Dicevano che ero troppo rumoroso e per un certo periodo nessun locale accettò gruppi con me alla batteria. Rumoroso lo ero, ma che volete, era normale per uno che a cinque anni batteva su lattine di caffè.
Non avevo mai preso lezioni, solo qualche consiglio da altri batteristi.
Quando la mia Pat rimase incinta del piccolo Jason ero andato a vivere con lei in una roulotte. Le avevo promesso di trovarmi un lavoro serio, ma io avevo un solo amore, le percussioni. I
Io, John Bonham, cercavo la mia idea di sound. E nessuno avrebbe potuto fermarmi.
Poi ero arrivato nel gruppo giusto e il primo grande successo, nel 1968.
Eravamo straordinari, tanto da registrare in sole trenta ore il nostro primo album.
Quella copertina, il disastro del LZ 129 Hindenburg, uno Zeppelin tedesco, fu in fondo lo specchio della mia vita.
Mi mancava troppo la tranquillità della famiglia, di mia moglie e del piccolo Jason, e divenni un po' Jekyll e un po' Hyde.
Quando ero sobrio ero un giocherellone, ma quando ero ubriaco…
E accadeva spesso. Di essere ubricao, intendo.
Quello che raccontano di me è vero. Sono morto Il 25 settembre del 1980, a soli 32 anni, più ubriaco del solito, nella villa di Page. L'equivalente di quaranta bicchieri di vodka in 4 ore sono troppe, lo so. Avrei dovuto saperlo. Fossi stato in me. Eppure da ragazzo non ero così.
All'inizio della carriera ero talmente mansueto che mi diedero il soprannome di "Bonzo". Come il cagnolino di un cartone animato degli anni '20.
Amavo talmente stare con la mia famiglia che fu un vero shock lasciare la campagna inglese per girare il mondo come una star.
Lo so cosa state pensando. Con tutti i grandi della musica il vecchio Johannes si mette a raccontare di un batterista ubriacone. E' vero. Però...
Su Thisdayinmusic.com, tempo fa, fu chiesto: “Quale rockstar scomparsa vorreste riportare in vita per un concerto?”
Nei primi dieci ci finirono tutti i più grandi. Freddie Mercury, Elvis Presley, John Lennon, Jimi Hendrix, Bob Marley, Jim Morrison.
Non ci crederete, al primo posto finii io, John Bonham dei Led Zeppelin, detto Bonzo.
E un motivo ci sarà pure, non credete?
Sono stato dichiarato il miglior batterista di tutti i tempi per "Rolling Stone Magazine".
E sempre io, John Bonham, primo in ogni sondaggio effettuato da riviste specializzate come Rocklist, Stylus Magazine, Modern Drummer e Gigwise.
Ascoltate il mio leggendario assolo di batteria "Moby Dick". Era sempre il momento più atteso durante le nostre esibizioni che duravano circa tre ore.
L’assolo durava spesso mezz’ora arrivando anche ad usare le mani nude.
Provate voi a suonate una batteria per così tanto tempo.
Dopo la mia morte, i Led Zeppelin, Jimmy Page in primis, decisero che senza di me non potevano andare avanti.
E così Il 4 dicembre 1980 il gruppo diramò la notizia del definitivo scioglimento mediante un comunicato stampa.
La verità era una sola.
Ero insostituibile.
Il 26/12/2012 al Kennedy Center Opera House hanno premiato gli amici John Paul Jones, Jimmy Page e Robert Plant.
E’ stato commovente vedere l’amico Robert piangere per una canzone scritta da lui 41 anni prima, “Stairway to Heaven” la più bella e famosa nella storia del rock.
So che il testo di “Stairway to Heaven” viene spesso criticato.
Lasciate perdere le critiche.
Chiudete gli occhi e iniziate a sognare.
E alla fine provate a dare un vostro significato al testo. Nessuno è mai riuscito a comprenderlo pienamente. bit.ly/2HWyzoi
E’ stato incredibile vedere la commozione di Robert, ma per me è stata un'emozione vedere lui alla batteria.
Lo avete visto? Mi ha indicato alla fine guardando verso il cielo.
Sì, era proprio lui, il piccolo Jason Bonham, mio figlio. Batterista, come suo padre.
E questa è la storia del più grande batterista di tutti i tempi. Cosa hanno significato i "Led Zeppelin" nel panorama musicale?
Nel 2007 annunciarono la loro reunion alla O2 Arena di Londra.
Poche migliaia i posti disponibili.
Le richieste dei biglietti furono 20 milioni.
• • •
Missing some Tweet in this thread? You can try to
force a refresh
Molte le invenzioni che hanno cambiato il mondo.
La stampa per esempio, o la macchina in grado di sfruttare la pressione del vapore per generare movimento di componenti meccaniche.
La lampadina, il telefono, l’aeroplano e i vaccini.
E molte altre.
