Come vivevano nei campi di concentramento?
Nei lager non si vive, si sopravvive.
Avevano pochissimo da mangiare, un pugno di riso e un pezzo di pane duro.
E poi con tutte quelle epidemie di tifo non avevano nemmeno la forza di lavorare.
Le donne avevano paura di uscire dalle tende persino per fare i bisogni.
I guardiani picchiavano tutti continuamente.
Ogni scusa era buona per punire i prigionieri con la morte, costringendo gli altri ad assistere alle esecuzioni. Almeno una cinquantina ogni giorno.
Il 2 maggio 1931 era stato lui in persona, Graziani, a fare un censimento.
Nel lager di Marsa Brega c’erano 21.117 esseri umani. A Soluch 20.123. A Sidi Ahmed el Magrun 13.050. A El Agheila, 10.900 e a Agedabia 10.000. A el Abiar 3123.
In totale 78.313 prigionieri.
E questi erano solo alcuni dei 19 campi di concentramento installati a partire dal 1930 su disposizione del generale Rodolfo Graziani, chiamato a condurre le operazioni di repressione in Cirenaica.
La mia Cirenaica. I miei fratelli libici.
Mi chiamo Omar al-Mukhtār nato da una famiglia di contadini il 20 agosto 1858.
Avevo 16 anni quando mio padre morì.
Povero, senza soldi, riuscii a studiare per diversi anni nella scuola coranica di Giarabub.
Diventando un Imam. E un insegnante.
Iniziai la lotta il 5 ottobre 1911 quando Tripoli fu occupata dai marinai della Regia Marina italiana.
Mi seguirono nella lotta circa 3.000 guerriglieri.
Era la nostra terra.
Avevamo tutto il diritto di difenderla dall’ennesimo invasore.
Nel 1921 arrivò Giuseppe Volpi nominato Governatore della Tripolitania italiana.
E poi un bel giorno arrivò lui con le sue azioni di dura repressione.
Lui, il generale Rodolfo Graziani.
Nel frattempo io ero diventato un esperto di guerriglia anti coloniale.
Era stato Graziani a deportare le popolazioni della Cirenaica per privarmi del sostegno che mi davano da anni.
Donne, vecchi, bambini costretti a marciare per centinaia di chilometri in mezzo al deserto libico fino ai campi di concentramento.
Per impedirmi di ricevere aiuti dall’Egitto Graziani fece costruire un reticolato di filo spinato lungo 270 chilometri.
Senza viveri e munizioni e con soli 700 uomini e 300 cavalli non potevo ormai fare molto.
Per isolarmi ancora di più Graziani aveva cominciato ad occupare le nostre oasi.
Iniziando il 31 luglio 1930 dall'oasi di Taizerbo su cui l'aviazione italiana sganciò anche bombe all'iprite. Non potete nemmeno immaginare cosa fa l’iprite sulla pelle umana.
E’ un rapporto dello stesso Graziani indirizzato al Ministro delle Colonie a dire che il bombardamento fu effettuato "da quattro apparecchi Ro armati con 24 bombe da 21 chili, 12 bombe da 12 chili e 320 bombe da 2 chili, tutte ad iprite".
In tanti anni di guerriglia ero sfuggito centinaia di volte alla cattura.
Ma non quella volta.
Era l’11 settembre 1931 nella piana di Got-Illfù.
Mi ferirono ad un braccio e uccisero il mio cavallo. Venni catturato e trasferito a Bengasi, sul cacciatorpediniere Orsini
Perché non avevo tentato di sfuggire alla cattura, combattendo?
Perchè avevo 73 anni e gli ultimi dieci anni di guerriglia mi avevano sfiancato. Ma era la mia terra.
Non avevate nessun diritto di portarcela via.
Non avevate nessun diritto di internare il mio popolo.
Mi avete processato, è vero. Un processo burla visto l’ordine di uccidermi arrivato da Mussolini.
