Oggi è il 16 marzo 2005. E sono stanca.
Ho nausea, vomito e diverse linee di febbre. Speriamo bene. E’ tutto il giorno che penso a lui, al dottor Matthew Lukwiya.
Non sono certo alla sua altezza.
Io sono solo pediatra presso l'ospedale di Uíge in Angola.
Invece nel 2000 il dottor Lukwiya era Dirigente Sanitario all’ Hospital Lacor, in Uganda. Quando la gente cominciò a morire per gravi emorragie interne, di una malattia misteriosa. E non era certo una bella cosa quell’usanza di lavare i morti.Contribuiva a diffondere la malattia
Fu lui a riconoscere la gravità della situazione e la facilità di trasmissione del virus.
Fu lui a ignorare le pratiche burocratiche e a far analizzare subito il sangue infetto.
Ebola, fu il risultato. E il suo impegno a isolare l’ospedale. A proteggere il personale medico.
I medici e gli infermieri avevano paura. Continuavano a morire, ma lui li esortava, sempre in prima fila. Fino a contagiarsi.
Fu la cento sessantaseiesima vittima di Ebola. Ricordo ancora quel 5 dicembre del 2000 e il dolore per la sua morte.
E' ricordando il lavoro del medico ugandese Matthew Lukwiya che il pensiero corre alla mia infanzia. Ne ho fatta di strada prima di arrivare qui in Africa. Ma era scritto. Era stata da sempre la mia vocazione.
Sono nata a Biella il 9 dicembre 1953.
Nel 1978 la laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Torino e in seguito il diploma di Medicina Tropicale ad Anversa, nel 1984.
Intercalando mesi di volontariato in Africa. Presso l'Ospedale di Ikonda (Tanzania) come responsabile del reparto pediatrico
Ci tornavo spesso in Africa come volontaria. Due anni come responsabile del reparto di pediatria ed unità bambini malnutriti presso l'ospedale regionale di Tenkodogo in Burkina Faso.
Passando dall’ospedale regionale di Iringa in Tanzania ero arrivata al St. Mary Hospital Lacor.
L’ospedale dove aveva lavorato il dottor Matthew Lukwiya. E due anni fa sono arrivata qui, all’ospedale provinciale di Uíge in Angola. E' stato nell’ottobre del 2004 che ho denunciato la comparsa di quelle morti sospette. Con febbre emorragica.
Avevo inviato subito campioni ai tecnici del Ministero della Sanità nella capitale Luanda. Ma senza risposta. C’era voluta la morte di un’infermiera per svegliarli.
Solo il mese scorso mi hanno autorizzato ad aprire due locali di isolamento infettivo.
Poveri bambini. Ne sono già morti 90. Virus di Marburg lo chiamano. Simile all’Ebola. Mi dicono tutti di stare attenta. Ma Matthew Lukwiya diceva che “salvare vite è la nostra vocazione. Comporta dei rischi, ma se ami veramente il tuo lavoro il rischio non conta poi così tanto”.
Di più. ” Se io lasciassi in questo momento, non potrei più esercitare la professione medica nella mia vita. Non avrebbe più senso per me”. Aveva ragione, sapete. E’ così per tutti noi che amiamo questo lavoro.
“Se la mia morte fosse l’ultima non mi dispiacerebbe morire”.
Il 16 marzo 2005 Maria Bonino era stanca, con nausea, vomito e diverse linee di febbre . Aveva contratto il Virus di Marburg. Morirà il 24 marzo 2005 a Luanda all'età di 51 anni. Nella sua Africa, che tanto amava.
È sepolta in un cimitero angolano.
"Se morirò lasciatemi qui"
“Ho la febbre e mi sento tutta rotta. Speriamo che sia malaria. E se no…mi dispiace di morire, mi dispiace per me, per il dolore della mamma, della Cri, del Paolo, dei miei nipoti e dei miei cognati, delle persone che mi vogliono bene e a cui voglio bene.”
(Maria Bonino)
Maria Bonino ha lavorato anche al St. Mary Hospital Lacor. Dove lavorava il medico ugandese Matthew Lukwiya. Il St. Mary Hospital Lacor, fondato nel 1959 dai missionari comboniani, è stata gestito e sviluppato dal 1961 dai coniugi Piero Corti e dalla moglie, Lucille Teasdale.
Piero pediatra, e Lucille chirurgo, hanno continuato a lavorarci fino alla loro morte.
Lei nel 1996, dopo aver contratto l’AIDS durante un’operazione chirurgica.
Lui ci ha lasciato nel 2003.
E’ considerato il più grande ospedale senza scopo di lucro dell'Africa orientale.
Nel 2016/17 effettuati 34.600 ricoveri, e 149.649 prestazioni ambulatoriali.
I pazienti sono curati gratuitamente o a tariffe bassissime.
"Perché un ospedale deve offrire il miglior servizio possibile al maggior numero di persone al più basso costo possibile” (Piero Corti).
Grazie a @AvvDox per avermi suggerito di raccontare la storia di Maria Bonino, volontaria per quasi undici anni con “Medici per l’Africa Cuamm”.
