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"Lavoro moltissimo. Ma non posso pensare di fare altro che la cattedrale. È un lavoro enorme!" scrive Monet nel 1893 al suo gallerista.
Aveva iniziato questa sua nuova serie sulla cattedrale di Rouen l'anno prima, dipingendo forsennatamente per oltre 10h al giorno,da uno stanzino
affittato in un palazzo di fronte, che a un certo punto era stato costretto a lasciare e cercarne uno accanto - perciò le 31 tele della serie da un dato momento appaiono leggermente diverse nella prospettiva.
Aveva iniziato qualche anno prima coi covoni, poi era passato ai pioppi
finché, esasperato dai continui mutamenti della natura che lo costringevano a rivedere costantemente il lavoro e non finire mai di rimetterci il pennello, aveva deciso che la facciata della cattedrale, ricca di statue ma immutabile, poteva fare meglio al caso suo. Voleva studiare
la luce e l'effetto che questa produce sulla ns percezione della realtà (cosa ben diversa dalla realtà oggettiva), l'effetto delle condizioni meteo sull'atmosfera e i colori, la variazione da un'ora all'altra del giorno, e tra le stagioni. Così nascono le serie, da un pensiero
progettuale molto impegnativo.
La natura è il 1°oggetto d'interesse, già prima delle serie. Le lettere che scrive al gallerista, a Alice, agli amici sono bellissime, c'è tutta la sua frustrazione, la fatica, l'affanno della sua ricerca, l'impazzimento e la rabbia. "Sono assoluta-
mente scoraggiato e scontento di ciò che ho fatto qui. Ho voluto fare troppo bene e ho finito col guastare quello che era fatto bene. Ora abbandono tutto e me ne torno a casa. E non sballerò nemmeno le mie tele. Non voglio vederle finché non mi sarò calmato!" Oppure "Quanto più
vado, tanto più vado male. Lavoro a forza senza avanzare, cercando, brancolando, senza sboccare a granché, ma al punto da essere stremato."
Esigente con se stesso fino all'eccesso, autocritico fino alla frustrazione. "Ci divento pazzo! E disgraziatamente me la prendo con le mie
povere tele. Un gran quadro di fiori appena fatto l'ho distrutto, e così 3 o 4 tele che avevo. Non solo grattate. Le ho proprio bucate!" Cosa che, leggendo la corrispondenza, si capisce che faceva non di rado. "Sono deciso a piantare tutto" scriveva, in preda ai nervi. Perché cmq
la natura era mutevole. Magari pioveva per giorni, le foglie cadevano, i rami si spezzavano, i petali fradici si trasformavano irrimediabilmente fino ad essere irriconoscibili. E lui, sotto il sole a picco o le intemperie,coi suoi reumatismi, dopo tante scarpinate per trovare ciò
che cercava e aver iniziato a dipingerlo, si ritrovava davanti tutt'altro dopo un temporale o una nevicata, e allora lavorava contemporaneamente a 5, 6 tele, fino a 9. "Ho consumato tutte le mie tele, le scarpe, le calze, persino i vestiti. Sono stanco, a volte molto stanco, di
questa lotta continua, di questo mestiere da cani."
E così arrivò alla cattedrale. Per dipingere la quale non doveva andare in mezzo alla campagna e poteva stare al riparo dietro a una finestra. E con 20 di queste 31 tele ne uscì una personale nel '95, stavolta ben organizzata, e
finalmente sembrò ben consapevole, forse per la prima volta, del proprio valore. Dopo tanti tormenti, evidentemente alla fine era soddisfatto. E sparò al gallerista una cifra stratosferica: 15mila franchi a pezzo. Ho letto che a occhio e croce era l'equivalente di 75-100mila €.
Il gallerista penso che sgranò gli occhi come me,provando magari a obiettare qualcosa. Ma 3 pz vennero venduti ancor prima dell'inaugurazione e penso che alla fine si dovette ricredere. Era finalmente chiaro a tutti (forse più di tutti a Proust) che nella pittura era successo qcs
da cui non si sarebbe più tornati indietro e soprattutto che non si poteva più sbeffeggiare come tanta critica ortodossa aveva fatto, con grande delusione e sconforto di Claude. Clemenceau, politico illustre del tempo, si batté non poco perché lo Stato acquistasse in blocco tutta
la serie della Cattedrale. Non vi riuscì. Ma ne scrisse un'esegesi ammiratissima, chiedendo anche scusa per essersi concesso per un giorno di rubare il mestiere ai critici d'arte.
Insomma, Monet c'era riuscito. Voleva dimostrare come la luce, a seconda del tempo, dell'ora, della
stagione, mutasse l'aspetto delle cose e dei colori. Tutti i colori del mondo ma non il nero, neanche per le ombre: "il nero non esiste!"
Così dicono che quando morì, Clemenceau fece togliere il drappo a lutto dalla bara. "No! Niente nero per Monet!". E la ricoprì di fiori. :)
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Gli americani scelgono Sigonella per fare atterrare l'aereo Egyptair che hanno dirottato con a bordo il commando palestinese, perché commettono un errore. Anzi,lo commettono per ben 2 volte:
Il diplomatico che sceglie Sigonella non si ricorda che non è una base Usa. Il comandante
della flotta Usa di stanza a Gaeta, che dà conferma, neanche.
