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Dec 5, 2020 25 tweets 10 min read Read on X
Aprile 1911.
Settimana scorsa ho mandato in stampa il mio libro. Per evitare una censura da parte delle autorità, dato il contenuto altamente accusatorio nei confronti del Governo italiano, ho cercato di darne ampia diffusione.
Il prefetto voleva impedirmelo.
“In riferimento alla legge 28 giugno 1906 n° 278 non è possibile impedire la diffusione del libro” gli aveva scritto il Procur. Generale. Meno male.
Ho inviato due copie anche al Re e Regina. So che il prefetto va in giro a dire che l’autore di quel “lurido libello” deve pagare.
28 maggio 1911. Ho ricevuto indietro le copie che avevo inviato al Re Vittorio Emanuele e alla Regina Elena. “Il Re vi ringrazia per il pensiero che avete avuto nell’inviare questa vostra opera, ma a Sua Maestà non interessa”. Speravo molto in loro. Di ottenere almeno giustizia.
Meglio che mi presenti.
Mi chiamo Giacomo Longo di anni 35, di Francesco e di Francesca Bonanzinca, da Torre Faro.
Il libro del contendere?
“UN DUPLICE FLAGELLO: Il terremoto del 1908 e il Governo Italiano”. Scritto dal sottoscritto.
Cos’è successo di così grave, dopo il terremoto di Messina, tale da giustificare il “Duplice flagello” che ho descritto nel libro? Quali le colpe del Governo Italiano?
Mettetevi comodi.
Perché sto per raccontarvi una storia incredibile.
Tutto era cominciato il 28 dicembre 1908. Esattamente alle 05.21, quando gli abitanti di Messina furono svegliati da un enorme boato.
La terra aveva tremato per trentasette lunghi secondi sullo stretto tra la Calabria e la Sicilia.
Un terremoto di magnitudo 7.1 aprì enormi voragini dove sprofondarono strade ed edifici. Fu una frana sottomarina ha provocare uno tsunami.
Tre onde altissime colpirono la parte della città esposta al mare.
Il terremoto colpì, con diverse intensità, la Calabria e la Sicilia.
Ma non è del terremoto che voglio parlarvi. Ho scritto il libro per raccontare, e far conoscere a tutti, cosa accadde dopo.
Con i soccorsi.
Cominciando col dire che il capo del governo Giolitti se la prese comoda. Molto comoda.
Erano già le 15.30 quando arrivò un dispaccio telegrafico con scritto poche semplici parole. “Messina distrutta”.
Ad inviarlo era stato il portalettere Antonio Barreca che si era fatto chilometri per trovare un trasmettitore funzionante.
Gli altri telegrammi arrivati in mattina lo avevano seccato. Lui, vero uomo di ferro settentrionale, infastidito da quei sindaci meridionali che si lamentavano sempre.
Capì che qualcosa di grave era successo solo alle 17.30.
Dopo aver ricevuto un altro messaggio.
Un messaggio lanciato dal cacciatorpediniere Spica che chiedeva aiuti urgenti.
Solo allora diede ordine di far salpare le navi italiane.
Ma quando arrivarono a Messina, il 30 dicembre, furono costrette ad ancorarsi in terza fila.
In soccorso erano già giunte navi straniere.
C’erano le navi russe "Makaroff", "Guilak", "Korietz", "Bogatir", "Slava" e "Cesarevič".
E le britanniche "Sutley", "Minerva", "Lancaster", "Exmouth", "Duncan", "Euryalus".
Era stato il sindaco di Siracusa, Giuseppe Toscano, a chiedere il loro intervento.
Dopo l’arrivo delle navi italiane Giolitti invitò le altre navi straniere a non intervenire.
Pur sapendo che almeno 10.000 persone in più si sarebbero potute salvare accettando quegli aiuti.
L’incrociatore inglese Minerva, in arrivo da Malta, non ascoltò “l’invito”.
Fortunatamente.
Da quell’incrociatore sbarcarono i pompieri per spegnere gli incendi in città. E visto che il sistema telegrafico era saltato lo stesso governo italiano lo usò per le comunicazioni.
Voi non potete immaginare la confusione.
Si mise di mezzo pure la burocrazia.
I viveri non potevano essere sbarcati senza l’adeguata autorizzazione. Assurdo.
Il governo aveva inviato sul posto 10.000 soldati.
In mancanza di viveri cominciarono a saccheggiare la città.
E tra saccheggi dei militari e delle bande, il governo fu costretto a dichiarare lo stato d’assedio.
E così, più che al salvataggio delle persone, Giolitti si preoccupò delll’ordine pubblico. Bastava aggirarsi tra le macerie alla ricerca di cibo e vestiti per essere fucilati.
Non mi sono inventato niente.
Leggete le cronache locali dell’epoca. Raccontano che esercito e carabinieri avevano come imperativo assoluto quello di difendere e proteggere soprattutto i caveau degli istituti di credito, a partire dalla Banca d’Italia.
Ovunque regnava il caos. Come in guerra. Furono i registri postali dei giorni immediatamente successivi al terremoto a svelare qualcosa di aberrante.
Un numero spropositato di soldati e ufficiali inviavano quotidianamente un gran numero di pacchi e somme di denaro alle famiglie
La cosa arrivò in Parlamento. Ma tutto fu messo a tacere.
Ma non era finita per i messinesi.
Come massima autorità di coordinamento era stato nominato il generale di Corpo d’armata Francesco Mazza.
Per prima cosa fece arrivare due pasticceri, da Napoli e da Palermo. Priorità.
Non lasciò mai la comoda nave.
