Ricordo benissimo quel giorno, il 25 marzo del 2003. Dispersa. Ufficialmente “Missing”.
Mi chiamo Jessica Lynch, e allora avevo 19 anni.
Due giorni prima, nei pressi di Nassiriyah, un furgone dell'esercito USA con a bordo 15 militari era stato attaccato dall’esercito iracheno.
E’ vero. Facevo parte di quella 507° Compagnia di manutenzione quando siamo caduti in un’imboscata. Che ci facevo in Iraq?
Vengo da Palestine, in West Virginia e con quella disoccupazione non avevo altra scelta.
Da grande avrei voluto fare la maestra elementare
Invece ero finita in Iraq ed ero stata catturata.
Nei giorni successivi Washington Post descrisse minuziosamente la mia resistenza epica: "pur avendo subito ferite d'arma da fuoco...ha continuato a sparare a parecchi soldati iracheni...fino ad esaurire le munizioni".
“Si è messa a combattere fino alla morte” scrissero i giornali italiani.
“Me lo aspettavo - commentò mamma Deadra - non è una che molla”.
Durante il combattimento ero stata gravemente ferita da una granata.
Molti giornali americani entrarono nei dettagli.
Non ero stata solo catturata, ma sicuramente violentata e torturata dagli scherani di Saddam Hussein.
Il mondo intero si mobilitò.
Bisognava fare qualcosa, bisognava liberarmi, a qualunque costo.
E così avvenne.
Per la CIA non fu difficile localizzare l’ospedale dove mi avevano portato, l’ospedale Saddam a Nassiriyah.
Ricordo che era mezzanotte. Gli elicotteri Black Hawk che atterrano nel recinto dell’ospedale, l’elettricità che va via. E poi "Go! Go!".
Era il primo aprile del 2003.
I Marines puntarono diritti verso la mia stanza.
Io ero lì, nel mio letto (dove dicevano che ero stata torturata…) tuta azzurra, fratture alle gambe, un braccio ferito.
Occhi sbarrati, i miei bei capelli incollati alla fronte.
Caricata su una barella mi condussero in salvo.
Passando dal Kuwait venni trasportata al Landstuhl Regional Medical Center, in Germania, per riprendermi completamente prima di tornare a casa.
Mi operarono ad una vertebra.
E’ stato bello riabbracciare i miei genitori arrivati nel frattempo.
Sono tornata a casa il 23 luglio 2003. Finalmente. Non c’era giornale o tv che non raccontasse ogni giorno la mia storia, la storia di un' “eroina”, catturata, ferita, violentata dagli scherani di Saddam Hussein e poi liberata dai gloriosi soldati americani.
Già. Peccato che non fosse vero niente.
Certo, l’esercito iracheno mi aveva catturata ed essendo ferita mi aveva portato all’ospedale di Nassiriya.Per il resto, una incredibile strategia di marketing tipica di Hollywood per “vendere” la guerra in Iraq.
Com’era andata veramente?
Prima di tutto non eravamo caduti in una imboscata, non potendo gli iracheni sapere il tragitto del nostro convoglio.
Eravamo finiti in mezzo a loro semplicemente perché avevamo sbagliato strada. E non solo una volta. Quanti colpi ho sparato? Nemmeno uno.
Non solo perché ero rimasta ferita dallo scoppio di una granata, ma perché il mio fucile si era inceppato. Sono stata pochissimo tempo sotto la custodia dell'esercito iracheno che mi aveva catturata.
Viste le mie condizioni mi avevano portata al Saddam Hospital di Nassiriya.
Il medico responsabile dell’ospedale, Harith al-Houssona che mi aveva avuto in custodia dagli iracheni, aveva cercato il 30 marzo di riportarmi dietro le linee americane, ma la sua ambulanza era stata presa a fucilate proprio dai nostri soldati.
E quindi riportata indietro.