Ma Sigonella in effetti è una base italiana a disposizione degli Usa unicamente per azioni approvate dalla Nato. In assenza di questo prerequisito, è suolo italiano e gli Usa devono chiedere il permesso all'Italia per
usufruirne. Il comandante della base è italiano, con un'unità destinata a vigilanza, sicurezza e quant'altro.
Ciò accade probabilmente perché, nonostante i trattati, gli Usa hanno sempre pensato che scripta volant e di poter cmq fare qui quello che vogliono (e infatti, in gene-
La foresta labirintica in cui i soldati si perdono in "Paura e Desiderio" di Kubrick, che induce smarrimento e poi terrore, è solo il preludio di tanti labirinti della mente a venire. È il punto in cui l'uomo diventa paranoico e percepisce tutto come ostile, persecutorio, e vi
reagisce nel peggiore dei modi, in un loop.
L'essere umano è essenzialmente un animale terrorizzato e, in fondo a questo terrore, è costretto a prendere coscienza della sua condizione, ad "aprire gli occhi". Se non riesce a fare questa operazione, però, l'esito è nefasto e la
distruzione appare come orizzonte inevitabile.
Nel 1° film c'è un soldato che tenta di stuprare una ragazza: esemplificazione perfetta della distruzione e distruttività dell'umano che smarrisce sé stesso. E poiché non vi riesce, reagisce al [senso di] impotenza non ancora a
Vi linko un video strapieno di cosette deliziose di Eva Cantarella.
Le Olimpiadi antiche, che vengono interrotte nel 393 dC da Teodosio che vieta tutti i giochi religiosi pagani, hanno anch'esse un loro mito fondativo.
Enomao, re di Olimpia, aveva una figlia che doveva sposarsi,
Ippodamia, della quale sembra fosse innamorato. Perciò, per sceglierle il marito, inventa una gara.
Avveniva spesso che i matrimoni si decidessero con una gara, una scommessa, o sim, e sappiamo quanto in tutto questo cosa pensasse il "premio", cioè la ragazza, fosse assolutamente
ininfluente. Enomao non fa eccezione e pertanto indìce una gara di carri alla quale i pretendenti di Ippodamia dovranno vincere se vogliono prenderla in moglie. Se non vinceranno, verranno uccisi.
Una robetta leggera, insomma, in cui già da subito si capisce quanto il motto
Sempre qui, Avv.Repici:
"Al governo in questo momento ci sono gli sponsor della pista palestinese, depistaggio sulla strage di Bologna. Sottosegretario alla Difesa è la figlia di Pino Rauti, lo stratega del golpismo italiano.
Il PdC G.Meloni come fa, nelle sue interlocuzioni oni-
riche con la memoria di Paolo Borsellino, a raccontare che ha nominato la figlia di Rauti sottosegretaria alla Difesa? [...]
Oggi la pista palestinese su Bologna ormai è un residuo del passato, ciarpame da buttare nei rifiuti [grazie alla forza granitica dei familiari delle
vittime]. Io non so il 2 agosto prossimo cosa dirà il portavoce del Pres.Regione Lazio, o il Min.Lollobrigida, o Arianna Meloni, o Giorgia Meloni. È stato un suicidio di massa, a Bologna, oppure gli assassini erano i loro compagni d'armi e di partito??"
"Oggi non ci sono le condizioni politiche per accertare le verità [sulle stragi]".
"Nel palazzo del potere, il potere si rifiuta da più di 30anni di vedere l'elefante nella stanza. Qual è l'elefante? Sono le decine, centinaia di prove che dimostrano che
(📷 Letizia Battaglia)
le stragi del '92-93 furono stragi politiche eseguite dalla mafia per interessi che andavano molto al di là di quelli mafiosi, con l'intervento di apparati statali."
"Decine di collaboratori ci dicono tutti la stessa cosa, cioè che dal settembre '91 al febbraio '92 tutti i massi-
mi capi della regione di Cosa Nostra sono stati a discutere di un progetto politico che non era stato concepito dai mafiosi ma che era stato proposto dall'esterno. I collaboratori di giustizia ci dicono che era stato concepito da Gelli, dalla massoneria deviata, dalla destra
Da ascoltare.
Tra le tante cose, Ranucci racconta la storia della famosa intervista a Borsellino da lui recuperata, fatta dai 2 giornalisti francesi che indagavano sulla provenienza dei soldi di Berlusconi che stava aprendo La Cinq, e che costò il licenziamento di Biagi, Luttazzi
e Santoro. Ranucci nel 2000 ottiene una copia dell'intervista in cui Borsellino, poco prima di morire, parla di Berlusconi, Dell'Utri e Mangano. Era il 1992. Da abbinarci c'era un'intervista a Salvatore Cancemi, boss di Cosa Nostra, che aveva partecipato alla strage di Capaci,
e che Ranucci era riuscito straordinariamente a intervistare, in cui si parlava della Trattativa (già nel 2000), del Papello di Riina e delle riunioni per le stragi cui partecipava. Parlava anche di Berlusconi che pagava Cosa Nostra. Insomma, diceva un sacco