E’ incredibile come all’interno di ogni storia si intreccino altre storie, altre vite, a volte altre tragedie.
Ricordate?
Siamo partiti dalla storia del calciatore cileno Carlos Caszelye e della partita fantasma disputata a Santiago su ordine di Pinochet.
In quella storia abbiamo accennato agli aerei Hawker Hunter di fabbricazione britannica che l’11 settembre 1973 sganciarono bombe incendiarie sul Palacio de la Moneda dove aveva sede il governo democratico di Salvador Allende.
Dentro quel palazzo non c’era solo Salvador Allende, ma anche la figlia “Tati”.
Da lì abbiamo raccontato la sua odissea, i suoi sforzi, il suo dolore, e il suo suicidio.
Come raccontato, Tati ebbe due figli.
Mayita, Maya Fernandez Allende, ex presidente della Camera dei Deputati
Quando Tati fuggì dal Palazzo Presidenziale era incinta di sette mesi.
A Cuba nacque Alejandro Salvador Allende Fernández.
Suo padre era un diplomatico cubano che si chiamava Luis Fernandez de Oña.
Perché il piccolo prese il cognome “Allende” prima di “Fernández”?
Fu Fidel Castro, andato in ospedale a trovare Tati, a “suggerirle” di mettere prima Allende.
Oltre a dire: "Questo bambino ha conosciuto i proiettili prima di nascere".
Dov’è ora quel bambino? Tati prima di morire lasciò una lettera a Fidel Castro.
Alejandro la lesse raggiunti i 15 anni di età.
Nella lettera Tati chiedeva di non lasciare i bambini al marito (alcolizzato e donnaiolo) ma a Mitzi, sorella di Miria Contreras, la segretaria personale di Salvador Allende. Miria Contreras: “La Payita”. La migliore amica di Tati.
Molto amica, pur essendo a conoscenza delle voci che davano “La Payita” come l’amante di suo padre, Salvador Allende.
E Alejandro Salvador Allende Fernández, figlio di Tati?
A 12 anni pensò di togliersi la vita.
Voleva emulare la mamma?
Assolutamente no.
Aveva capito che il suo futuro da omosessuale sarebbe stato difficile.
Andò in Cile, ma anche lì le cose non erano diverse.
Prese armi e bagagli e si trasferì in Nuova Zelanda lavorando per una compagnia di assicurazioni.
Come un sasso lanciato in uno stagno, le onde concentriche che si allargano sulla sua superficie potrebbero persino arrivare in Scozia.
Nel 2014 alcuni operai scozzesi hanno ricevuto la medaglia dell’ordine di Bernardo O'Higgins con "eterna gratitudine" a nome del popolo cileno.
Ricordate gli aerei Hawker Hunter di fabbricazione britannica che l’11 settembre 1973 sganciarono bombe sul Palacio de la Moneda?
Nello stesso momento a East Kilbride, in Scozia, i lavoratori della fabbrica Rolls-Royce guardavano con orrore quello che stava accadendo in Cile.
Gli operai della fabbrica sono sconvolti.
Non solo per quello che sta accadendo in Cile.
Ma per un motivo ben preciso.
Nella loro fabbrica si riparano i motori di quegli aerei.
Gli Hawker Hunter dell'aeronautica militare cilena.
Marzo 1974. Scozia. Bob Fulton, un ispettore di motori della Rolls-Royce, è turbato e ansioso.
Ha appena saputo che un motore 15607, per aerei Hawker Hunter, è appena entrato nello stabilimento.
Sull’ordine di riparazione la provenienza.
“Cile”
Lui è un sindacalista e la mente corre ai sindacalisti uccisi dal governo di Pinochet. Non ha esitazioni. Coinvolge i compagni di squadra. Insieme alzano la voce e presto tutti gli operai della fabbrica concordano.
Su quei motori viene applicata l'etichetta “BLACK”.
Nessuno può lavorare su quei motori.
Sanno di rischiare il licenziamento, ma non vogliono essere complici di quei crimini.
I motori non verranno mai aggiustati.
Quei motori rimarranno 4 anni sul piazzale, malgrado una causa legale intentata dal Cile per violazione del contratto
Il Cile le tentò tutte.
La Fach (Fuerza Aérea de Chile) provò ad acquistare i pezzi di ricambio in India e in altri Paesi.
Tentando di riparare manualmente i motori.
Fu un disastro.
Arrivarono anche a dire: "Un prigioniero in cambio di ogni motore". Inutilmente.
La storia di Bob Fulton, Robert Somerville, John Keenan, Stuart Barrie e degli altri operai che si rifiutarono di riparare i motori per gli aerei Hawker Hunter dell'aeronautica militare cilena è raccontata nel film documentario "NAE PASARAN".
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“Oggi siamo stati in pace. Domani, tu combatterai per il tuo paese, io mi batterò per il mio. Buona fortuna!», dissi al mio nuovo “amico” tedesco.
Mi chiamo George Eade, inglese.
Ed è un vero peccato.
Che quel tedesco sia stato mio amico solo per un giorno, intendo.
Quattro mesi.
