Perché questa domanda stupida Johannes?
Mi chiedi se un secolo fa, quando venni al mondo, le donne erano più propense a materie di accudimento? Guarda che le donne hanno, fin dall’antichità, contribuito in modo significativo allo sviluppo scientifico.
Certo, abbiamo dovuto superare ostacoli e barriere importanti e molte donne non hanno visto riconosciuto il proprio lavoro.
Per esempio, quando pubblicavano il loro lavoro su riviste scientifiche, incredibilmente il loro nome spariva e al posto compariva quello di un maschietto.
È successo anche a me. Quando feci quella scoperta.
Ricordo che più ne parlavo più loro mi prendevano in giro.
Molti anni prima, nel 1858, Antonio Snider-Pellegrini lo aveva ipotizzato trovando fossili di piante praticamente identici sia in Europa che negli Stati Uniti.
Molti anni dopo era stato Alfred Wegener a parlare di quella teoria.
Ma anche lui senza riuscire a dimostrare perché si muovessero. E neppure come di muovessero.
Forse la rotazione terrestre? Chissà.
Ebbene, io misi tutto nero su bianco.
Chi sono e di cosa sto parlando?
Mi chiamo Marie Tharp e sono nata in una cittadina del Michigan il 30 luglio 1920.
Papà era impiegato come geometra presso il Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti d'America e fu lui a insegnarmi i primi rudimenti di cartografia.
Questo perché papà girava per i vari Stati per mappare i suoli.
Inizialmente mamma voleva che facessi l’insegnante. Da grande mi sarebbe piaciuto fare altro, per questo mi laureai in geologia presso l’Università del Michigan.
È vero. Fino a quel momento erano poche le donne che si laureavano in quel settore. Forse meno del 4%. Ma gli uomini erano partiti per la guerra e le Università erano costrette ad accettare le donne in settori riservati fino ad allora ai soli uomini.
Che teneri, vero?
La laurea non mi bastò. Il master in geologia petrolifera invece mi permise di essere assunta dalla Standard Oil and Gas nella città di Tulsa. Tutto bene? Non proprio. Speravo di poter andare in giro per il mondo alla ricerca di petrolio.
Mi misero in ufficio.
Così me ne andai.
Dopo aver ottenuto nel 1948 la laurea in matematica mi trasferii a New York al Lamont Geological Laboratory presso la Columbia University.
Fu lì che lo incontrai.
Quel simpaticone di Bruce Heezen, intendo.
Iniziando con lui a disegnare mappe dei fondali sottomarini.
Alla ricerca di aerei militari abbattuti sul mare durante la guerra.
Convinti della necessità di disegnare una mappa topografica di quei fondali, finalmente nel 1952 ci vennero concessi i fondi necessari per intraprendere una missione a bordo di una nave oceanografica.
Tutto bellissimo quindi, direte voi.
Tutto bellissimo un corno.
Sulla nave oceanografica del Lamont Observatory ci salì solo Heezen con altri suoi collaboratori.
Per il solito stupido motivo.
Alle donne era vietato lavorare sulle navi di ricerca. Roba da uomini dicevamo.
Il mio compito?
Restare a casa e ricevere i dati della superficie topografica dei fondali raccolti con un ecoscandaglio. Quindi analizzare ed elaborare quei dati, per poi realizzare una mappa.
Un lavoro tutt’altro che semplice.
Che mi fece fare un’incredibile scoperta.
Ricordate la teoria di Wegener?
Non vi ho detto che si trattava della teoria della deriva dei continenti, da cui si sarebbe poi sviluppata un’altra teoria, quella della tettonica a placche.
Analizzando i dati inviati da Heezen scoprii una vasta frattura geologica.
O rift valley come viene chiamata.
Alfred Wegener aveva ragione.
C’era una profonda frattura a partire dalla quale il fondale si stava espandendo.
Avevo disegnato, controllato, corretto, ridisegnato e ricontrollato.
Era tutto vero. Avevo fatto una scoperta incredibile.
Portai tutto al collega Bruce, sì, quello simpatico.
Che analizzò la mappa. Nessuno al mondo credeva alla deriva dei continenti. Neppure lui. E una ragazza gli stava dimostrando il contrario. Giudicò il mio lavoro come “chiacchiere di ragazza”. E la cosa finì lì. Simpatico vero?
