Proviamo a fare chiarezza su tamponi e casi testati e sul perché questi ultimi *non* sono i tamponi diagnostici vista la confusione sull'argomento.
Come li definisce la Protezione Civile?
Tamponi: "Totale tamponi".
Casi testati: "Totale dei soggetti sottoposti al test".
Molti dicono di usare i "casi testati" come base per calcolare il tasso di positività perché sarebbero depurati dai tamponi di controllo e corrisponderebbero ai tamponi diagnostici.
Ma è sbagliato.
Da una risposta delle FAQ che scrissi qualche mese fa:
"Con tampone diagnostico si intende infatti un tampone fatto per cercare la positività al virus in una persona e con tampone di controllo uno fatto per cercare la negatività".
Appurato che nei tamponi ci sono anche quelli per ricercare la negatività (esempio il doppio negativo per la guarigione virologica), perché dico che è sbagliato riferirsi ai casi testati come ai tamponi diagnostici?
Usando le definizioni di casi testati si ha che se una persone testata ad aprile viene testata di nuovo oggi perché caso sospetto:
- tamponi +1
- casi testati +0.
Ma questo è a tutti gli effetti un tampone diagnostico.
Il problema emerge in particolar modo con le regioni (es. Veneto) che effettuano tamponi periodicamente sul personale sanitario e su chi lavora nelle RSA.
Tutti questi sono stati inseriti al primo controllo, ma poi basta. Ma sono sempre tamponi diagnostici, non di controllo.
Facciamo ora un esempio numerico con i dati di venerdì e sabato
Ipotesi:
- due tamponi per ogni guarito
- un tampone per ogni nuovo caso
- tutte le regioni hanno testato il 25% dei casi attivi di venerdì (ipotesi tendenzialmente assurda, ma che chiarisce dove sta il problema).
Venerdì avevamo 70.110 casi attivi. Sabato i guariti sono cresciuti di 976, quindi 1.952 tamponi per i guariti. Ora, mettiamo il 25% di tamponi di controllo (al netto dei guariti): 17.284.
Abbiamo anche avuto 5.724 nuovi casi, quindi 5.724 tamponi per la positività.
Quindi con queste ipotesi sabato avremmo dovuto avere:
- guariti + controllo: 19.236 tamponi.
In totale abbiamo avuto 133.084 tamponi. Togliamo i 19.236 e ne restano 113.849. Questi sono quelli diagnostici secondo le nostre stime di cui 5.724 sono risultati positivi.
Ma quanti erano ieri i nuovi testati? 80.109.
Ecco il problema. La differenza tra l'ipotesi di tamponi diagnostici e di casi testati è di 33.740. Ma questi sono tamponi diagnostici a tutti gli effetti, non di controllo.
In generale, avere un'alta differenza tra casi testati e tamponi in realtà può voler dire che si fanno molti controlli tra il personale sanitario e nelle RSA e questo è un bene perché si evitano focolai in posti sensibili.
In sostanza, diffidate di chi vi dice che sono i casi testati sono i "tamponi diagnostici" o che bisogna usare assolutamente i casi testati al posto dei tamponi.
Sono due cose diverse che danno informazioni diverse.
Io personalmente preferisco usare i tamponi (serie storica più lunga, dato meno soggetto errori, è quello che usano anche gli altri paesi). Poi si possono usare anche i casi testati, ma ricordando che non sono quello che viene spesso detto.
In conclusione, il tasso di positività reale sta da qualche parte tra la linea rossa e quella blu. Non sappiamo però dove.
In aggiunta a tutto questo bisogna sperare che le regioni adottino la stessa definizione di "casi testati" e non che ognuna lo stia intendendo a modo suo.
Su Github c'è anche una issue su questo e la necessità di maggiore chiarezza. Sono passati sei giorni da quando è stata aperta, ma non è arrivata alcuna risposta. github.com/pcm-dpc/COVID-…
Qualcuno aveva suggerito che avessi mal interpretato la definizione di "casi testati". Ma c'è una risposta ufficiale ora.
Se sei stato testato mesi fa e ti testano di nuovo oggi: tamponi +1, casi testati +0.
A domanda ancora più specifica un utente è stato rimandato alla risposta del tweet precedente.
Quindi discussione chiusa.
I casi testati sono quindi ingannevoli se non si chiarisce bene a cosa corrispondono. Complessivamente è meglio usare il tasso di positività sui tamponi. E smettiamola anche con la stupidaggine del 40% di tamponi di controllo.
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Nel 2022 in media ci sono stati 3,3 morti sul lavoro al giorno. Ma i dati Inail mostrano che gli infortuni mortali sono in forte calo rispetto al passato. Negli anni novanta, ad esempio, erano il 33% in più di ora.
Se teniamo contro anche del fatto che ci sono più occupati che in passato vediamo che il calo è anche maggiore. Se negli anni Sessanta morivano sul lavoro oltre 20 lavoratori su 100 mila, dagli anni Duemila in poi questo numero è sceso tra i cinque e i sei lavoratori.
Negli ultimi sessant’anni ci sono stati solo tre anni con un numero di morti sul lavoro ogni 100 mila occupati più basso di quello registrato nel 2022 (4,7 nel 2009, 5 nel 2008 e 5,2 nel 2017).
In vent'anni il reddito medio dichiarato dagli italiani è cresciuto del 7,3% (tenendo conto dell'inflazione). Ma quello dei dipendenti è sceso del 7,5%, mentre i redditi di pensionati e autonomi sono cresciuti. I dipendenti si sono impoveriti tra 2001 e 2021.
Tutte le cifre sono espresse in euro del 2021 (tenendo conto dell'inflazione).
Non abbiamo ancora i dati del 2022, ma è realistico pensare che il reddito reale dei dipendenti sarà sceso ancora di più a causa dell'alta inflazione che c'è stata.
I casi stanno aumentando in media del 30% su sette giorni prima. Oggi l'aumento è del 35%, ieri del 39%. Con questa velocità i casi raddoppiano in due settimane e mezzo.
L'aumento si sta verificando in particolar modo tra i 10-19enni e i 20-29enni, ma in generale tutte le classi di età stanno avendo un'inversione di trend ad eccezione degli under 10.
(Va sempre tenuto presente che non sappiamo quanto vengano testati).
L'aumento dei casi sta avvenendo in tutte e quattro le macroaree, ma in particolar modo al Centro e al Sud.