Maria, che come tanti altri medici, non si è tirata indietro.
Morti, perché quella professione l'amavano più della loro stessa vita.
• • •
Missing some Tweet in this thread? You can try to
force a refresh
20 ottobre 1944, ore 7,58.
Dall’aeroporto di Castelluccio dei Sauri, vicino Foggia, si alzano in volo 36 bombardieri “B-24 Liberator” del 451° stormo “Bomb Group dell’USAAF”.
Gli obiettivi sono nel nord Italia.
Oggi uno in particolare: le acciaierie Breda di Sesto San Giovanni.
Un obiettivo secondario.
In quel periodo i bersagli militari importanti sono solo 3: lo stabilimento petrolchimico di Mestre, la raffineria Aquila di Muggia e la fabbrica d’aerei Reggiane, gruppo Caproni, di Reggio Emilia.
Gli altri tutti secondari.
Come le acciaierie Breda.
Il 451° stormo si avvicina all’obiettivo.
La formazione di attacco prevede 36 aerei a ondate di 18, composte di aerei in fila x due disposti a punta di freccia.
Oggi sono 35.
Uno è tornato alla base per problemi meccanici.
Gli altri procedono alla velocità di 160 miglia orarie
Lungo un viale della città di Częstochowa si può incontrare una panchina.
Non la solita panchina, ma una panchina speciale, con una scultura in bronzo.
Raffigura una figura femminile seduta, con un gatto ai suoi piedi.
La targa dice che è dedicata a Halina Poświatowska.
Che poi sarei io.
Avrei dovuto immaginare che la mia vita non sarebbe stata per niente facile.
Fin dall’inizio.
Ero appena nata e già erano cominciati i problemi.
I miei genitori volevano chiamarmi Halina, ma il parroco, nel certificato di nascita, scrisse Helena.
Il motivo?
Secondo lui Halina non era presente nell’albo dei santi quindi aveva proposto ai miei genitori uno simile, Helena.
E quello scrisse nel certificato.
Una volta a casa i miei genitori continuarono a chiamarmi Halina.
A loro piaceva quello.
E pure a me.
I suoi riferimenti non erano politici.
L’unica sua passione erano i film di John Wayne.
«Sono cresciuta in un ranch, dove non esistevano differenze tra i compiti dei maschi e quelli affidati alle femmine. Tutti dovevano lavorare duro, nessun veniva trattato in modo diverso».
Quando era diventata governatrice del Dakota del Sud, il 5 gennaio 2019, prima donna a ricoprire quella carica, iniziò da subito a farsi notare.
Pronti via e nel 2020, durante la pandemia del Covid-19, si rifiutò di sancire l’obbligo di indossare mascherine protettive.
Però nel 2020, come governatrice, avrà sicuramente vietato di tenere a Sturgis, una cittadina di 7.000 abitanti, lo “Sturgis Motorcycle Rally” uno dei più grandi raduni di motociclisti (circa 500.000) del mondo.
Ma figuriamoci.
Non ricordate il suo idolo John Wayne?
Craxi lo aveva ripetuto più volte: il crimine è avvenuto su nave italiana, quindi in territorio italiano
La giurisdizione è nostra.
Anche Sigonella è in territorio italiano
“La sovranità non si negozia, nemmeno con l'amico più potente. L'Italia non è una provincia dell'Impero”.
Facciamo un passo indietro
Giovedì 10 ottobre 1985.
Il piano americano è quello di intercettare il Boeing egiziano che trasporta i dirottatori.
Il problema è dove farlo atterrare.
Gli americani hanno messo sotto controllo il telefono di Mubarak e grazie ai servizi israeliani sanno dove è l’aereo e il suo contrassegno di coda.
Devono solo decidere dove farlo atterrare.
Creta e Cipro no.
Non darebbero mai l’autorizzazione.
“Quando abbiamo adottato il modello della libertà, nel lontano 1860, in 35 anni siamo diventati la prima potenza mondiale”.
Ma di quale libertà sta parlando quest’uomo?
Di quale modello?
Noi, eravamo lì da migliaia di anni.
Noi eravamo il popolo dei Mapuche.
Mapuche significa “popolo della terra”.
Voi e la vostra “proprietà privata”.
Lo sapete che per noi la terra, il wallmapu, non appartiene a nessuno, ma è solo un territorio di cui prendersi cura?
Ci chiamavate fannulloni e incompetenti perché non sfruttavamo quella terra.
Di quale modello di libertà sta parlando quell’uomo?
I nostri fratelli Selknam erano in quella terra da 10.000 anni.
Quando Magellano aveva scoperto quel passaggio a sud del pianeta la chiamò “Terra del Fuoco” per avere avvistato i fuochi accesi dei nostri fratelli Selknam.
“Tutti gli uomini sono creati eguali dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che fra questi diritti sono la Vita, la Libertà…”.
E se “una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo”
Era il 4 luglio 1776 quando Thomas Jefferson, mostrò pubblicamente (era stata approvata il 2 luglio) la Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America.
Quelle prime righe furono poi ribadite nel 1789, all’art. 1 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino che recita testualmente: “Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti”.
E poi nel 1948 la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.