@volley66 e @gestoredirete mi hanno suggerito di riproporre una storia che ho già raccontato su Twitter il 18 settembre 2019.
Una delle tante storie di sport che ho inserito nell’ultimo libro “Non esistono piccoli campioni”. @peoplepubit
La favola di un ragazzo cresciuto vendendo borse, occhiali, orologi e scarpe. Merce contraffatta.
L’unico modo per poter tirare insieme un pasto.
L’unico, quando sei un immigrato clandestino.
Ma lui e la sua famiglia volevano solo un futuro migliore.
Nulla di più. Gli piaceva giocare a basket, quello sì, come ai suoi fratelli. Ma senza sogni nel cassetto.
Quello era sempre vuoto, com’era spesso la loro tavola.
Ma le favole devono avere un lieto fine, altrimenti che favole sono.
E qui inizia la storia di quel ragazzo.
Ogni volta accade sempre la stessa storia.
Quando un Paese si trova ad affrontare delle difficoltà c’è sempre qualcuno pronto a trovare un capro espiatorio, a incolpare qualcun altro.
E di solito è il classico immigrato extracomunitario, arrivato solo per rubare il lavoro.
Successe anche alla mia famiglia.
Era il 1992 quando mio padre Charles e mia madre Veronica arrivarono in Grecia alla ricerca di un futuro migliore.
Fuggiti dalla Nigeria, speravano di trovare in quel Paese aiuto e solidarietà.
Non fu così.
Un futuro segnato da vent’anni di clandestinità in una nazione poco ospitale.
E’ lì che siamo nati, io e i miei fratelli.
Mi chiamo Giannīs, Giannīs Antetokounmpo.
Non fu facile crescere nel quartiere periferico di Atene, Sepolia.
Senza un lavoro e senza soldi. E tanta fame
Vendevamo per strada oggetti di ogni genere.
Borse, occhiali, orologi e anche scarpe.
Roba contraffatta, naturalmente.
Ma il denaro a casa era sempre poco.
Vivevamo nella paura, non solo dell’estrema destra di cui eravamo bersaglio, ma anche di essere rispediti in Nigeria.
Ma io e mio fratello Thanasis avevamo una dote. Eravamo altissimi, con un fisico eccezionale.
Fu per quello che iniziammo a giocare a basket.
Ma mai insieme. Perché?
Perché avevamo solo un paio di scarpe da gioco.
Le uniche che potevamo permetterci.
Continuavamo a crescere.
Thanasis arrivò a due metri, io fino a due metri e 11 centimetri.
Nella stagione 2012-2013 ero soltanto un giocatore della Serie B greca, poi…
Poi il basket americano si accorse di me e i Milwaukee Bucks mi selezionarono, anche se solo alla quindicesima chiamata del Draft NBA.
Fu allora che la mia vita cambiò. A cominciare dal cibo.
Al termine delle partite c’era una sala per rifocillare noi giocatori.
Io riempivo borse enormi di cibo. Nella mia vita nessuno mi aveva mai regalato tutta quella roba, accidenti. Non riuscivo a dimenticare il mio passato
Così quando vidi un mio ex compagno buttare un paio di Sneakers usate lo rimproverai.
«Ma queste sono buone scarpe! Non le puoi buttare!».
Avevo sempre in testa quel ricordo.
Quell’unico paio di scarpe che alternavo con mio fratello.
Rimasi sbalordito quando un altro compagno di squadra, Larry Sanders, mi regalò un paio di scarpe Gucci.
Io, quelle scarpe le vendevo per strada.
Naturalmente taroccate.
E ora ne avevo un paio autentico. Ero felicissimo.
E così nel 2016 ho rinnovato il mio contratto con i Milwaukee. Per quattro anni. E 100 milioni di dollari.
Niente male per un ragazzo di ventidue anni, greco, di origini nigeriane.
«Alcune sere, se non vendevamo niente non c’era nulla per cena. È stata durissima».
Giannīs Antetokounmpo è stato nominato MVP, ossia miglior giocatore della stagione 2018-19.
Durante il discorso di ringraziamento, è scoppiato a piangere.
Perché «quando sei bambino, tu non vedi un futuro. Ma se hai dei bravi genitori, sono loro a vederlo per te».
Quella di Giannīs Antetokounmpo è la storia di un immigrato “clandestino” diventato una stella. E’ vero, Giannīs si è creato con l’impegno le proprie occasioni. Ma soprattutto non ha trovato sulla sua strada qualcuno disposto a tutto pur di impedirgli di averle, quelle occasioni
E oggi la favola di quel “ragazzino” continua.
Giannis Antetokounmpo ha trascinato la sua squadra, i Milkwaukee Bucks, dopo 50 anni, al titolo NBA.
In gara 6 ha realizzato 50 punti, 14 rimbalzi, cinque stoppate e 17 su19 dalla lunetta.
Dichiarato miglior giocatore della serie.
“I miei genitori hanno fatto sacrifici enormi per me. Mia madre ha lavorato durissimo…mio padre invece mi sta guardando dal cielo. Non posso che dedicare a loro, ai miei fratelli e alla mia compagna questo titolo. Se sono arrivato fino a qui il merito è loro".
Per la prima volta nella storia NBA tre fratelli hanno vinto un titolo.
Giannis e il fratello Thanasis, che gioca nella stessa squadra, ma assente dai festeggiamenti causa protocolli anti-Covid.
