Non pubblicheremo alcune foto che possono dare fastidio. Ma fidatevi. Le immagini delle schiene e delle braccia dei giovani profughi pestati nelle foreste comprese tra Polonia e Bielorussia sono un bel pugno in faccia.
Te le passano di nascosto mentre percorri i corridoi dell'ospedale e ti sussurrano che probabilmente "è stata la polizia".
E pochi minuti dopo vedi piangere una giovane madre curda sdraiata nel letto dell'ospedale, perché, ti spiega, da quando l’hanno ricoverata d'urgenza../..
le autorità polacche non le dicono dove sono finiti i suoi bimbi. "Li hanno messi in un centro, non mi spiegano dove. Quando mi dimetteranno non so se li rivedrò".
La dottoressa, emozionata, ti dice che non può aggiungere molto, il suo volto è segnato dalla paura.
Sab invece sorride, è uno yazida sfuggito all'Isis, ha le cosce e le ginocchia devastate dalle torture. Lo incontro in uno dei pochissimi centri d'accoglienza esistenti. Allarga le braccia e si domanda perché chiedere asilo in Europa sia tanto difficile pure per lui.
Siamo in #Polonia, ad alcuni km dal confine. Parliamo con attivisti e volontari, che spesso chiedono di restare anonimi.
La polizia impedisce di portare aiuti e prestare soccorso ai migranti. Un'attivista, commossa, ci ha appena raccontato un episodio di questi giorni. 1/2
Una giovane donna che partorisce nel bosco, la totale assenza di assistenza. L'impossibilità di varcare i blocchi dei militari per prestare soccorso.
La giovane madre che non ce la fa e muore insieme al suo bimbo. 2/2