Già. Alla fine sono stato chiamato “l’inaffondabile”.
E sinceramente, se mi hanno affibbiato quel nomignolo, un fondo di verità c’è.
Ma è proprio grazie a quell’appellativo che oggi posso raccontarvi la mia storia.
Non ricordo chi mi imbarcò nel mio primo viaggio in mare sulla nave da battaglia Bismarck.
Era il maggio del 1941.
La Bismarck era battezzata così in onore del cancelliere Otto von Bismarck.
Una nave tedesca, varata il 14 febbraio 1939.
C’erano tutti ad assistere al suo varo.
Hitler, Raeder, Keitel, Göring, Goebbels, Hess, Ribbentrop, Himmler, Bormann e von Schirach.
Un vessillo della nuova potenza nazista.
Veloce, ben corazzata, con grande autonomia.
Nel maggio del 1941 l’operazione Rheinübung, con la Bismark e l’incrociatore pesante Prinz Eugen.
Al comando dell’operazione l’ammiraglio Günther Lütjens.
Sì, quello che non aveva fatto il saluto nazista durante un incontro con Hitler.
L’operazione Rheinübung aveva costretto la Bismark, su cui ero imbarcato, a cercare un porto di fortuna per riparare i danni.
La scelta fu quella di dirigersi verso Brest.
Gli inglesi ci stavano dando la caccia.
La caccia alla Bismarck.
Gli inglesi ci avevano affondato.
A bordo della Bismarck c'era un equipaggio di circa 2.200 uomini.
In realtà credo che si autoaffondò, lo so perché ero a bordo.
Chiedetelo comunque a Robert Ballard che oltre al Titanic ha ritrovato la Bismarck nel 1989.
Erano le 10.36 del 27 maggio 1941, quando la Bismarck affondò.
Fui tra i pochi a salvarsi.
Venni ritrovato dall’equipaggio del cacciatorpediniere britannico HMS Cossack, su di un’asse galleggiante. Già. Il cacciatorpediniere HMS Cossack.
Un cacciatorpediniere classe Tribal della Royal Navy, una nave da guerra britannica.
Non ho mai saputo perché cominciarono a chiamarmi Oscar da quel giorno.
Io non mi chiamavo Oscar. Almeno credo.
Era il 24 ottobre 1941 quando il Cossack venne intercettato dall’U-Boot tedesco U-563 durante una missione di scorta a un convoglio da Gibilterra al Regno Unito.
Fummo colpiti e tentammo di raggiungere Gibilterra. Inutilmente. Affondammo tre giorni dopo, il 27 ottobre.
Mi salvai anche quella volta.
Insieme all’equipaggio del Cossack, fui recuperato da una nave inglese, la Legion, e trasferito sulla portaerei HMS Ark Royal.
La Legion, proprio lei.
Quella che aveva partecipato all’affondamento della Bismarck.
Tutto è bene quel che finisce bene, quindi.
Insomma. Non proprio.
Sulla strada del ritorno verso Gibilterra la portaerei HMS Ark Royal, con me a bordo, venne colpita da un siluro lanciato dal sommergibile tedesco U-81.
Un disastro.
Avevamo le macchine allagate, ma ancora a galla.
La HMS Legion tentò di trainarci verso Gibilterra, ma sbandavamo paurosamente.
Il 14 novembre 1941 ci capovolgemmo verso destra.
Affondando.
Venni recuperato, aggrappato anche questa volta a pezzo di legno di legno, «arrabbiato, ma abbastanza in salute»
Sulla portaerei mi avevano dato l’appellativo di “Unsinkable Sam”.
Forse avevano ragione.
Ero praticamente inaffondabile.
Dopo il naufragio dell’Ark Royal venni rimpatriato nel Regno Unito.
Viziato e coccolato sono vissuto con un marinaio di Belfast fino alla mia morte, avvenuta nel 1955. Sinceramente, non ho mai capito tutti quegli onori.
Del resto su ogni nave in cui ero salito avevo fatto solo il mio dovere.
Combattere i roditori, in quanto gatto, era una consuetudine diffusa persino sulle navi fenicie.
Certo, sempre in salvo.
Noi gatti non abbiamo forse sette vite? O sono nove?
Non sono certo stato l’unico gatto a salire su una nave.
C’è stato Convoy, a bordo dell'incrociatore reale britannico HMS Hermione.
E la signora Chippy (che scoprirono essere un maschio) che accompagnò Ernest Shackleton nella sua spedizione in Antartide.
E Blackie, nella foto, accarezzato dal primo ministro britannico Winston Churchill a un incontro con il presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt a bordo della HMS Prince of Wales.
Perché ci portavano a bordo?
Per i topi certo, ma non solo.
Gatti, e anche cani, in guerra c’erano stati anche prima della seconda guerra mondiale.
Cosa c'è di meglio che un gatto o un cane per sollevare il morale delle truppe.
Alcuni studiosi ritengono inventata o esagerata la mia storia, la storia del gatto Oscar.
Perché mancano evidenze documentali e ci sono troppe contraddizioni, dicono. Non fateci caso.
In fondo, e di questo ne sono certo, a voi piace pensare che sia tutto vero.
Dimenticavo.
Ricordate l'ultimo salvataggio e il mio trasferimento dopo l'affondamento della Ark Royal?
Del mio ritorno in patria, nel Regno Unito?
Per arrivare sano e salvo a casa feci il viaggio utilizzando due navi.
Uno era il Lightning e l'altro il Legion (c'ero già stato ai tempi dell'affondamento del Cossack ricordate?)
Beh, il Legion affondò l'anno successivo nel 1942.
