Marzo 1991. Dopo un interrogatorio del pool antidroga Maradona e l'avvocato penalista Luigi Ferrante stanno lasciando il palazzo di Giustizia. Ma mentre stanno per uscire, vengono invitati dalle forze dell’ordine a restare nell'ascensore,
per via della folla di tifosi e giornalisti all'esterno. Lì, l’allora trentenne Ferrante, non può fare a meno di dire: «Mamma mia, ma è sempre così?».
Diego abbozza un sorriso triste: «Gigi, è tutta la mia vita che è
così…». E subito dopo: «Avogado, giochi a calcio?». E lui: «Sì, ma insomma, per divertirmi eh…». «Bien - afferma Maradona - giovedì giochi con me. Ho una squadra di calcetto con Taglialatela e Careca ma Antonio si è stirato un muscolo e non ci sarà. Giochi tu!».
«Come io?» la risposta sorpresa dell’avvocato. Ma il giorno della partita, arrivò veramente.
«Arrivato al campo, Diego tirò fuori le seconde maglie ufficiali del Napoli, rosse, belle e particolari. Mi diede la 5, quella di Alemao, lui indossò la 9 di Careca. Era da settimane che
metteva più la 10. Perché, ma non lo ha mai detto ufficialmente, essendo un po’ fuori forma e in quella situazione, non se ne sentiva più davvero degno.
Le due squadre erano queste: Pino Taglialatela in porta, Luca (un giovane molto forte), Diego, il suo elettricista
ed io. Dall'altra parte quattro talentuosi giocatori di calcetto e il figlio del barbiere di Diego. Ne venne fuori una partita intensa e Diego non la voleva proprio perdere. Giocava con gioia e quando andavamo sotto nel punteggio scartava l’intera
squadra avversaria e ci riportava in vantaggio. Mi colpì questa sua felicità nel giocare a pallone, quella che provano i bambini che ancora non sono gravati dai pensieri della vita adulta. Fantastico…»
Ma c’è un altro particolare di quella partita che Ferrante ama ricordare
«perché racconta il carattere di Diego. Era un leader assoluto. Io iniziai molto contratto, capirete: giocavo con Maradona! Taglialatela in porta parava l’imparabile e a un certo punto presi palla e lanciai Diego. Lui, mentre agganciava il pallone per poi
scaraventarlo in rete gridò: “Bella palla!”. Un elogio a un operaio del calcio quale ero io. Nella partita incoraggiò tutti e non mi rimproverò mai per gli errori di gioco. Capii perché gli altri calciatori professionisti lo adoravano... E a fine gara, negli
spogliatoi, Maradona raccolse le maglie da terra... Quasi fosse un magazziniere. Oh, Maradona! Mise tutto a posto, ci ringraziò e andò via. Quell’episodio di Agnano mi svelò il vero animo di Diego: amava il calcio in ogni sua espressione e era stanco
delle pressioni esasperate del football professionale. Era innamorato del pallone. Quando glielo hanno tolto, ha cominciato a morire».