alone in their own cars. Now, security is much tighter, and you need special permission and escort to visit.
Sono entrato nella regione russa di Kursk occupata dagli ucraini nel corso della loro incursione del 6 agosto per parlare con i civili russi.
Ecco cosa ho visto👇🧵
Per entrare nella regione di Kursk si parte dalla città ucraina di Sumy a bordo di un blindato dell'esercito di Kiev. I militari ci accompagneranno costantemente - anche se avremo l'opportunità di parlare da soli con alcuni civili
Il viaggio dura circa un'ora e mezza in cui osserviamo il paesaggio da dietro le feritoie protette da vetri antiproiettile. I militari sono preoccupati da possibili attacchi di droni e artiglieria e guidano il veicolo rapidamente, senza fermarsi
«Gli italiani non vogliono la terza guerra mondiale, dove ci state portando».
Piaccia o meno, con gli argomenti di Conte bisogna misurarsi sul serio. E lo devono fare soprattutto coloro che hanno davvero a cuore l'Ucraina.
Un thread 👇🧵
(video da @MarcoFattorini)
1/ Non importa se sono argomenti portati avanti in buona o cattiva fede. I timori di un'escalation militare e del taglio di una già risicata spesa sociale in nome del riarmo sono paure reali di una fetta rilevante del pubblico e come tali vanno affrontate.
2/ Se Conte, o chi per lui, dice: "Siamo spaventati, fermate il conflitto" la risposta non può essere: "Ma la colpa è di Putin!". Come risponde questo alla paura reale delle persone?
Il Washington Post pubblica un lunghissimo e dettagliato post mortem della controffensiva ucraina in due parti: è la più accurata ricostruzione degli eventi dell'ultimo anno resa pubblica fino a questo momento.
I punti chiave 👇🧵
1. Ucraina ed alleati hanno iniziato a preparare la controffensiva già l'anno scorso. La pianificazione è state estensiva, con settimane di wargame per simulare i possibili effetti dell'attacco e le reazioni russe.
2. Com'era già emerso nei mesi scorsi, ci sono state forti divisioni tra ucraini e alleati su come condurre la battaglia. A livello strategico/operativo: gli americani favorivano un'avanzata concentrata in un'unica direzione, l'asse sud Melitopol-Mar D'Azov
Pur di difendere i bombardamenti israeliani allo scopo di segnare qualche misero punto contro gli avversari interni siamo arrivati a giustificare i bombardamenti a tappeto della II guerra mondiale.
Un🧵per spiegare l'orrore di queste posizioni 👇
Partiamo da un presupposto: per gran parte dell'epoca moderna l'idea generale che avevano gli strateghi era che per vincere una guerra bisognasse essenzialmente sconfiggere l'esercito del nemico. I civili, ai militari, non interessavano più di tanto
Questo non significa che non ci fossero massacri e uccisioni deliberate. Ma la distruzione della vita civile non era considerato un obiettivo centrale del conflitto. Per ragioni pratiche, prima che umanitarie