Ma prima Graziani mi aveva chiesto di far cessare, con la mia autorità, la guerriglia.
Gli risposi che era la mia terra.
Era la mia terra.
Ma lui non capiva.
Il processo durò poche ore.
Ad Omar al-Mukhtār furono mossi 16 capi d’accusa, dalle azioni di guerra ai furti di bestiame.
Il difensore d’ufficio, il capitano Roberto Lontano, per la sua arringa “troppo difensiva” fu punito con dieci giorni di rigore.
Fu l’interprete Nasri Hermes a tradurgli la sentenza di morte.
«Da Dio siamo venuti e a Dio dobbiamo tornare», rispose.
Il 16 settembre 1931 Omar al-Mukhtār venne trasferito nel lager di Soluch e alle 9 impiccato davanti a 20.000 libici fatti affluire dai vicini lager.
Le cifre ufficiali raccontano che furono internati nei campi di concentramento 90.761 civili libici.
La propaganda del regime fascista li definiva dei posti bellissimi.
Nei lager di Soluch e di Sidi Ahmed el-Magrun c’erano oltre 33.000 reclusi. E un solo medico.
Nel lager c’erano anche tutti i loro animali.
La loro unica ricchezza.
Alla fine morì il 90% degli ovini e l'80% dei cavalli e dei cammelli di tutta la Cirenaica.
I campi vennero chiusi nel settembre del 1933.
Nel frattempo erano morte nei lager oltre 40.000 persone.
Nelle sue memorie Graziano definì Omar al-Mukhtār “un uomo senza cultura e nessuna idea del vivere civile. Fanatico quanto mai. Ed ignorante: sapeva appena vergare la sua firma”.
In realtà Omar al-Mukhtār era un uomo molto intelligente e possedeva un’eccellente cultura.
Nel 1981 “Il leone del deserto” del regista Mustafa Akkad raccontò la vita di Omar al-Mukhtar.
Il film venne censurato impedendone la distribuzione in Italia, in quanto ritenuto "lesivo all'onore dell'esercito italiano", disse Andreotti.
Verrà trasmesso la prima volta nel 2009.
Nel giugno del 2009 Il leader libico Muammar Gheddafi iniziò la sua visita in Italia.
Tutti videro la fotografia che Muammar Gheddafi portava sul petto.
La foto di Omar al-Mukhtar il «leone del deserto» in catene.
L’eroe della resistenza libica contro il colonialismo italiano.
Quanti si saranno accorti invece di quel vecchio sceso a stento dall’aereo con Gheddafi?
Lui era Mohammed Omar Al-Mukhtar, figlio di Omar al-Mukhtar, il «leone del deserto».
Mohammed Omar Al-Mukhtar è morto a Bengasi nel 2018 all’età di 97 anni.
• • •
Missing some Tweet in this thread? You can try to
force a refresh
20 ottobre 1944, ore 7,58.
Dall’aeroporto di Castelluccio dei Sauri, vicino Foggia, si alzano in volo 36 bombardieri “B-24 Liberator” del 451° stormo “Bomb Group dell’USAAF”.
Gli obiettivi sono nel nord Italia.
Oggi uno in particolare: le acciaierie Breda di Sesto San Giovanni.
Un obiettivo secondario.
In quel periodo i bersagli militari importanti sono solo 3: lo stabilimento petrolchimico di Mestre, la raffineria Aquila di Muggia e la fabbrica d’aerei Reggiane, gruppo Caproni, di Reggio Emilia.
Gli altri tutti secondari.
Come le acciaierie Breda.
Il 451° stormo si avvicina all’obiettivo.
La formazione di attacco prevede 36 aerei a ondate di 18, composte di aerei in fila x due disposti a punta di freccia.
Oggi sono 35.
Uno è tornato alla base per problemi meccanici.
Gli altri procedono alla velocità di 160 miglia orarie
Lungo un viale della città di Częstochowa si può incontrare una panchina.
