Oggi è il 22 dicembre 1943. E’ l’alba, pioviggina e in lontananza nuvoloni neri si stavano avvicinando. Ci hanno fatti scendere dal camion all’interno del piazzale di un magazzino di legname accanto alla strada.
Nessun dubbio sul nostro destino.
Perché ci eravamo seduti sopra
Sulle nostre tredici bare, intendo.
Nessun rimpianto. Conoscevamo i rischi.
Lo sapevamo fin dall’inizio.
Quello che mi dispiace è non essere riuscito a proteggere i miei ragazzi.
Mi chiamo Eraldo Locardi, tenente, nome di battaglia “Longhi”.
Il 7 dicembre scorso, circa 200 tra tedeschi e fascisti guidati da una spia, hanno sorpreso sei di noi nella cascina appena fuori dalla frazione di Ceratello.
Io e altri sei siamo stati catturati pochi giorni dopo.
Sempre per colpa di quella maledetta spia.
Oggi so che si trattava di un certo Ninetto, che era a conoscenza della parola d’ordine “Trieste” in quanto sino al giorno prima faceva parte della mia formazione dalla quale si era allontanato con una scusa.
In totale tredici.
Portati nelle carceri di via Pignolo a Bergamo e torturati per giorni. Settimane.
Questa mattina ci hanno prelevato dal carcere con destinazione Lovere.
Ma qui siamo solo sei perché prima hanno fatto tappa a Poltragno.
Dove hanno fatto scendere sette di noi e una volta condotti sulla strada che porta a Sellere li hanno fucilati in nostra presenza.
I fascisti, sghignazzando, hanno scritto sul muro macchiato di sangue “fuorilegge”. Maledetti.
Poveri compagni. Ora tocca a noi.
Addio.
Prima di essere fucilato il tenente Licardi abbracciò tutti i suoi compagni.
Dicendo loro: «Bisogna saper morire per la Patria! Sulla terra bagnata dal nostro sangue cresceranno i fiori della libertà. Viva l’Italia libera!»
Prima degli spari Ivan e Salvatore, compagni d’infanzia, si mossero uno verso l’altro abbracciandosi fortemente. Poi la scarica. Tutto finito.
A parte il colpo di grazia a Ivan.
I corpi messi nelle casse che poi sono state inchiodate.
Per riprendere poi la via per Bergamo.
Il tenente Eraldo Locardi (Gruppo Locardi) aveva 23 anni ed era nato a Milano il 26 giugno 1920.
Giuseppe Ravelli, 20 anni, (Gruppo Locardi) nato a Casnigo (Bg) il 3 luglio 1923, abitava a Leffe (Bg) e faceva il manovale.
Vittorio Lorenzini (Gruppo Locardi) aveva 18 anni, nato a Telgate (Bg) abitava a Sesto S. Giovanni (Mi), nome di battaglia “Sbafì”.
I fascisti presero come ostaggio la sorella per avere lui. Per salvarla si consegnò spontaneamente. Trasferito a Bergamo fu torturato. Poi fucilato
Francesco Bezzi, (Gruppo Locardi) 18 anni, nato a Bornato (BS) e residente a Cazzano S. Martino.
Mario Tognetti, (Gruppo Locardi) 21 anni, nato e residente a Grumello del Monte, commesso. Incarcerato a Bergamo, subì sevizie e torture prima di essere fucilato a Lovere.
Giovanni Moioli, (Gruppo Locardi) 17 anni, nato e residente a Grumello del Monte (Bg), nome di battaglia “Tocia”.
Ivan Piana, 19 anni, (Gruppo Lovere) nato e residente a Lovere (Bg) studente alla facoltà di economia, fondatore del “Gruppo patriottico giovanile” di Lovere.
Andrea Guizzetti, (Gruppo Lovere) 19 anni, nato e residente a Lovere (Bg), apprendista operaio nello stabilimento Ilva di Lovere.
Salvatore Conti, 21 anni, (Gruppo Lovere) nato e residente a Lovere (Bg) il 21 gennaio 1922, studente del primo anno di ingegneria.
