Ogni tanto (molto spesso, in realtà, ma soprattutto in giornate come questa) ripenso a dove sarei oggi se diciotto anni fa non avessi comprato quel greatest hits in autogrill, spinto dalla pura e semplice curiosità, dalla necessità di colmare una lacuna nel mio percorso musicale.
A che persona sarei oggi se interi dischi, stralci di interviste, esibizioni live raccattate in maniera carbonara, costumi, pose, tagli di capelli, note biografiche recuperate da ogni libro a disposizione sul mercato -
- apparizioni in film magnifici e film mediocri non si fossero impressi in maniera indelebile nel mio cervello, plasmandone in maniera completamente e irrimediabilmente diversa i confini.
Non so neanche se sarei sopravvissuto, alle circostanze e soprattutto a me stesso, senza quella voce a darmi un appiglio nel buio mentre tutto il resto crollava pezzo dopo pezzo, nonostante i miei sforzi vani per tenere tutto insieme.
O se sarei riuscito a percorrere tutta quella strada a piedi, la stessa che divide il ragazzino che ero dall'uomo che sono diventato - la stessa a cui ogni tanto torno a guardare con sorpresa e vergogna, ma comunque una strada, un percorso, un viaggio verso altro, in avanti.
Ogni tanto ci ripenso, soprattutto in giornate come questa, soprattutto quando ogni cosa sembra di nuovo sul punto di crollare, e scopro di aver comunque la forza di rimanere in piedi e tentare di far rimanere in piedi anche il resto. Di esser diventato un appiglio a mia volta.
È quando mi rendo che gran parte dell'idea di futuro che ho costruito nella mia testa, quella che mi ha fatto andare avanti anche quando il solo pensiero di avere ancora un giorno davanti sembrava un'impresa oltre le mie forze, era la stessa che avevo trovato nelle tue canzoni.
Qualcosa di difficile, distopico e decisamente tendente all'apocalittico - ma comunque possibile, fattibile, ancora capace di essere plasmato almeno in parte da quel mezzo grammo di forza interiore che non sapevo ancora di avere - che è niente, ma è abbastanza per tirare avanti.
Ripenso al conto di quello che ti devo e continuerò a doverti per ancora molto tempo. A un "grazie" che è un pegno ben misero e parecchio insufficiente, ma che per il momento dovrà bastare.
Grazie per aver salvato questo pezzo di teenage wildlife, per tutte le cose perse e quelle guadagnate, per tutta la strada che (nonostante tutto, e per fortuna) rimane ancora da fare. Grazie, soprattutto, per avermela mostrata.
Fare well and fare forward, starman. ⚡
(E con questo giuro che la chiudo e che di Bowie in toni tra il lacrimevole e il messianico tornerò a parlarne solo l'anno prossimo. Nel mentre, come sempre, lascio a lui l'ultima parola: )