Quando ebbe inizio?
Esattamente il 6 gennaio del 1929, nevicava e faceva freddo.
Chi lo conosceva lo definiva “un essere insignificante”, ventinove anni, miope, tale da costringerlo a portale lenti molto spesse.
Proveniva alla classica famiglia borghese di Monaco di Baviera.
Lui ci aveva provato a fare carriera in ambito militare, ma non era andato più in là del grado di allievo ufficiale. Essendo lui e la famiglia in difficoltà economiche aveva deciso di donare le sue braccia all’agricoltura.
Voleva diventare agronomo.
Per questo si era iscritto all’università. Mettendosi subito in mostra. Tranquilli, non come studente.
Tutti lo conoscevano perché alle feste universitarie si presentava sempre vestito da sultano turco.
Teneva un diario dove scriveva il nome delle ragazze che lo respingevano.
Lui, con una vita ormai segnata dal nulla, pensò persino di andarsene dalla Germania, di emigrare in Russia, quando un giorno aveva incontrato lui, quello che adorava la focaccia dolce della signora Hoffman, che amava mangiare sdraiato sul prato.
Un altro dai sentimenti repressi come lui.
Due pericolosi frustrati che il destino aveva fatto incontrare.
Il nome dell’essere insignificante? Heinrich Himmler.
Il nome di quello che amava mangiare la focaccia sdraiato sul prato? Adolf Hitler.
Una storia, la loro, che andrebbe raccontata alle giovani generazioni prima che venga sepolta tra le pieghe della storia.
Almeno come certe cose sono cominciate.
“Come i mali grandi e irrimediabili dipendono dall’indulgenza verso i mali ancora piccoli e rimediabili”.
Duecento. Gli uomini che Himmler riuscì a radunare all’inizio. Lui, che non sarebbe mai riuscito a diventare un ufficiale dell’esercito nemmeno pagando.
Che alle feste gli piaceva vestirsi da sultano turco.
Che amava i bordelli e le osterie.
Duecento. Richiesto un fisico sano, massimo 35 anni, con tanta voglia di menar le mani. Senza armi, all’inizio.
La divisa? Una camicia bruna con la cravatta nera. Nessuna scelta. Era solo frutto di uno stock rimasto invenduto e destinato alle truppe coloniali.
Duecento. All’inizio. Nel 1929 con lui al comando.
Il nome? La sigla SS.
Una squadra di protezione del partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori.
Una squadra di protezione che ben presto diventerà un esercito.
Lo condizioni poste da Himmler per entrare nelle SS. “Una determinata altezza. Non ho preso gente al di sotto di un metro e settanta. Solo quelli di una certa altezza penso abbiano in qualche modo il sangue desiderato. Nelle SS deve entrare il miglior sangue tedesco”.
L’agronomo pose altre condizioni.
Chi entrava nelle SS celibe poteva poi sposarsi solo su autorizzazione scritta.
La domanda veniva analizzata da un “Ufficio Razza” che teneva il “Libro della stirpe delle SS".
Con il gruppo sanguigno tatuato sotto l’ascella.
Psichiatra francese Bayle a Norimberga. “Dotato di un’intelligenza insufficientemente sviluppata ed educata, è la forza bruta elementare, applicata unicamente all’azione vigorosa, dispotica e dissimulata, in accordo con un carattere profondamente aggressivo, scatenato e velenoso”
Il 17 marzo 1933, dopo le elezioni che rafforzano Hitler alla Cancelleria del Reich, nasce la Stabswache Berlin, il primo gruppo armato.
In maggio l’"SS Sonderkommando Zossen" con compiti di sorveglianza.
In giugno tre nuove compagnie, denominate "SS Sonderkommando Jüterbog”.
Nel maggio del 1934 la LSSAH (Leibstandarte-SS Adolf Hitler) dispone di due battaglioni armati e una compagnia di mitraglieri.
Alla fine del 1932 le SS contavano 52 000 membri. Dopo un solo anno potevano contare su oltre 209.000 uomini.
Alle SS il controllo della Gestapo nel 1936.
E poi il controllo di tutti i campi di concentramento e di sterminio.
All'inizio della Seconda guerra mondiale il numero dei membri salì a 250 000.
Nel 1943 Himmler diventa ministro dell'Interno del Reich.