Chiacchiere di ragazza un corno.
Per sminuire il mio lavoro iniziò a parlare di espansione terrestre.
Che non c’entrava un fico secco naturalmente.
Quando chiamò Howard Foster per tracciare su mappa la localizzazione degli epicentri dei terremoti finalmente capì.
Che avevo ragione.
Ora si poteva parlare tranquillamente della deriva dei continenti e della tettonica a placche.
Perché continuo a definire Bruce “quel simpaticone”? Perché nel 1957 pubblicammo insieme la prima mappa fisiografica del Nord Atlantico.
Quando poi, dal 1959 al 1963 lui iniziò a pubblicare articoli sulla teoria della tettonica a placche, il mio nome sparì.
Scomparso, svanito nel nulla.
Tutto il merito della scoperta a lui, al simpatico Bruce Heezen.
Comunque con lui ho continuato a lavorare.
Imbarcata finalmente su una nave di ricerca concludemmo un lavoro immane.
Un’opera grandiosa, il World Ocean Floor Panorama, un atlante del fondale degli oceani.
Anche Jacques Cousteau era scettico sulla mia scoperta.
Era certo di poter dimostrare che mi sbagliavo.
Non esisteva nessuna fossa tettonica sul fondo dell’oceano. Era il 1959 quando prese la sua nave da ricerca, la Calypso, e attraversò di proposito la dorsale medio-atlantica.
Abbassò la cinepresa subacquea e iniziò a scandagliare il fondo.
Non c’era nessuna fossa tettonica, lo sapeva, nessuna Rift Valley.
Poi all’improvviso notò qualcosa di strano.
E capì che avevo ragione.
"Un'immagine vale più di mille parole” scrissi in un saggio nel 1999.
Dagli anni sessanta, ho cominciato ad avere qualche riconoscimento. Ho lavorato con Heezen, poi, alla sua morte, ho continuato da sola.
Nel 1995 ha regalato tutte le mie mappe alla Biblioteca del Congresso degli USA. Sono morta a Nyack, nell'agosto del 2006, all'età di 86 anni.
Dicevano che erano tutte materie per soli uomini.
Ma bastò una donna, Marie Tharp, per sconvolgere quel modo di pensare.
Per far accettare alla comunità scientifica che si occupa delle Scienze della Terra la teoria della tettonica a placche e della deriva dei continenti.
Grazie al geologo sismico @otreborilisab per avermi suggerito di raccontare la storia di Marie Tharp. Aggiungendo alla richiesta che “senza il prezioso lavoro di Marie Tharp di ieri, il mio lavoro di oggi sarebbe molto meno efficace, o non sarebbe proprio”.
In realtà, come mi ha spiegato proprio @otreborilisab, oggi di deriva dei continenti non si parla più. La tettonica delle placche ha completamente soppiantato la teoria di Wegener (a cui va il merito dell’intuizione sul movimento dei continenti, ma senza spiegarne il meccanismo).
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Ieri sera ho concluso il thread sugli sprechi nella ricostruzione in Irpinia con:
"Esiste una storia, uno spreco che più di ogni altro può rappresentare quell'enorme sperpero di denaro? Esiste.
Eccome se esiste.
E riguarda una fabbrica che doveva imbottigliare vino".
Iniziamo.
Giugno 1990.
Palazzo San Macuto è la sede della commissione d’inchiesta presieduta da Oscar Luigi Scalfaro.
Oggi è un giorno particolare.
È stato convocato da Scalfaro Elveno Pastorelli, da tre anni commissario straordinario per la ricostruzione.
Nei mesi precedenti sono stati ascoltati Misasi (ministro del Mezzogiorno) e Vito Lattanzio (Protezione civile).
Tutti tendono a minimizzare, a dire che le cose stanno andando bene con la ricostruzione.
Certo, con qualche ritardo, ma secondo loro va tutto a meraviglia.
Gli sperperi di denaro pubblico post terremoto dell’Irpinia sono ormai entrati nella storia di questo Paese.
Una brutta storia, riassunta in dieci volumi presentati al Parlamento il 5 febbraio 1991 e inviati a varie procure da una commissione d’inchiesta presieduta da Scalfaro.