E il più giovane Kostas, che l’anno scorso ha vinto il titolo con i Lakers.
Dimenticavo.
Nel dicembre del 2020 Giannīs Antetokounmpo ha rinnovato il contratto con i Milwaukee Bucks.
228 milioni di dollari per 5 anni.
Niente male, per un ragazzino senza futuro.
Che oggi può dire a tutti i ragazzi: “Credete ai sogni, per quanto pazzeschi siano”.
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E' l'inverno 1944 – Mi chiamo Sara e ho tredici anni.
Tre anni fa vivevo in Lituania, con tutta la mia famiglia.
Poi erano arrivati i tedeschi.
Mio padre e mio fratello sono stati rinchiusi nella "Fortezza numero sette".
So che sono stati uccisi con altre centinaia di ebrei.
Mia mamma e mia sorella sono state portate altrove.
Non so dove.
A soli 10 anni sono rimasta chiusa in un campo per bambini per ben tre anni.
“Avevo perso totalmente la nozione del tempo, non sapevo più che giorno fosse, notavo soltanto il cambiamento delle stagioni”.
Ho 13 anni.
E' un freddo giorno d’inverno e i tedeschi hanno radunato noi bambini.
Siamo stati caricati su carri bestiame.
Un viaggio lungo.
"Quale dovrebbe essere lo spirito di un giornale?
Quello della verità".
Lo scrissi l’11 ottobre del 1981.
“Ritengo infatti che in una società democratica e libera, quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società”.
"Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza e la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili.
Pretende il funzionamento dei servizi sociali.
Tiene continuamente allerta le forze dell’ordine…”
“Sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo.
Se un giornale non è capace di questo, si fa carico anche di vite umane.
Persone uccise in sparatorie che si sarebbero potute evitare se la pubblica verità avesse ricacciato i criminali”.
Come raccontato in questo thread , ai giovani mafiosi italiani la spartizione di New York fatta dal vecchio Maranzano non è andata giù.
Hanno idee nuove.
La violenza quando serve, tanto basta usare politici compiacenti e una polizia corrotta per fare affaribit.ly/3PkDMrN
Bisogna però uccidere Maranzano, che ha il killer “cane pazzo” a guardargli le spalle.
E soprattutto eliminare tutti i vecchi capi.
In totale sono una sessantina.
Non vogliono correre rischi.
Tutto deve essere fatto in modo perfetto.
Dal rapporto della polizia di New York...
«Alle 14.50 del 10 settembre 1931, certo Salvatore Maranzano, sesso maschile, razza bianca, abitante al 2706 Avenue J. a Brooklyn venne pugnalato e colpito da pallottole di rivoltella che lo condussero alla morte negli uffici della Eagle Building Corporation stanza 925 e 926»
E' il 13 gennaio 1983.
Oggi nella sede della stampa estera conferenza stampa importante.
Il presidente dell’INPS Ruggero Ravenna sta illustrando la situazione del suo istituto.
Ravenna proviene dalla UIL e ha seguito l’iter di approvazione dello Statuto dei Lavoratori.
Ravenna è stato chiamato per correggere lo sfascio del sistema pensionistico.
E la conferenza stampa lo conferma: “I problemi finanziari dell’Ente non dipendono da incapacità degli amministratori o da una cattiva gestione".
Fino a quando l’INPS sarà obbligato a erogare prestazioni senza prevederne la copertura, non saremo in grado di risanare le finanze”.
Come stava l'INPS?
E come poteva stare con gente che andava in pensione dopo 15-20 anni di lavoro?
Vicino al collasso.
Mi chiamo Richard James Hart e nel 1908, a soli 16 anni, me ne andai da casa.
Brooklyn non era adatto a me.
Un ambiente troppo affollato e povero, con la sola prospettiva, per un ragazzino, di finire nelle mani della criminalità.
Verso ovest le prospettive erano migliori.
Avevo voglia di nuove avventure.
Per questo mi unii a un circo attraversando tutto il Midwest.
E fu durante quel viaggio che entrai in contatto con gli indiani d'America.
Ne rimasi affascinato.
Della loro cultura, intendo.
Grazie al circo diventai bravo con la pistola.
Allo scoppio della guerra mi arruolai nell'American Expeditionary Force, un contingente militare inviato in Europa durante la prima guerra mondiale a sostegno delle forze della Triplice intesa.
Per le mie qualità venni promosso al grado di tenente.
Nel thread di ieri vi ho raccontato di Al Capone che commise un errore.
Nel 1930 durante un controllo in un locale, il fisco rintracciò i rendiconti.
Dimostravano un incasso di 500.000 dollari negli ultimi 18 mesi.
Risultava però, come sempre, intestato tutto ad altra persona
Al Capone, presente durante il controllo, iniziò ad irritarsi, a dare in escandescenze e davanti ad un agente e a sette testimoni urlò sette parole che mai avrebbe dovuto pronunciare davanti al fisco: «io sono il proprietario di questo posto!».
Fu così che venne incriminato.
Il Gran Giurì accertò un reddito di un milione e 38.655 dollari con un imponibile di 219.260 dollari.
Lo accusò inoltre di 5.000 reati per violazione del Volstead Act di cui 4.000 solo per trasporto illegale di birra.
Al Capone aveva una sua convinzione sul fisco americano.