Dal diario di Himmler.“Nessuno ha visto 500, 1000 corpi che giacciono insieme. Aver visto cose del genere, ed essere rimasti freddi e impassibili, ci ha resi duri e freddi. Una pagina di gloria […]Non c'è nulla di sbagliato in noi, nella nostra anima, o nel nostro modo di fare"
Lo studente che andava ai balli vestito da sultano turco s’inventò le SS onorarie. Senza obbligo di servizio.
Poterono così indossare l’uniforme delle SS, finanzieri, banchieri e molti imprenditori che in cambio di un’offerta annuale potevano avere manodopera a prezzi di fame.
1937. Discorso di Himmler ai suoi ufficiali.
“Nei Lager l’insegnamento sarà effettuato attraverso l’ordine. I campi sono circondati da filo con la corrente elettrica. Chi l’oltrepassa viene liquidato. Se qualcuno fugge durante il lavoro viene liquidato”.
Otto Ohlendorf, generale di brigata delle SS al processo di Norimberga.
Domanda: Quanti esseri umani ha fatto uccidere?
Risposta: Circa 90.000. Con le migliaia di persone che hanno fatto parte delle, SS ne processate solo 23; e condannati a morte, solo 12? Fate ridere!".
Quale fu il destino di tutto quelli inseriti nel “Libro della Stirpe delle SS”?
Solo i volontari SS francesi si batterono fino all’ultimo per Hitler intorno al bunker della Wilhelmstrasse a Berlino.
Tutti gli altri si arresero subito, pensando ad una sola cosa: scappare.
Pure lui, il capo. Quello che per spostarsi usava una Hotch corazzata con la targa “SS1” o un treno blindato parcheggiato nella zona dei laghi Masuri.
Con un documento falso intestato a un certo Heinrich Hizinger tentò di superare il controllo inglese sul ponte Bremervorde.
Voleva raggiungere il Grande Ammiraglio Doenitz. Erano esattamente le 17 del 22 maggio 1945 quando, scoperto, spaccò la fiala di cianuro che teneva tra i denti. Gli inglesi lo seppellirono nella landa di Lüneburg senza mai rivelare il luogo esatto.
Quando Heinrich Himmler morì le SS erano ormai dissolte come fumo nell’aria, dopo aver assassinato quattro/cinque milioni di ebrei nei forni o per fame, eliminato due milioni e mezzo di polacchi e 520.000 zingari in quanto definiti parassiti.
Il giuramento all’atto di ammissione nelle SS.
“A te, Adolf Hitler, in qualità di duce, giuro fedeltà e valore. A Te e a tutti coloro che ti designerai come capi, prometto obbedienza. Fino alla morte, e che ciò s’avveri con l’aiuto di Dio”.
Heinrich Himmler, l’uomo che portò avanti con Reinhard Heydrich e in seguito con Adolf Eichmann, il programma di sterminio degli “inferiori rispetto alla razza ariana”.
L’uomo insignificante che si vestiva da sultano turco e che amava i bordelli e le osterie.
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Thread n. 3 Ultimo
Nei due thread precedente vi ho raccontato come e perché Joe Valachi ha deciso di raccontare davanti alla Commissione McClellan cos’è Cosa Nostra.
E’ il primo mafioso a denunciare pubblicamente l’Organizzazione.
Tanto, morire per morire.
E ho concluso con l’incontro di Joe Valachi con Vito Genovese rinchiusi nello stesso carcere.
E del bacio che Don Vito dà a Joe.
Valachi sa che quel bacio è la sua condanna a morte e fa una cosa che un soldato non deve mai fare al suo comandante.
Valachi continua a raccontare.
"Perso per perso ricambiai il bacio a Don Vito".
Uno sgarro che nessuno aveva mai fatto prima a un comandante.
Il primo.
Perché il secondo sarà la sua confessione davanti alla Commissione.
In Tv, davanti agli americani.
Thread n. 2/3
Ieri sera vi ho raccontato di come e perché Joe Valachi ha deciso di parlare davanti alla Commissione McClennan.
Per raccontare cosa è “Cosa Nostra”, anche in Tv.
E’ il primo mafioso a denunciare pubblicamente l’Organizzazione.
Tanto, morire per morire.
Joe ha raccontato della sua iniziazione.
Il padrino gli punse il dito facendo uscire del sangue. “Questo sangue significa che ora siamo una sola famiglia”.