Avevamo passato gli ultimi quattro mesi a spararci addosso.
Da una parte noi inglesi e francesi e dall’altra loro, i tedeschi.
Le trincee distanti a volte solo poche decine di metri.
In quei pochi mesi erano morti migliaia di soldati.
Una vera carneficina.
Era il 1914.
Eravamo posizionati sul fronte occidentale, nella zona intorno la cittadina di Ypres, tra il Belgio e la Francia settentrionale.
A dicembre i campi ricoperti di neve.
Eravamo stanchi, con il morale a terra.
Ieri sera ho concluso il thread sugli sprechi nella ricostruzione in Irpinia con:
"Esiste una storia, uno spreco che più di ogni altro può rappresentare quell'enorme sperpero di denaro? Esiste.
Eccome se esiste.
E riguarda una fabbrica che doveva imbottigliare vino".
Iniziamo.
Giugno 1990.
Palazzo San Macuto è la sede della commissione d’inchiesta presieduta da Oscar Luigi Scalfaro.
Oggi è un giorno particolare.
È stato convocato da Scalfaro Elveno Pastorelli, da tre anni commissario straordinario per la ricostruzione.
Nei mesi precedenti sono stati ascoltati Misasi (ministro del Mezzogiorno) e Vito Lattanzio (Protezione civile).
Tutti tendono a minimizzare, a dire che le cose stanno andando bene con la ricostruzione.
Certo, con qualche ritardo, ma secondo loro va tutto a meraviglia.
Gli sperperi di denaro pubblico post terremoto dell’Irpinia sono ormai entrati nella storia di questo Paese.
Una brutta storia, riassunta in dieci volumi presentati al Parlamento il 5 febbraio 1991 e inviati a varie procure da una commissione d’inchiesta presieduta da Scalfaro.
La commissione aveva il compito di verificare l’ammontare dei finanziamenti per la ricostruzione delle zone colpite dal sisma del 1980.
Di più.
Doveva controllare lo stato di avanzamento dei lavori, le modalità, l’impatto ambientale e territoriale.
Sull’impatto territoriale i tecnici del servizio Impatto ambientale del Min. dell’Ambiente parlarono chiaro: “la scelta dei tracciati dove ricostruire case, industrie e strade è avvenuta indipendentemente dalle condizioni geomorfologiche, geologiche e geotecniche dei terreni.
26 settembre 1983 - “E’ necessario eliminare il pagamento a piè di lista.
Bisogna distribuire i fondi che servono, ma chi supererà il tetto prefissato dovrà risponderne”.
Una dichiarazione di buon senso appena espressa dal Ministro della Sanità del Governo Craxi.
Si chiama Costante Degan, Dc, cattolico.
Una persona perbene, capace di mettere ordine senza stravolgere.
Rispettoso di tutto e tutti.
Craxi ha tre obiettivi: una diversa politica dei redditi, la riduzione dei costi del sistema previdenziale e quelli del servizio sanitario.
Il lavoro, quest’ultimo, proprio di Degan.
Sul primo punto ci sarà da ridere (o piangere) poiché su questo tema lo scontro col PCI è frontale.
Solo a parlare di blocco della scala mobile a qualcuno si sono già rizzati i capelli.
Vedremo come andrà a finire.
Correva l'anno 1983.
Quando Pietro Longo arriva al Bilancio, nel Governo Craxi, nel FIO ci sono ancora 1.210 miliardi assegnati, ma non ancora spesi.
A questi stanno per aggiungersi quelli assegnati per il 1984.
Ma cos'è il FIO?
Facciamo un passo indietro.
A un anno prima.
Anno 1982.
Viene creato il Fondo per gli Investimenti e l’Occupazione (FIO) con lo scopo di "sostenere gli investimenti pubblici, soprattutto tramite l’analisi di progetti di rapida esecuzione e di importante impatto sociale, in situazioni di restrizioni della spesa statale".
Giorgio La Malfa ha avuto un’idea straordinaria per quanto riguarda i progetti presentati al FIO.
I finanziamenti gestiti da questo ente, almeno quelli effettivamente destinati agli investimenti, sono risorse pubbliche che devono essere spese con lungimiranza.
Pur nella disgrazia ebbi la fortuna di non vederle separate.
Sono infatti morto il 25 ottobre 1945, quattro anni prima della perdita di una delle mie gemelle.
Sicuramente non avrei resistito all’immenso dolore di quella separazione.
In fondo erano da sempre le mie creature.
Le mie bellissime creature.
Mi chiamo Francesco Rotundi, nato a Foggia il 10 luglio 1885.
Come nacque l’amore per quelle come loro?
Avevo quindici anni, quando durante una gita scolastica al porto di Manfedonia ebbi l’occasione di vederle.
Erano bellissime.
E cominciai a sognare.
A sognare di progettarle, intendo.
Da qui gli studi e la laurea in ingegneria navale a Genova.
Poi l’entrata in Marina, e come ufficiale del Genio navale l’incarico di direttore degli Arsenali di Venezia, Taranto e Napoli.
Ma quel sogno era sempre lì.
Fino a quando…