Da Pelè a Zico, da Ronaldo a Ronaldinho, da Kakà a Neymar. Quando si parla di calcio brasiliano sono questi i nomi più gettonati.
Eppure sono io, nel mondo del calcio brasiliano, il giocatore più conosciuto al mondo.
Il miglior 171 nella storia del calcio.
Non ci credete?
Ho giocato dieci anni tra i dilettanti prima di passare tra i professionisti.
Nel Botafogo, Fluminense, Puebla in Messico, El Paso in Usa, America di Rio, Bangu, Vasco e Ajaccio.
E vi garantisco che ognuna di queste squadre mi pagò regolarmente lo stipendio.
MI chiamo Carlos Henrique Raposo detto il “Kaiser”, perché avevo il fisico di Beckenbauer.
Se giocavo come lui? Insomma, non proprio.
Diciamo che avevo un problema, non so quanto importante per giocare a calcio.
Il pallone.
Lo ammetto. Sono l’unico giocatore al mondo che ha giocato vent'anni, praticamente senza mai sporcare le scarpe da calcio.
Non sapevo giocare al pallone, ma avevo una dote fondamentale.
Quella di essere amico di gente che contava.
Che volete, ognuno ha il suo talento.
Io ero diventato il punto di riferimento per i calciatori brasiliani nelle notti di Rio de Janeiro.
Fu il mio amico d’infanzia Mauricio, giocatore amato e stimato da tifosi e dirigenti del Botafogo, a convincerli ad acquistarmi dal Puebla.
Va bene, direte voi, primo allenamento, prima partita e addio calcio. Non andò così.
Al primo allenamento una “storta” mi tenne lontano dai campi per venti giorni. Era il 1980.
Niente risonanze magnetiche.
E di storta in storta (tutte inventate) in pratica non giocai mai.
E poi altro amico calciatore della movida, altra contropartita tecnica nella trattativa.
Naturalmente ero sempre fuori forma e trotterellavo intorno al campo come mi aveva raccomandato il mio personal trainer.
Che non esisteva naturalmente.
Che ridere quando firmai il cartellino per l'Ajaccio, squadra francese.
C’erano migliaia di tifosi sugli spalti alla presentazione.
Mi chiesero palleggi. Che non sapevo fare. Presi quindi tutti i palloni e li scagliai in tribuna, avvolto nella bandiera della Corsica.
Un tripudio
Conquistai la tifoseria, ma come già accaduto con le altre squadre, non giocai nemmeno un minuto.
Eppure sono sempre stato il giocatore più amato dai miei compagni.
In campo sempre con la stessa media.
Zero partite, zero gol.
Ogni volta che entravo in campo, un giocatore con un fallaccio mi mandava subito in infermeria.
I dottori firmavano un certificato medico falso e io la facevo franca ogni volta.
Lo so cosa vi state chiedendo.
Come facevo a convincere giocatori e medici a stare al mio gioco.
Semplice.
Ero il miglior organizzatore di feste del Brasile.
Compagni, medici, giornalisti, venivano ricompensati ogni volta con festini, donne e soldi.
Certo, le donnine per i miei compagni, portate in albergo durante il ritiro, mi costavano parecchio.
Di squadra in squadra arrivai al Bangu, dove i giornali mi accolsero con titoli come "Bangu ha già il suo re: Carlos Kaiser".
Ero in panchina quando il patron della squadra Castor de Andreade, magnate delle scommesse illegali, disse al mio allenatore di farmi scendere in campo
E ora che faccio, mi domandai.
Impiegai un attimo per individuare l’avversario giusto, iniziando con lui una rissa con relativa espulsione.
In fondo dovevo mantenere la media.
Lo so, non avevo talento, ma vi assicuro che tutti mi volevano bene.
Come vi ho detto all’inizio, e come avete capito leggendo la mia storia, sono stato il miglior 171 della storia del calcio.
No, non era il numero di maglia.
Era il numero di codice usato dalla polizia in Brasile per il crimine di “impostore”.
Uno.sette-uno, Carlos, il "Kaiser"
“Potete ingannare tutti per qualche tempo e qualcuno per sempre, ma non potete ingannare tutti per sempre” diceva Abraham Lincoln.
Perché non aveva ancora conosciuto il sottoscritto, Carlos Henrique Raposo, detto il Kaiser,
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«Bentornato Licurgo.
Due giorni fa abbiamo parlato degli spartiati, la casta militare.
“Torna con lo scudo o sullo scudo”.
Era il saluto delle madri spartane quando un figlio partiva per andare a combattere.
Morire in battaglia, l’onore più grande»
I 300 di Leonida alle Termopili sono l’esempio più alto.
Abbiamo parlato degli spartiati, circa 10.000 e degli iloti circa 100.000.
Esisteva una terza classe sociale.