Il Lightning due anni dopo, nel 1943.
Ehi, perché fate quella faccia?
A cosa state pensando?
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«Troppo piccola» mi dissero.
«Non possiedi i giusti parametri fisici per giocare ad alto livello.
Non potrai mai giocare in Nazionale».
E io non capivo.
Amavo quello sport.
Avevo cominciato a giocarci a dieci anni e dopo soli tre anni avevo esordito nel campionato nazionale.
Nel campionato nazionale riservato alla mia categoria?
A quelle della mia età?
No.
Proprio nel campionato nazionale cubano di pallavolo femminile.
Niente male per una di 13 anni.
Ero piccola, è vero, rispetto alle altre, ma volevo giocare in Nazionale
Lo volevo con tutto il cuore
Se sei piccola e vuoi giocare a pallavolo ad alto livello non sono molte le possibilità.
Scelsi la più difficile, la più complicata.
Salto dopo salto, saltare il più in alto possibile.
E da lassù farmi notare.
Ci riuscii.
E a 15 anni il mio esordio in Nazionale.
Marzo 1958.
Che ci faccio chiuso in cella nel carcere Le Nuove di Torino?
Mi chiamo Aldo Cugini, discendente di una famiglia di imprenditori bergamaschi.
E’ successo tutto sabato 1° marzo, quando sono stato prelevato dalla polizia nella mia casa in Via Foro Boario 11 a Bergamo.
Continuano a ripetermi di stare calmo, di non agitarmi, ma vorrei vedere loro al mio posto.
Devo sposarmi tra un mese, ho un sacco di cose da preparare, tra cui tutti i documenti e poi ci sono gli ultimi acquisti da fare.
Parlano di un omicidio.
Cosa c’entro io con un omicidio?
Ieri, lunedì 17 marzo, sono venuti a trovarmi mio fratello, le mie due sorelle e la mia fidanzata, ma hanno autorizzato solo mio fratello per un incontro.
Che ho fatto di male per essere trattato così?
E’ tutto un equivoco, un errore, io non ho ucciso quell’uomo.
29 dicembre 1973.
Oggi le baby pensioni sono entrate in vigore col decreto DPR 1092.
Il 1973 se ne sta andando e molte cose sono accadute.
Il 14 gennaio il concerto di Elvis Presley, “Aloha from Hawaii” è il primo della storia della Tv ad essere trasmesso nel mondo via satellite
Il 27 gennaio gli accordi di Parigi hanno definitivamente messo la parola fine alla guerra del Vietnam e il 4 aprile a New York è stato inaugurato e aperto al pubblico il complesso “World Trade Center”, le famose “Torri Gemelle”.
Il 17 dicembre, un gruppo di terroristi ha attaccato un aereo della Pan Am a Fiumicino provocando 30 vittime.
Anno difficile, di forti tensioni sociali e gravi difficoltà economiche.
Una crisi petrolifera obbliga all’austerità e costringe molti di noi a sacrifici.
Ma non tutti
Giugno 1993.
Lui si chiama Paolo Bertozzo, 42 anni, imprenditore agricolo.
Lei Silvia, sbalordita ufficiale di stato civile del comune di Isola della Scala nella bassa veronese.
Ha appena acconsentito a mettere nero su bianco la richiesta di quell’imprenditore.
Quel documento, una volta protocollato, sarebbe finito poi sulla scrivania del sindaco appena eletto.
Ci sarebbero volute settimane o forse mesi per una valutazione da parte del sindaco.
E quel povero bambino, per la legge italiana, non sarebbe esistito.
All’inizio era sembrato uno scherzo.
Il Bertozzo non voleva registrare all’anagrafe quel bambino, nato cinque giorni prima, perché aveva letto che ogni bambino al momento della nascita aveva un debito verso lo Stato di 30 milioni di lire.
L'unica certezza è che non era sua intenzione.
Quella di riprendere i contatti col mondo esterno, intendo.
Ma in quel 5 marzo 1931, verso le quattro del pomeriggio, fu costretta a fare quello che non aveva mai fatto nei 24 anni precedenti.
Aprire la porta e chiamare aiuto.
"Cameriera, vieni qui! Corri! Mia sorella è malata. Chiama subito un dottore. Penso che morirà".
Accorsero in tanti nella sua camera, nella suite 552 dell’Herald Square Hotel.
A cominciare dal direttore.
Poi arrivò il medico del vicino Hotel McAlpin.
E infine il becchino.
Sua sorella, miss Mary E. Mayfield, giaceva sul divano coperta da un lenzuolo.
Ed era ormai morta.
Quello che videro entrando in quella stanza fu qualcosa di sconvolgente.
C’erano pile di giornali ingialliti in ogni angolo.
Scatole vuote di cracker, gomitoli, carta d’imballaggio.
Mi hanno dato per morto sei settimane fa.
Ho dovuto smentire dal letto dell’ospedale.
Oggi, 22 Dicembre 2016, invece è successo veramente.
A Toronto, a causa di un’insufficienza respiratoria.
E’ strano che siano stati proprio i polmoni a fermarmi.
All’età di 72 anni hanno scritto i giornali.
Perché sarei nato nel 1944.
Altri hanno scritto che sono nato nel 1938.
Volete sapere una cosa?
In realtà nessuno conosce la mia vera data di nascita.
Da dove provengo le certificazioni anagrafiche lasciano il tempo che trovano.
Sono nato infatti in Etiopia.
Dopo avere passato l'adolescenza lavorando in fabbrica, mi sono arruolato nell'aviazione etiope.
Fu durante quel periodo che scoprii il mio talento per il mezzofondo.