Guglielmo Giacinto Macario, 18 anni, nato e residente a Lovere (Bg), apprendista operaio, nome di battaglia “Cinto”.
Chiese lui stesso di essere ucciso prima, a Poltragno, per paura che a Lovere sua madre potesse assistere alla sua fucilazione.
Giulio Buffoli, 41 anni, nato a Palazzolo sull’Oglio (Bs) il 24 ottobre 1902, residente a Lovere (Bg).
Padre di cinque figli era stato costretto ad emigrare per guadagnare qualche soldo.
Poi era tornato per aiutare i partigiani.
Giovanni Vender, (Gruppo Lovere) 17 anni, nato a Breno (Bs) residente a Lovere (Bg), meccanico apprendista.
Luca Nitckisc, slavo, ex prigioniero di guerra, fuggito dal campo di prigionia di Grumello al Piano.
Prima di essere fucilato dichiarò di voler morire da italiano.
Le bare con i tredici furono riportate a Bergamo e sepolte in un angolo nascosto del cimitero di Bergamo per impedire ai familiari di portare loro un fiore.
Il 7 giugno 1945 verranno riportate e sepolte a Lovere dopo una cerimonia funebre.
«Da quel momento diventammo tutti partigiani. Anche i vecchi e i bambini. Anche le donne. Ci ritirammo sulla montagna con i fucili da caccia e più tardi avemmo mitra e dinamite. Le donne portavano da mangiare e tabacco. Le brigate nere cominciarono ad avere vita dura...».
A comandare quell’operazione il comandante Aldo Resmini.
Il “boia” lo chiamavano. E non solo i suoi nemici. Aveva studiato quella fucilazione con cura.
Persino i tredici seduti sulle loro bare durante il viaggio.
E la fucilazione a Lovere davanti alla popolazione.
Era stati lui a sgominare le prima “bande” partigiane a Bergamo.
Quella di Arturo Turani e quella di Betty Ambiveri.
Lui ad arrestare il Tulli.
E ora quella fucilazione, che aveva diretto personalmente.
Fu “La sua consacrazione a comandante”.
Era stato lui ad arrestarli, ad interrogarli, a torturarli. Nel gennaio del 1944 il 1° Battaglione della XIV Legione delle Camicie nere di cui fa parte, verrà sciolto, sostituito dalla compagnia di pronto impiego che prenderà la denominazione di 612° Compagnia OP, Ordine Pubblico
Una compagnia di 150 uomini bene armati e adeguatamente motorizzati con sede nella caserma di via Gallicciolli.
E sarà proprio il Resmini a prenderne il comando.
Per i bergamaschi sta per iniziare un periodo di terrore.
I “tredici”, per il “boia”, sono stati solo l’inizio.
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«Troppo piccola» mi dissero.
«Non possiedi i giusti parametri fisici per giocare ad alto livello.
Non potrai mai giocare in Nazionale».
E io non capivo.
Amavo quello sport.
Avevo cominciato a giocarci a dieci anni e dopo soli tre anni avevo esordito nel campionato nazionale.
Nel campionato nazionale riservato alla mia categoria?
A quelle della mia età?
No.
Proprio nel campionato nazionale cubano di pallavolo femminile.
Niente male per una di 13 anni.
Ero piccola, è vero, rispetto alle altre, ma volevo giocare in Nazionale
Lo volevo con tutto il cuore
Se sei piccola e vuoi giocare a pallavolo ad alto livello non sono molte le possibilità.
Scelsi la più difficile, la più complicata.
Salto dopo salto, saltare il più in alto possibile.
E da lassù farmi notare.
Ci riuscii.
E a 15 anni il mio esordio in Nazionale.
Marzo 1958.
Che ci faccio chiuso in cella nel carcere Le Nuove di Torino?
Mi chiamo Aldo Cugini, discendente di una famiglia di imprenditori bergamaschi.
E’ successo tutto sabato 1° marzo, quando sono stato prelevato dalla polizia nella mia casa in Via Foro Boario 11 a Bergamo.
Continuano a ripetermi di stare calmo, di non agitarmi, ma vorrei vedere loro al mio posto.