Ma cos’è questa famiglia?
Gli americani non vedono l’ora che arrivi una nuova audizione.
Gli americani sono ai suoi piedi, come il Presidente della Commissione.
E lui spiega come un professore agli allievi.
Racconta che Cosa Nostra è composta da tante famiglie.
Negli Stai Uniti sono una dozzina.
Al vertice c’è il Capo di tutti i Capi.
Sotto di lui una dozzina di capi
Thread 1/3
22 giugno 1962.
Da un paio di giorni non mangia, la paura di essere avvelenato è troppa.
Sa che i suoi ex colleghi lo hanno condannato a morte.
Lui, il detenuto n. 82811, sa che la sentenza può essere eseguita anche nel carcere.
Conosce i metodi.
In genere sono tre.
Stricnina nel cibo, e per questo non mangia.
Poi c’è la bastonatura mortale nella doccia, il luogo scelto per queste esecuzioni.
E poi una pugnalata occasionale nel corso di una rissa.
Niente cibo quindi e niente docce per lui.
Ha paura, è nervoso, convinto che tra poco impazzirà
Ha saputo chi sarà il suo boia.
E’ un altro detenuto.
Si chiama Joe Di Palermo, ma tutti lo chiamano Joe Beck.
Il Capo dei Capi, Vito Genovese, anche lui nello stesso carcere, lo ha assoldato per ucciderlo.
E’ in cortile, ha fame, si regge a malapena in piedi.
Quando...
Il 13 agosto 1913 fu un giorno memorabile.
Quando io, Halim Eddine, fui incoronato re d’Albania.
Ismail Qemal Bej aveva chiesto l’indipendenza dell’Albania l’anno prima e gli albanesi avevano chiesto a me, nipote del Sultano, di raggiungere il Paese per essere incoronato re.
E così avevo fatto.
Ero arrivato in città su un cavallo bianco.
E i primi cinque giorni furono per me indimenticabili.
Salito al trono con il nome di Otto I mi avevano persino assegnato un harem con 25 fanciulle.
Tra un piacere e l’altro dichiarai guerra al Montenegro.
Perché ho parlato di soli cinque giorni?
Beh, non so come dirvelo.
Giudicate voi.
Ero nato in Germania il 16 ottobre 1872.
A otto anni ero già un fenomeno.
Nel senso che esordii come domatore di leoni in un circo.
Per diventare poi un acrobata.
Qualcuno ha detto recentemente, riguardo la mafia, che "In Sicilia servono compromessi, tutti lo sanno”.
Si sbaglia.
Perchè se vuoi sconfiggere la mafia non puoi scendere a compromessi.
Se lo fai sei solo complice.
Con la mafia non si tratta.
Mai.
Lo so bene.
Lo sapevamo bene.
Intendo io e mio padre.
Lo dimostra il fatto che nel settembre 2014, a Siracusa, hanno danneggiato la lapide che commemorava proprio mio padre.
L'hanno tolta dal supporto metallico su cui si ergeva e l'hanno distrutta in mille pezzi.
Mi chiamo Giuseppe Francese.
Mio padre Mario era nato a Siracusa il 6 febbraio 1925, terzo di quattro figli.
Finito il ginnasio si era trasferito a Palermo a casa di una zia, la sorella della madre.
Ciò per poter completare il liceo e poi frequentare l'Università.
Prima o poi doveva succedere.
È stato un percorso lungo, ma ho preso la mia decisione.
E mentre aspetto di scendere in campo per l’ultima volta la mia mente corre a quando tutto è iniziato.
A quel “soldo di cacio” che crebbe mangiando gnocchi, lasagne e salsicce.
Mio padre Joe lo chiamavano “Jellybean”, caramella di gelatina, perché lui era sempre sorridente e scherzava di continuo, in campo e fuori.
Voleva trasmettere la sua allegria a chi gli stava intorno.
«Alcune volte clown, altre volte giocatore di basket» scrivevano i giornali.
Mai veramente apprezzato, lasciò gli USA per approdare in Italia.
Precisamente a Rieti, nella Sebastiani.
Abitavamo in via Pierluigi Mariani al numero 33, ed è lì che cominciai a tirare la palla nel bidone della spazzatura all’angolo della villetta.
E poi gli inizi nel minibasket