Tra queste una in particolare.
L’invenzione più fragorosa che ha cambiato il mondo.
Incredibile a dirsi, nata nel silenzio di un convento.
Un’invenzione che ebbe due padri.
Uno di questi era uno scolopio, un religioso dell’ordine dei chierici regolari della Madre di Dio delle Scuole pie.
Il suo nome?
Padre Eugenio Barsanti di Pietrasanta, professore di fisica, matematica, filosofia presso il Collegio San Giovannino di Firenze.
L’altro era Felice Matteucci, un tecnico idraulico che aiutava il religioso nello stesso convento a preparare le sue esperienze di fisica.
Nel 1966 uscì in Italia la rivista musicale “Giovani”.
La ricordo bene.
E, ne sono certo, la ricordano con nostalgia i miei coetanei.
Una rivista impegnata nel divulgare la musica.
Non solo una rivista di musica, ma una rivista interattiva.
I giovani scrivevano lettere che venivano pubblicate.
Una fonte per sentire il la critica dei giovani verso gli adulti e la società.
Si parlava di "riforma della scuola superiore e dei suoi programmi antiquati.
Della settimana scolastica corta con sabato libero; dell’obiezione di coscienza; del matrimonio, e della richiesta di abbassare la maggiore età ai 18 anni.
Nel maggio del 1966 il club giovani legato alla rivista dichiarava già diecimila tesserati; un anno dopo erano ventimila.
«Bentornato Licurgo.
Due giorni fa abbiamo parlato degli spartiati, la casta militare.
“Torna con lo scudo o sullo scudo”.
Era il saluto delle madri spartane quando un figlio partiva per andare a combattere.
Morire in battaglia, l’onore più grande»
I 300 di Leonida alle Termopili sono l’esempio più alto.
Abbiamo parlato degli spartiati, circa 10.000 e degli iloti circa 100.000.
Esisteva una terza classe sociale.
“Il ceto medio”. I Perieci.
50/60.000 uomini liberi che non potevano però partecipare alla vita politica.
«Senza poter votare, dovevano solo servire gli spartiati nel prepararsi alla guerra.
Potevano guadagnare, quello sì.
Erano commercianti, artigiani, fabbricanti di armi.
Il vero motore di Sparta.
Che permetteva agli spartiati di concentrarsi sulla guerra, senza lavorare»
“Brodo nero”.
Sorrido pensando che vuoi raccontare la mia storia iniziando da un intingolo.
Precisamente da una carne di cinghiale cotta nel suo sangue con l’aggiunta di sale e aceto.
Posso dire che sei strano forte?
Chi racconterebbe la storia di Sparta iniziando da un piatto.
«Caro Licurgo, non era un semplice piatto, dai.
Era la pietanza più apprezzata a Sparta.
Tanto che un re del Ponto fece venire alla sua reggia un cuoco spartano affinché cucinasse quella prelibatezza.
Pensava fosse una leccornia.
Invece.
Che hai da ridere?»
Te lo immagini un re del Ponto che inizia a sputare quella roba nel piatto?
In realtà, e il cuoco lo aveva detto chiaramente al re, per apprezzare quel piatto dovevi essere stato bagnato nell’Eurota, il fiume che attraversava Sparta.
Essere un vero spartano quindi.
Lo aveva ispirato il Presidente John Fitzgerald Kennedy e per lui, James Howard Meredith, era stata una sfida.
Dopo aver frequentato due anni la Jackson State University, con ottimi voti, aveva deciso di iscriversi in una università statale per soli bianchi.
Lui, un nero.
Malgrado la sentenza "Brown v. Board of Education" del 1954, dove la Corte Suprema aveva stabilito che la segregazione era incostituzionale nelle scuole pubbliche mantenute da tutti i contribuenti, quella Università continuava, nel 1962, ad accettare solo studenti bianchi.
Malgrado l’opposizione dell Governatore dello Stato, che aveva provocato scontri con morti e feriti, la mattina del 1º ottobre 1962, scortato da avvocato e sceriffo, Meredith si immatricolò all'Università statale,.
Primo studente afroamericano della sua storia
Mi chiedo come mai i giornali italiani non diano la giusta rilevanza a quello che sta succedendo negli Stati Uniti.
E non parlo degli insulti di un Presidente che dà della“stupida” a una giornalista perchè fa domande scomode.
E neppure quel “brutta dentro e fuori” rivolto a un'altra giornalista perché raccontava la Casa Bianca senza reverenza.
O una cronista apostrofata da lui “quiet, piggy” mentre tentava di parlare di un dossier esplosivo.
Certo, dare la definizione di "ritardato" a un governatore democratico non è il massimo.
Anzi, dovrebbe essere molto grave.
Ma ormai normalizzare l’odio è diventata la prassi.
Basta discutere di politica e di programmi.
Colpire non solo gli avversari, ma le persone in generale.