Devo sposarmi tra un mese, ho un sacco di cose da preparare, tra cui tutti i documenti e poi ci sono gli ultimi acquisti da fare.
Parlano di un omicidio.
Cosa c’entro io con un omicidio?
Ieri, lunedì 17 marzo, sono venuti a trovarmi mio fratello, le mie due sorelle e la mia fidanzata, ma hanno autorizzato solo mio fratello per un incontro.
Che ho fatto di male per essere trattato così?
E’ tutto un equivoco, un errore, io non ho ucciso quell’uomo.
29 dicembre 1973.
Oggi le baby pensioni sono entrate in vigore col decreto DPR 1092.
Il 1973 se ne sta andando e molte cose sono accadute.
Il 14 gennaio il concerto di Elvis Presley, “Aloha from Hawaii” è il primo della storia della Tv ad essere trasmesso nel mondo via satellite
Il 27 gennaio gli accordi di Parigi hanno definitivamente messo la parola fine alla guerra del Vietnam e il 4 aprile a New York è stato inaugurato e aperto al pubblico il complesso “World Trade Center”, le famose “Torri Gemelle”.
Il 17 dicembre, un gruppo di terroristi ha attaccato un aereo della Pan Am a Fiumicino provocando 30 vittime.
Anno difficile, di forti tensioni sociali e gravi difficoltà economiche.
Una crisi petrolifera obbliga all’austerità e costringe molti di noi a sacrifici.
Ma non tutti
Giugno 1993.
Lui si chiama Paolo Bertozzo, 42 anni, imprenditore agricolo.
Lei Silvia, sbalordita ufficiale di stato civile del comune di Isola della Scala nella bassa veronese.
Ha appena acconsentito a mettere nero su bianco la richiesta di quell’imprenditore.
Quel documento, una volta protocollato, sarebbe finito poi sulla scrivania del sindaco appena eletto.
Ci sarebbero volute settimane o forse mesi per una valutazione da parte del sindaco.
E quel povero bambino, per la legge italiana, non sarebbe esistito.
All’inizio era sembrato uno scherzo.
Il Bertozzo non voleva registrare all’anagrafe quel bambino, nato cinque giorni prima, perché aveva letto che ogni bambino al momento della nascita aveva un debito verso lo Stato di 30 milioni di lire.
L'unica certezza è che non era sua intenzione.
Quella di riprendere i contatti col mondo esterno, intendo.
Ma in quel 5 marzo 1931, verso le quattro del pomeriggio, fu costretta a fare quello che non aveva mai fatto nei 24 anni precedenti.
Aprire la porta e chiamare aiuto.
"Cameriera, vieni qui! Corri! Mia sorella è malata. Chiama subito un dottore. Penso che morirà".
Accorsero in tanti nella sua camera, nella suite 552 dell’Herald Square Hotel.
A cominciare dal direttore.
Poi arrivò il medico del vicino Hotel McAlpin.
E infine il becchino.
Sua sorella, miss Mary E. Mayfield, giaceva sul divano coperta da un lenzuolo.
Ed era ormai morta.
Quello che videro entrando in quella stanza fu qualcosa di sconvolgente.
C’erano pile di giornali ingialliti in ogni angolo.
Scatole vuote di cracker, gomitoli, carta d’imballaggio.
Mi hanno dato per morto sei settimane fa.
Ho dovuto smentire dal letto dell’ospedale.
Oggi, 22 Dicembre 2016, invece è successo veramente.
A Toronto, a causa di un’insufficienza respiratoria.
E’ strano che siano stati proprio i polmoni a fermarmi.
All’età di 72 anni hanno scritto i giornali.
Perché sarei nato nel 1944.
Altri hanno scritto che sono nato nel 1938.
Volete sapere una cosa?
In realtà nessuno conosce la mia vera data di nascita.
Da dove provengo le certificazioni anagrafiche lasciano il tempo che trovano.
Sono nato infatti in Etiopia.
Dopo avere passato l'adolescenza lavorando in fabbrica, mi sono arruolato nell'aviazione etiope.
Fu durante quel periodo che scoprii il mio talento per il mezzofondo.