“ Un giorno nella foresta scoppiò un gigantesco incendio e animali ed uccelli fuggirono impauriti.
Mentre tutte le razze si disperavano e si lamentavano della loro cattiva sorte, il colibrì volò verso il fiume e raccolse una goccia d’acqua.
Tanta quanta ce ne stava nel suo becco.
Ritornando verso l’incendio, gli altri animali lo derisero dicendo: “Ma cosa fai con quella goccia d'acqua?”.
Il piccolo colibrì, paziente, rispose: “Faccio quello che posso!”
Mi premiarono. Per quella goccia d'acqua. Come quel colibrì.
De Amicis avrebbe fatto di noi personaggi da libro “Cuore”.
Era il 22 novembre del 1954 quando in Campidoglio assegnarono i Premi della Bontà.
Un premio per Dario Tosi, 11 anni.
Aveva portato a spalle a scuola tutti i giorni per un chilometro il suo compagno malato alle gambe.
E poi Mario Frontini di dieci anni.
Aveva donato tutti i suoi risparmi ai bambini
poveri e andava a trovare i bambini malati per aiutarli a fare compiti.
E poi c’ero io. O meglio. C’era la mia sorellina Marinella in braccio alla mamma.
Io non potevo essere presente.
Perché mi fu assegnato il primo Premio alla Bontà?
Tutto era cominciato il 25-26 ottobre 1954 quando un violento nubifragio aveva
colpito la costiera salernitana seminando ovunque dolore e morte.
La Rai aveva aperto una sottoscrizione per raccogliere fondi per gli alluvionati
Che potevo fare per aiutare quelle persone?
"Fai quello che puoi”, come il colibrì.
Fin dall’età di sei anni amavo riempire quaderni di versi, sia in lingua che nel dialetto
di Roma, ispirandosi alle piccole cose.
Avevo scritto almeno 200 poesie.
Pensai di scriverne una.
Mi feci dare carta e penna e subito cominciai a scrivere più o meno cosi: Cara RAI,
sono molto malata. Da oltre un anno. I miei genitori hanno speso tutto quello che
avevano per guarirmi. E io non ho nulla da offrirti per i bambini del Salernitano.
Ti posso offrire questa poesia
Lo so, è una poesia infantile. Sembra scritta da una tredicenne. Tredicenne infatti lo ero.
Mi chiamo Raffaella La Crociera nata il 23 novembre 1940 e oggi, 31 ottobre 1954, la
mia poesia è stata letta alla radio e messa all’asta per raccogliere fondi per gli
alluvionati.
Non ci crederete. Sono state numerose le offerte, fino a quella arrivata dalla Svizzera
della contessa Cenci Bolognetti, che si è aggiudicata la poesia con l’offerta strabiliante
di mezzo milione di lire.
Sono felice come non mai.
Anche se felice non lo sono da tempo.
Da quando mi hanno diagnosticato, un anno fa, il “lupus eritematoso cronico”. Inchiodata nel mio lettino da un morbo che non perdona. Per quella poesia un giocattolaio romano ha deciso di donarmi la più bella delle sue bambole. Non sono riuscita ad abbracciarla. Neppure una volta
Due giorni dopo la trasmissione ho chiuso gli occhi. Per sempre.
La bambola promessa arrivò, ma su un cuscino di fiori bianchi, giusto in tempo per
accompagnarmi al Cimitero Monumentale al Verano, nell’area riservata ad eroi, pittori, scultori, musicisti e poeti.
Ora sapete perché il 20 novembre 1954 mi hanno assegnato il primo premio della
bontà.
E perché non ho potuto ritirarlo.
Il sindaco di Roma, Salvatore Rebecchini, lo consegnò alla mia sorellina Marinella, la
più piccola di noi tre sorelle
Molti secoli fa qualcuno scrisse: ”Si muore sempre soli, se non si muore pensando
all’angoscia degli altri. Senza bisogno di eroismi, facendo anche solo "quello che posso”.
Come il colibrì.
Come Raffaella La Crociera, la piccola poetessa.
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È la notte tra il 30 e il 31 gennaio 1968.
La notte del capodanno vietnamita.
Tết Nguyên Ðán, comunemente noto come Tết. Quando i soldati americani erano partiti per il Vietnam era stato detto loro che sarebbe stata una passeggiata.
«Le speranze del nemico sono alla fine»
Questa frase l’aveva pronunciata il generale Westmoreland, comandante supremo del MACV (Military Assistance Command, Vietnam) nel novembre 1967, solo due mesi prima.
Ma stava per accadere qualcosa che muterà il corso del conflitto, e non solo dal punto di vista bellico.
Esattamente alle 3 del mattino del 31 gennaio 1968, l’Intelligence americana subirà il più grande smacco della sua storia.