Il "Duca di Genova" divenne un mondano quartier generale. Invece di aiutare i messinesi lui organizzava a bordo fastose cene per gli alti ranghi militari e civili.
A differenza del panfilo reale Sultana e del Britannia, trasformati in Ospedale.
La priorità del Mazza era recuperare contanti e valori nei caveau delle banche.
Per svuotare la città diffuse la notizia che i viveri si potevano ottenere solo salendo a bordo della navi.
Che una volta riempite partivano alla volta di Napoli. Non funzionò per molto.
Il 14 febbraio, dopo ripetuti fallimenti, il Generale Mazza fu costretto a lasciare l’incarico.
Da dove nasce l’espressione “non capire una mazza?” Ecco, appunto.
Quanti furono i morti? Dagli 80.000 ai 200.000.
Per impedire epidemie qualcuno pensò di bombardare Messina.
"Che cosa avremmo dovuto fare?" replicò Giolitti ai suoi avversari che gli rimproveravano la disorganizzazione dei soccorsi. "Prevedere che ci sarebbe stato un terremoto?".
Prevedere il terremoto no.
Impedire i saccheggi magari sì.
Come le 30.000 tende e 30.000 coperte offerte da Francia e Inghilterra sparite.O i viveri chiusi nei magazzini della "Cittadella" rubati. O evitare di fucilare i messinesi.Come il ragazzo di 15 anni che aveva preso tra le macerie una camicia e un paio di pantaloni per coprirsi.
Ricordate il libro di Giacomo Longo?
Il libro venne ritirato dal commercio e sparì. Fortunatamente una copia è stata ritrovata nel 1978.
Il libro è potuto così andare in ristampa grazie all'Associazione Amici del Museo di Messina.

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Oct 20
20 ottobre 1944, ore 7,58.
Dall’aeroporto di Castelluccio dei Sauri, vicino Foggia, si alzano in volo 36 bombardieri “B-24 Liberator” del 451° stormo “Bomb Group dell’USAAF”.
Gli obiettivi sono nel nord Italia.
Oggi uno in particolare: le acciaierie Breda di Sesto San Giovanni.
Un obiettivo secondario.
In quel periodo i bersagli militari importanti sono solo 3: lo stabilimento petrolchimico di Mestre, la raffineria Aquila di Muggia e la fabbrica d’aerei Reggiane, gruppo Caproni, di Reggio Emilia.
Gli altri tutti secondari.
Come le acciaierie Breda. Image
Il 451° stormo si avvicina all’obiettivo.
La formazione di attacco prevede 36 aerei a ondate di 18, composte di aerei in fila x due disposti a punta di freccia.
Oggi sono 35.
Uno è tornato alla base per problemi meccanici.
Gli altri procedono alla velocità di 160 miglia orarie
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Oct 17
Lungo un viale della città di Częstochowa si può incontrare una panchina.
Non la solita panchina, ma una panchina speciale, con una scultura in bronzo.
Raffigura una figura femminile seduta, con un gatto ai suoi piedi.
La targa dice che è dedicata a Halina Poświatowska. Image
Che poi sarei io.
Avrei dovuto immaginare che la mia vita non sarebbe stata per niente facile.
Fin dall’inizio.
Ero appena nata e già erano cominciati i problemi.
I miei genitori volevano chiamarmi Halina, ma il parroco, nel certificato di nascita, scrisse Helena.
Il motivo?
Secondo lui Halina non era presente nell’albo dei santi quindi aveva proposto ai miei genitori uno simile, Helena.
E quello scrisse nel certificato.
Una volta a casa i miei genitori continuarono a chiamarmi Halina.
A loro piaceva quello.
E pure a me.
Read 20 tweets
Oct 7
I suoi riferimenti non erano politici.
L’unica sua passione erano i film di John Wayne.
«Sono cresciuta in un ranch, dove non esistevano differenze tra i compiti dei maschi e quelli affidati alle femmine. Tutti dovevano lavorare duro, nessun veniva trattato in modo diverso».
Quando era diventata governatrice del Dakota del Sud, il 5 gennaio 2019, prima donna a ricoprire quella carica, iniziò da subito a farsi notare.
Pronti via e nel 2020, durante la pandemia del Covid-19, si rifiutò di sancire l’obbligo di indossare mascherine protettive.
Però nel 2020, come governatrice, avrà sicuramente vietato di tenere a Sturgis, una cittadina di 7.000 abitanti, lo “Sturgis Motorcycle Rally” uno dei più grandi raduni di motociclisti (circa 500.000) del mondo.
Ma figuriamoci.
Non ricordate il suo idolo John Wayne? Image
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Oct 5
Craxi lo aveva ripetuto più volte: il crimine è avvenuto su nave italiana, quindi in territorio italiano
La giurisdizione è nostra.
Anche Sigonella è in territorio italiano
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Facciamo un passo indietro
Giovedì 10 ottobre 1985.
Il piano americano è quello di intercettare il Boeing egiziano che trasporta i dirottatori.
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Image
Gli americani hanno messo sotto controllo il telefono di Mubarak e grazie ai servizi israeliani sanno dove è l’aereo e il suo contrassegno di coda.
Devono solo decidere dove farlo atterrare.
Creta e Cipro no.
Non darebbero mai l’autorizzazione.
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Sep 25
“Quando abbiamo adottato il modello della libertà, nel lontano 1860, in 35 anni siamo diventati la prima potenza mondiale”.
Ma di quale libertà sta parlando quest’uomo?
Di quale modello?
Noi, eravamo lì da migliaia di anni.
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Voi e la vostra “proprietà privata”.
Lo sapete che per noi la terra, il wallmapu, non appartiene a nessuno, ma è solo un territorio di cui prendersi cura?
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Sep 19
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