La commissione aveva il compito di verificare l’ammontare dei finanziamenti per la ricostruzione delle zone colpite dal sisma del 1980.
Di più.
Doveva controllare lo stato di avanzamento dei lavori, le modalità, l’impatto ambientale e territoriale.
Sull’impatto territoriale i tecnici del servizio Impatto ambientale del Min. dell’Ambiente parlarono chiaro: “la scelta dei tracciati dove ricostruire case, industrie e strade è avvenuta indipendentemente dalle condizioni geomorfologiche, geologiche e geotecniche dei terreni.
26 settembre 1983 - “E’ necessario eliminare il pagamento a piè di lista.
Bisogna distribuire i fondi che servono, ma chi supererà il tetto prefissato dovrà risponderne”.
Una dichiarazione di buon senso appena espressa dal Ministro della Sanità del Governo Craxi.
Si chiama Costante Degan, Dc, cattolico.
Una persona perbene, capace di mettere ordine senza stravolgere.
Rispettoso di tutto e tutti.
Craxi ha tre obiettivi: una diversa politica dei redditi, la riduzione dei costi del sistema previdenziale e quelli del servizio sanitario.
Il lavoro, quest’ultimo, proprio di Degan.
Sul primo punto ci sarà da ridere (o piangere) poiché su questo tema lo scontro col PCI è frontale.
Solo a parlare di blocco della scala mobile a qualcuno si sono già rizzati i capelli.
Vedremo come andrà a finire.
Correva l'anno 1983.
Quando Pietro Longo arriva al Bilancio, nel Governo Craxi, nel FIO ci sono ancora 1.210 miliardi assegnati, ma non ancora spesi.
A questi stanno per aggiungersi quelli assegnati per il 1984.
Ma cos'è il FIO?
Facciamo un passo indietro.
A un anno prima.
Anno 1982.
Viene creato il Fondo per gli Investimenti e l’Occupazione (FIO) con lo scopo di "sostenere gli investimenti pubblici, soprattutto tramite l’analisi di progetti di rapida esecuzione e di importante impatto sociale, in situazioni di restrizioni della spesa statale".
Giorgio La Malfa ha avuto un’idea straordinaria per quanto riguarda i progetti presentati al FIO.
I finanziamenti gestiti da questo ente, almeno quelli effettivamente destinati agli investimenti, sono risorse pubbliche che devono essere spese con lungimiranza.
Pur nella disgrazia ebbi la fortuna di non vederle separate.
Sono infatti morto il 25 ottobre 1945, quattro anni prima della perdita di una delle mie gemelle.
Sicuramente non avrei resistito all’immenso dolore di quella separazione.
In fondo erano da sempre le mie creature.
Le mie bellissime creature.
Mi chiamo Francesco Rotundi, nato a Foggia il 10 luglio 1885.
Come nacque l’amore per quelle come loro?
Avevo quindici anni, quando durante una gita scolastica al porto di Manfedonia ebbi l’occasione di vederle.
Erano bellissime.
E cominciai a sognare.
A sognare di progettarle, intendo.
Da qui gli studi e la laurea in ingegneria navale a Genova.
Poi l’entrata in Marina, e come ufficiale del Genio navale l’incarico di direttore degli Arsenali di Venezia, Taranto e Napoli.
Ma quel sogno era sempre lì.
Fino a quando…
Un tempo era un vanto.
Oggi solo un lontano ricordo, anche per i più anziani.
I più giovani molto probabilmente non l’hanno mai visto, neppure in fotografia.
Dispiace, perché fu qualcosa di straordinario.
Perché la mia, anzi la nostra, fu un’impresa straordinaria.
Una sfida quasi impossibile.
Alzare quel prestigioso trofeo, intendo.
Creato nel 1838 era stato vinto per venticinque volte dagli inglesi, sette dai tedeschi e una dagli americani, nel 1852.
Nemmeno una volta da noi italiani.
Una sfida quindi, "quasi" impossibile.
Il piano era stato preparato in gran segreto quando era ancora in allestimento nei Cantieri Ansaldo di Sestri Ponente.
Era il 1931 e sarei stato io il suo comandante.
Mi chiamo Francesco Tarabotto, Capitano superiore di lungo corso diplomato all'istituto Nautico di Genova.