Quando il commando Usa aveva assaltato l’ospedale, dove ero ricoverata, non c’era nessun soldato iracheno.
Gli americani lo avevano messo sottosopra, malmenando medici e pazienti, senza trovare nessuna resistenza.
Ma era tutta una finta.
Il quotidiano inglese “Guardian” rintracciò gli iracheni con cui avevo avuto a che fare. Affermarono che ero stata protetta dal personale militare iracheno e dallo staff dell'ospedale e che ero stata trattata bene durante il mio "soggiorno" all'ospedale. Ed era vero.
Confermai ai giornali tutte quelle testimonianze.
Ero stata trattata umanamente. Nessuna violenza, anzi. E non capivo. Perché tutta quella operazione quando sapevano che gli iracheni se n’erano andati da quell’ospedale il giorno prima?
Perché tutta quella messa in scena?
Jessica accusò il governo degli Stati Uniti di aver creato una storia.
"Quella non ero io, non ho intenzione di prendermi il merito di qualcosa che non ho fatto ... sono solo una sopravvissuta."
“Povera Jessica”, rispose il governo, “ha perso la memoria”.
Ma Jessica non aveva perso la memoria, anzi. Ricordava tutto perfettamente.
Per il Pentagono invece era essenziale che la recuperasse quella benedetta memoria.
Per provare i crimini di guerra iracheni serviva anche quella. Non era molto, ma farsa dopo farsa.
Al governo serviva una storia eroica da dare in pasto al pubblico. Non avendola sul campo se l’era costruita. Non significa che tutto è costruito. Ma se è costruito, prima o poi la verità viene a galla.
Ricordando che l’arma più forte e più potente rimane sempre la menzogna.
Le ferite subite In Iraq l’hanno costretta a subire numerosi interventi chirurgici nel corso degli anni. Erano morti undici membri della sua unità in quello scontro.
E dopo qualche anno lei ha cominciato a soffrire di quello che chiamano il “senso di colpa del sopravvissuto”
Ne soffriva “Tati” la figlia di Allende, ne soffriva Primo Levi e molti altri sopravvissuti.
“Sono stata bene per i primi anni, circondata da amore e supporto. Poi un giorno qualcosa è cambiato: “Perché io sono sopravvissuta e i miei compagni no?”.
"E fa male. Fa male fisicamente e mentalmente”.
Lo chiamano disturbo da stress post-traumatico.
Oggi Jessica frequenta il centro di Ashburn, l'unico centro per veterani dell'Illinois dedicato all'aiuto alle donne dell'esercito.
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«Bentornato Licurgo.
Due giorni fa abbiamo parlato degli spartiati, la casta militare.
“Torna con lo scudo o sullo scudo”.
Era il saluto delle madri spartane quando un figlio partiva per andare a combattere.
Morire in battaglia, l’onore più grande»
I 300 di Leonida alle Termopili sono l’esempio più alto.
Abbiamo parlato degli spartiati, circa 10.000 e degli iloti circa 100.000.
Esisteva una terza classe sociale.
“Il ceto medio”. I Perieci.
50/60.000 uomini liberi che non potevano però partecipare alla vita politica.
«Senza poter votare, dovevano solo servire gli spartiati nel prepararsi alla guerra.
Potevano guadagnare, quello sì.
Erano commercianti, artigiani, fabbricanti di armi.
Il vero motore di Sparta.
Che permetteva agli spartiati di concentrarsi sulla guerra, senza lavorare»
“Brodo nero”.
Sorrido pensando che vuoi raccontare la mia storia iniziando da un intingolo.
Precisamente da una carne di cinghiale cotta nel suo sangue con l’aggiunta di sale e aceto.
Posso dire che sei strano forte?
Chi racconterebbe la storia di Sparta iniziando da un piatto.
«Caro Licurgo, non era un semplice piatto, dai.
Era la pietanza più apprezzata a Sparta.