Non la solita panchina, ma una panchina speciale, con una scultura in bronzo.
Raffigura una figura femminile seduta, con un gatto ai suoi piedi.
La targa dice che è dedicata a Halina Poświatowska.
Che poi sarei io.
Avrei dovuto immaginare che la mia vita non sarebbe stata per niente facile.
Fin dall’inizio.
Ero appena nata e già erano cominciati i problemi.
I miei genitori volevano chiamarmi Halina, ma il parroco, nel certificato di nascita, scrisse Helena.
Il motivo?
Secondo lui Halina non era presente nell’albo dei santi quindi aveva proposto ai miei genitori uno simile, Helena.
E quello scrisse nel certificato.
Una volta a casa i miei genitori continuarono a chiamarmi Halina.
A loro piaceva quello.
E pure a me.
I suoi riferimenti non erano politici.
L’unica sua passione erano i film di John Wayne.
«Sono cresciuta in un ranch, dove non esistevano differenze tra i compiti dei maschi e quelli affidati alle femmine. Tutti dovevano lavorare duro, nessun veniva trattato in modo diverso».
Quando era diventata governatrice del Dakota del Sud, il 5 gennaio 2019, prima donna a ricoprire quella carica, iniziò da subito a farsi notare.
Pronti via e nel 2020, durante la pandemia del Covid-19, si rifiutò di sancire l’obbligo di indossare mascherine protettive.
Però nel 2020, come governatrice, avrà sicuramente vietato di tenere a Sturgis, una cittadina di 7.000 abitanti, lo “Sturgis Motorcycle Rally” uno dei più grandi raduni di motociclisti (circa 500.000) del mondo.
Ma figuriamoci.
Non ricordate il suo idolo John Wayne?
Craxi lo aveva ripetuto più volte: il crimine è avvenuto su nave italiana, quindi in territorio italiano
La giurisdizione è nostra.
Anche Sigonella è in territorio italiano
“La sovranità non si negozia, nemmeno con l'amico più potente. L'Italia non è una provincia dell'Impero”.
Facciamo un passo indietro
Giovedì 10 ottobre 1985.
Il piano americano è quello di intercettare il Boeing egiziano che trasporta i dirottatori.
Il problema è dove farlo atterrare.
Gli americani hanno messo sotto controllo il telefono di Mubarak e grazie ai servizi israeliani sanno dove è l’aereo e il suo contrassegno di coda.
Devono solo decidere dove farlo atterrare.
Creta e Cipro no.
Non darebbero mai l’autorizzazione.
“Quando abbiamo adottato il modello della libertà, nel lontano 1860, in 35 anni siamo diventati la prima potenza mondiale”.
Ma di quale libertà sta parlando quest’uomo?
Di quale modello?
Noi, eravamo lì da migliaia di anni.
Noi eravamo il popolo dei Mapuche.
Mapuche significa “popolo della terra”.
Voi e la vostra “proprietà privata”.
Lo sapete che per noi la terra, il wallmapu, non appartiene a nessuno, ma è solo un territorio di cui prendersi cura?
Ci chiamavate fannulloni e incompetenti perché non sfruttavamo quella terra.
Di quale modello di libertà sta parlando quell’uomo?
I nostri fratelli Selknam erano in quella terra da 10.000 anni.
Quando Magellano aveva scoperto quel passaggio a sud del pianeta la chiamò “Terra del Fuoco” per avere avvistato i fuochi accesi dei nostri fratelli Selknam.
“Tutti gli uomini sono creati eguali dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che fra questi diritti sono la Vita, la Libertà…”.
E se “una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo”
Era il 4 luglio 1776 quando Thomas Jefferson, mostrò pubblicamente (era stata approvata il 2 luglio) la Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America.
Quelle prime righe furono poi ribadite nel 1789, all’art. 1 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino che recita testualmente: “Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti”.
E poi nel 1948 la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.