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Mar 14, 2022 24 tweets 8 min read Read on X
Me lo ricordo bene quel 5 maggio 1938.
Era una bella giornata di sole.
Ai lati di Via Caracciolo, sul lungomare, c’era un sacco di gente in attesa del suo passaggio.
Ad un tratto l’auto scoperta avanzò tra le due ali di folla e lui, il Fuhrer, si alzò in piedi. Image
Ricordo ancor meglio la voce di uno sconosciuto che ruppe il silenzio della cerimonia, quando Hitler tese il braccio nel classico saluto nazista.
“Sta verenn’ si for’ chiove” (sta controllando se fuori piove)”.
E la gente scoppiò in una fragorosa risata.
Perché noi napoletani, in quanto a ironia e capacità di non prenderci troppo sul serio, non ci batte nessuno. Non solo.
Ditemi voi dove Mussolini, definito ‘nu pagliaccio“ dal Vate, poteva farsi fotografare con una rosa in bocca, se non davanti al mare di Napoli.
Era il 1938, e tra poco Mussolini, “lo scimunito”, ci avrebbe portato in una guerra infame.
E noi, a ogni disgrazia una canzone.
Come il 28 marzo del 1943 quando la Caterina Costa, una nave carica di armamenti bellici, saltò in aria nel Porto di Napoli.
Seicento i morti. Tremila i feriti.
E il nostro grido di rabbia sfociato sul ritornello di "Napule ca se ne va".
Dopo pochi mesi, “chesta storia ha fa fernì!”, divenne realtà.
Tutto ebbe inizio il 27 settembre 1943. Aveva piovuto fino all’alba, poi era tornato il sereno. Alcuni giovani napoletani, rifugiatisi nel cascinale del Pagliarone per sfuggire alle retate ormai quotidiane dei tedeschi, uscirono all’aperto. Fu allora che le videro in lontananza.
Decine di navi stavano avanzando nel braccio di mare davanti a Napoli.
“Gli americani, gli americani!!!”.
E via di porta in porta, di strada in strada l’urlo di liberazione. Potevano aspettare lo sbarco?
Attendere gli americani?
Mai.
A Napoli la Resistenza era già cominciata giorni prima, subito dopo l'armistizio.
Con alcune manifestazioni studentesche già il 1º settembre in piazza del Plebiscito e le prime assemblee nel Liceo Classico «Sannazaro» al Vomero. Poi, subito dopo, le prime azioni armate.
I primi scontri il 9 settembre, al Palazzo dei Telefoni. Poi il 10 settembre tra piazza del Plebiscito e i giardini del Molosiglio. E poi l'11 settembre alla Riviera di Chiaia. E il 12, con l’eccidio a piazza Bovio e la fucilazione di Andrea Mansi, per anni il “Marinaio ignoto”.
A Napoli i soldati italiani erano allo sbando per mancanza di ordini dai comandi militari. Con oltre 20.000 tedeschi in giro, la fuga in abiti borghesi dei generali Riccardo Pentimalli ed Ettore Deltetto non aveva certo aiutato. Era stato il caos. Ma ora eccole le navi americane.
Ma i napoletani vogliono consegnare una città già liberata.
Anche perché le navi sono ferme, bloccate dalle mine.
La prima fucilata contro i tedeschi venne sparata al Vomero in Via Belvedere (dal Vomero verrà sparata anche l’ultima).
E’ l’inizio delle Quattro Giornate.
Al Vomero vecchio erano stati una ventina di uomini, armati alla bell'e meglio, a insorgere.
Alla loro guida un popolano noto come “O baccalaiuolo”, (venditore di merluzzo secco).
Furono due tedeschi in sella ad una moto i primi a cadere.
Poi altri spari. Prima in Via Cimarosa, poi in Via Scarlatti e in Piazza Vanvitelli.
Lo scopo? Attaccare i tedeschi per prendere loro le armi.
Le voci di insurezione arrivarono al comando tedesco, dislocato nel campo sportivo del Littorio usato come campo di concentramento.
Un rastrellamento punitivo fu la prima risposta del maggiore Sakau.
“I napoletani la devono smettere di spararci addosso”. E così i tedeschi iniziarono a sparare a casaccio contro i palazzi.
Furono sei le prime vittime civili.
Anche un ragazzo, il cui nome rimarrà sconosciuto.
Poi ci fu un vero e proprio rastrellamento.
Uno dei tanti. Ma la Resistenza vuole combattere.
A organizzarla, al Liceo Sannazaro, saranno il professore Antonino Tarsia in Curia e il pittore Eduardo Pansini.
Al comando. il capitano Vincenzo Stimolo, detto “Enzo”.
E’ questo gruppo che intima ai tedeschi di liberare i prigionieri. Il temuto comandate Walter Scholl si trova all’Hotel Parco.
Lui a dare l’ordine di consegnare tutte le armi, il copri-fuoco, la distruzione delle fabbriche, e la chiamata al servizio obbligatorio per certe classi
Scholl, rendendosi conto di non poter difendere il Vomero, decise di ripiegare.
Dopo aver liberato gli ostaggi.
Niente male per i patrioti napoletani in così poco tempo.
Ma altre forze tedesche sono attestate nella Conca di Agnano.
Per quello i partigiani hanno organizzato un posto di guardia sulla strada della Pigna.
Dentro ci sono cinque patrioti.
Il tenente Giovanni Abbate, il soldato Celestino Sardu, il marinaio Mario Sepe, il vigile del fuoco Francesco Pintore e il civile Bruno Bonfiglio.
Sono loro a sentire per primi quel ronzio di motori. Dall’ultima curva apparve una colonna motorizzata composta da dodici autoblinde, un cannone anticarro e un carro armato.