Tanto che un re del Ponto fece venire alla sua reggia un cuoco spartano affinché cucinasse quella prelibatezza.
Pensava fosse una leccornia.
Invece.
Che hai da ridere?»
Te lo immagini un re del Ponto che inizia a sputare quella roba nel piatto?
In realtà, e il cuoco lo aveva detto chiaramente al re, per apprezzare quel piatto dovevi essere stato bagnato nell’Eurota, il fiume che attraversava Sparta.
Essere un vero spartano quindi.
Lo aveva ispirato il Presidente John Fitzgerald Kennedy e per lui, James Howard Meredith, era stata una sfida.
Dopo aver frequentato due anni la Jackson State University, con ottimi voti, aveva deciso di iscriversi in una università statale per soli bianchi.
Lui, un nero.
Malgrado la sentenza "Brown v. Board of Education" del 1954, dove la Corte Suprema aveva stabilito che la segregazione era incostituzionale nelle scuole pubbliche mantenute da tutti i contribuenti, quella Università continuava, nel 1962, ad accettare solo studenti bianchi.
Malgrado l’opposizione dell Governatore dello Stato, che aveva provocato scontri con morti e feriti, la mattina del 1º ottobre 1962, scortato da avvocato e sceriffo, Meredith si immatricolò all'Università statale,.
Primo studente afroamericano della sua storia
Mi chiedo come mai i giornali italiani non diano la giusta rilevanza a quello che sta succedendo negli Stati Uniti.
E non parlo degli insulti di un Presidente che dà della“stupida” a una giornalista perchè fa domande scomode.
E neppure quel “brutta dentro e fuori” rivolto a un'altra giornalista perché raccontava la Casa Bianca senza reverenza.
O una cronista apostrofata da lui “quiet, piggy” mentre tentava di parlare di un dossier esplosivo.
Certo, dare la definizione di "ritardato" a un governatore democratico non è il massimo.
Anzi, dovrebbe essere molto grave.
Ma ormai normalizzare l’odio è diventata la prassi.
Basta discutere di politica e di programmi.
Colpire non solo gli avversari, ma le persone in generale.
Si racconta che Napoleone Bonaparte guardando un mappamondo disse: “La Cina è un mostro che dorme. Quando si risveglierà la faccia del mondo sarà cambiata”.
La Cina è destinata a vincere?
L'amministratore delegato di Nvidia, Jensen Huang, ne è convinto.
Almeno nel campo dell’IA.
Ma non solo nell’AI. E non solo la Cina.
Basta osservare qualsiasi tabella
Per esempio quella dei dieci porti commerciali più importanti del mondo per movimento di TEU (twenty-foot equivalent unit) unità di misura dei container. Nessun porto si trova in Europa o negli Stati Uniti
Ma di chi è il merito maggiore dei traguardi raggiunti dalla Cina?
No, non è di Xi Jinping, segretario generale del Partito Comunista Cinese, laureato in ingegneria chimica all'Università Tsinghua di Pechino.
Ha conseguito successivamente un dottorato di ricerca in legge.
Churchill lo aveva detto alla Camera dei Comuni.
“Il dittatore ha cominciato, pistola in pugno, a chiedere una sterlina. Quando la sterlina gli è stata concessa ne ha preteso un’altra, sempre minacciando con la pistola”.
Chiaro il riferimento ai precedenti.
L’Europa stava quindi per rotolare in una guerra? Probabile.
Hitler era stato di parola.
Aveva messo in stato d’allarme cinque divisioni per la frontiera francese e altre sette divisioni pronte ad entrare in azione il 30 settembre.
Per l’invasione della Cecoslovacchia.
Ma qualcosa era cambiato rispetto al passato.
Quelle sue mosse avevano scatenato una reazione.
Che diavolo stava succedendo?
Hitler era stupito.
L’Italia era passiva, è vero, ma Roosevelt era intervenuto.
Il re di Svezia era intervenuto.