“Il ceto medio”. I Perieci.
50/60.000 uomini liberi che non potevano però partecipare alla vita politica.
«Senza poter votare, dovevano solo servire gli spartiati nel prepararsi alla guerra.
Potevano guadagnare, quello sì.
Erano commercianti, artigiani, fabbricanti di armi.
Il vero motore di Sparta.
Che permetteva agli spartiati di concentrarsi sulla guerra, senza lavorare»
“Brodo nero”.
Sorrido pensando che vuoi raccontare la mia storia iniziando da un intingolo.
Precisamente da una carne di cinghiale cotta nel suo sangue con l’aggiunta di sale e aceto.
Posso dire che sei strano forte?
Chi racconterebbe la storia di Sparta iniziando da un piatto.
«Caro Licurgo, non era un semplice piatto, dai.
Era la pietanza più apprezzata a Sparta.
Tanto che un re del Ponto fece venire alla sua reggia un cuoco spartano affinché cucinasse quella prelibatezza.
Pensava fosse una leccornia.
Invece.
Che hai da ridere?»
Te lo immagini un re del Ponto che inizia a sputare quella roba nel piatto?
In realtà, e il cuoco lo aveva detto chiaramente al re, per apprezzare quel piatto dovevi essere stato bagnato nell’Eurota, il fiume che attraversava Sparta.
Essere un vero spartano quindi.
Lo aveva ispirato il Presidente John Fitzgerald Kennedy e per lui, James Howard Meredith, era stata una sfida.
Dopo aver frequentato due anni la Jackson State University, con ottimi voti, aveva deciso di iscriversi in una università statale per soli bianchi.
Lui, un nero.
Malgrado la sentenza "Brown v. Board of Education" del 1954, dove la Corte Suprema aveva stabilito che la segregazione era incostituzionale nelle scuole pubbliche mantenute da tutti i contribuenti, quella Università continuava, nel 1962, ad accettare solo studenti bianchi.
Malgrado l’opposizione dell Governatore dello Stato, che aveva provocato scontri con morti e feriti, la mattina del 1º ottobre 1962, scortato da avvocato e sceriffo, Meredith si immatricolò all'Università statale,.
Primo studente afroamericano della sua storia
Mi chiedo come mai i giornali italiani non diano la giusta rilevanza a quello che sta succedendo negli Stati Uniti.
E non parlo degli insulti di un Presidente che dà della“stupida” a una giornalista perchè fa domande scomode.
E neppure quel “brutta dentro e fuori” rivolto a un'altra giornalista perché raccontava la Casa Bianca senza reverenza.
O una cronista apostrofata da lui “quiet, piggy” mentre tentava di parlare di un dossier esplosivo.
Certo, dare la definizione di "ritardato" a un governatore democratico non è il massimo.
Anzi, dovrebbe essere molto grave.
Ma ormai normalizzare l’odio è diventata la prassi.
Basta discutere di politica e di programmi.
Colpire non solo gli avversari, ma le persone in generale.
Si racconta che Napoleone Bonaparte guardando un mappamondo disse: “La Cina è un mostro che dorme. Quando si risveglierà la faccia del mondo sarà cambiata”.
La Cina è destinata a vincere?
L'amministratore delegato di Nvidia, Jensen Huang, ne è convinto.
Almeno nel campo dell’IA.
Ma non solo nell’AI. E non solo la Cina.
Basta osservare qualsiasi tabella
Per esempio quella dei dieci porti commerciali più importanti del mondo per movimento di TEU (twenty-foot equivalent unit) unità di misura dei container. Nessun porto si trova in Europa o negli Stati Uniti
Ma di chi è il merito maggiore dei traguardi raggiunti dalla Cina?
No, non è di Xi Jinping, segretario generale del Partito Comunista Cinese, laureato in ingegneria chimica all'Università Tsinghua di Pechino.
Ha conseguito successivamente un dottorato di ricerca in legge.
Churchill lo aveva detto alla Camera dei Comuni.
“Il dittatore ha cominciato, pistola in pugno, a chiedere una sterlina. Quando la sterlina gli è stata concessa ne ha preteso un’altra, sempre minacciando con la pistola”.
Chiaro il riferimento ai precedenti.
L’Europa stava quindi per rotolare in una guerra? Probabile.
Hitler era stato di parola.
Aveva messo in stato d’allarme cinque divisioni per la frontiera francese e altre sette divisioni pronte ad entrare in azione il 30 settembre.
Per l’invasione della Cecoslovacchia.
Ma qualcosa era cambiato rispetto al passato.
Quelle sue mosse avevano scatenato una reazione.
Che diavolo stava succedendo?
Hitler era stupito.
L’Italia era passiva, è vero, ma Roosevelt era intervenuto.
Il re di Svezia era intervenuto.