Senza che gli americani ne avessero avuto il minimo sentore, la minima avvisaglia, quella notte il Vietnam scoppiò sotto i loro piedi.
Che la guerra non sarebbe durata pochi mesi, lo capimmo da subito.
Altro che passeggiata militare.
La fortuna per noi giornalisti è che in Vietnam gli americani ci consentivano totale libertà di movimento.
L’unico obbligo era quello di indossare uniformi americane.
Naturalmente senza simboli.
Per motivi di sicurezza, ci avevano detto.
Dove trovarle nuove di zecca?
Naturalmente al mercato nero, dove potevi comprare di tutto.
Altro che passeggiata militare.
Ricordo che una volta partecipai ad un’operazione di «search and destroy».
L’obiettivo era “cercare e distruggere” un gruppo di una trentina di viet cong nei pressi di un villaggio.
Ma l’amico Egisto Corradi lo aveva scritto con un titolo a sei colonne: «Gli americani in Vietnam combattono come se fossero sordi e ciechi».
In effetti come dargli torto.
Qual è stata, nella storia, la durata media di una guerra?
Una risposta non semplice.
Nel mondo antico e in quello medioevale ci sono state guerre di durata lunghissima.
Nel mondo moderno ci sono state anche guerre lampo, in tedesco Blitzkrieg.
Nel mondo antico sono diverse le guerre di una certa durata.
La Guerra del Peloponneso per esempio.
Venne combattuta in Grecia e nel Mediterraneo tra le due città rivali, Atene e Sparta e i loro alleati.
Durò all'incirca 27 anni, dal 431 a.C. al 404 a.C.
Le Guerre Puniche, che si sono combattute tra Roma e Cartagine per la supremazia del Mediterraneo, sono durate complessivamente circa quarantatré anni.
Ventitré la prima (dal 264 al 241 a.C.), diciassette la seconda (dal 218 al 201 a.C.) e tre la terza (dal 149 al 146 a.C.)
L’epigrafe sulla mia tomba mi definisce “gloria del genere umano”.
Non so.
Avete presente un bambino su una spiaggia che trova, prima una pietra variegata, poi una conchiglia a più colori dinanzi ad un oceano ancora inesplorato?
Ecco, penso di essere stato solo quel bambino.
Su quello che mi accadde nell’estate del 1666, nel giardino della mia casa natale di Woolsthorpe, Voltaire ed Eulero ci hanno ricamato sopra.
Una mela in testa, ma via.
In testa no di sicuro.
E quando mai.
Forse è il caso di raccontarvi un po’ della mia vita.
Dall’inizio.
Sono nato appunto a Woolsthorpe, nella Contea del Lincolnshire, il 25 dicembre del 1642.
Secondo il calendario giuliano.
Dieci giorni dopo, il il 4 gennaio 1643, secondo il calendario gregoriano.
Quello che forse non sapete, è che sono nato povero.
Molto povero.
E' il 26 giugno 1975.
Cristina sta per uscire di casa.
L'amico Marco è venuta a prenderla e con l'amica Emanuela hanno intenzione di andare in qualche locale a sentire un po' di musica.
Cristina, 18 anni, è figlia dell'imprenditore Mazzotti e abita in una villa a Eupilio (CO)
I tre amici hanno passato la serata in un bar di Erba.
Con la Mini Minor di Marco stanno per rientrare a casa.
Ridono, scherzano, quando all'improvviso una Fiat 125 taglia loro la strada.
Quattro uomini, col bavero alzato per nascondere la faccia, scendono dall'auto.
I 3 ragazzi vengono fatti salire sui sedili posteriori della Mini.
E partono.
A un tratto l'auto si ferma.
"Chi di voi è Cristina Mazzotti?"
"Sono io".
Le infilano un cappuccio in testa e la trasferiscono sulla 125.
Che ci faccio fuori dalla chiesa in Piazza Don Bosco nel quartiere Tuscolano a Roma?
Non mi lasciano entrare in chiesa.
O meglio.
Non ci lasciano entrare in chiesa.
Come è possibile?
È possibile sì.
Forse è meglio che vi racconto quando, e come tutto è cominciato.
Non ero mai stata a Roma.
Erano gli anni 70 e da San Candido in Alto Adige ero venuta in gita con la parrocchia.
E poi quel pomeriggio, libero per tutti.
Io ero sola.
Nessuna amica, niente fidanzato, nessun familiare.
Andare da sola per Roma non fu una bella idea.
Perdersi fu un attimo.
Ricordo che fu lui ad avvicinarsi.
Gli chiesi come arrivare a Piazza Venezia.
Fu il mio accento a tradirmi.
Tedesca?”, mi chiese.
No”, risposi, “vengo dall’Alto Adige”.
“Ah, dove prendete in giro gli italiani!”.
La nostra storia d’amore iniziò quel giorno.