Davanti, un’auto e una motocicletta.
Uno scontro impari.
Con una sola mitragliatrice rubata ai tedeschi, quattro moschetti e otto bombe a mano, quei pochi uomini riuscirono a bloccare i tedeschi.
La città è in ginocchio per i bombardamenti, ma la rabbia dei napoletani cresce sempre di più.
In tutta la città sorgono barricate.
La reazione è tremenda e molti giovani napoletani cadono sotto il fuoco tedesco.
Tra questi lo studente Adolfo Pansini, vent’anni, figlio del pittore.
Arrivano i rinforzi e i tedeschi si ritirano portando con loro alcuni prigionieri.
Verranno fucilati poco dopo.
Ormai la rivolta dilaga.
A Capodimonte, al Vasto, a Foria e a Chiaia. Nella zona del Museo la battaglia più dura. Sono gli scugnizzi a portare ai partigiani le armi rubate ai tedeschi. Al Materdei e in difesa del Ponte della Sanità, c’è lei, l’operaia Maddalena Cerasuolo. Armata
Dopo 4 giorni di combattimenti verrà consegnata alla V Armata una città liberata.
168 vittime in combattimento, 140 quelle civili, 19 morti mai identificati, 162 feriti, 75 invalidi permanenti.
Napoli, la prima tra le grandi città europee a insorgere contro l'occupazione tedesca
A questo punto avrei dovuto ringraziare chi mi ha chiesto di raccontare le “Quattro giornate” di Napoli. Lo faccio sempre, com’è giusto.
Purtroppo non sono riuscito a ritrovare il tweet di chi mi ha suggerito di raccontare quei giorni.
Me ne scuso.

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Nov 6
"Domani, quando gli apparecchi televisivi non saranno più milioni, ma milioni di milioni.
Quando ogni stanza possiederà il suo apparecchio tecnicamente perfezionato, con immagini nitide e a colori e i programmi saranno più vivi e interessanti".
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Nov 4
Tempo fa vi ho raccontato della decimazione subita dal “Battaglione Catanzaro”.
(leggete qui )
Quella storia la conosciamo grazie a un documento della relazione della regia Commissione d’inchiesta su Caporetto, costituita il 12 gennaio 1918. Image
Il Presidente era Carlo Caneva, senatore del Regno, che denunciò: “quel provvedimento selvaggio[…] della decimazione applicata ad interi reparti, fra i cui componenti si trovavano numerosi innocenti…ci fu un caso dove fu estratto a sorte un soldato lontano parecchi chilometri”. Image
Ma non furono solo le decimazioni il segno distintivo di Luigi Cadorna.
Fu la sua condotta della guerra, tutta imperniata su quelle che lui chiamava “spallate”.
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Oct 20
20 ottobre 1944, ore 7,58.
Dall’aeroporto di Castelluccio dei Sauri, vicino Foggia, si alzano in volo 36 bombardieri “B-24 Liberator” del 451° stormo “Bomb Group dell’USAAF”.
Gli obiettivi sono nel nord Italia.
Oggi uno in particolare: le acciaierie Breda di Sesto San Giovanni.
Un obiettivo secondario.
In quel periodo i bersagli militari importanti sono solo 3: lo stabilimento petrolchimico di Mestre, la raffineria Aquila di Muggia e la fabbrica d’aerei Reggiane, gruppo Caproni, di Reggio Emilia.
Gli altri tutti secondari.
Come le acciaierie Breda. Image
Il 451° stormo si avvicina all’obiettivo.
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Oggi sono 35.
Uno è tornato alla base per problemi meccanici.
Gli altri procedono alla velocità di 160 miglia orarie
Read 22 tweets
Oct 17
Lungo un viale della città di Częstochowa si può incontrare una panchina.
Non la solita panchina, ma una panchina speciale, con una scultura in bronzo.
Raffigura una figura femminile seduta, con un gatto ai suoi piedi.
La targa dice che è dedicata a Halina Poświatowska. Image
Che poi sarei io.
Avrei dovuto immaginare che la mia vita non sarebbe stata per niente facile.
Fin dall’inizio.
Ero appena nata e già erano cominciati i problemi.
I miei genitori volevano chiamarmi Halina, ma il parroco, nel certificato di nascita, scrisse Helena.
Il motivo?
Secondo lui Halina non era presente nell’albo dei santi quindi aveva proposto ai miei genitori uno simile, Helena.
E quello scrisse nel certificato.
Una volta a casa i miei genitori continuarono a chiamarmi Halina.
A loro piaceva quello.
E pure a me.
Read 20 tweets
Oct 7
I suoi riferimenti non erano politici.
L’unica sua passione erano i film di John Wayne.
«Sono cresciuta in un ranch, dove non esistevano differenze tra i compiti dei maschi e quelli affidati alle femmine. Tutti dovevano lavorare duro, nessun veniva trattato in modo diverso».
Quando era diventata governatrice del Dakota del Sud, il 5 gennaio 2019, prima donna a ricoprire quella carica, iniziò da subito a farsi notare.
Pronti via e nel 2020, durante la pandemia del Covid-19, si rifiutò di sancire l’obbligo di indossare mascherine protettive.
Però nel 2020, come governatrice, avrà sicuramente vietato di tenere a Sturgis, una cittadina di 7.000 abitanti, lo “Sturgis Motorcycle Rally” uno dei più grandi raduni di motociclisti (circa 500.000) del mondo.
Ma figuriamoci.
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Oct 5
Craxi lo aveva ripetuto più volte: il crimine è avvenuto su nave italiana, quindi in territorio italiano
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“La sovranità non si negozia, nemmeno con l'amico più potente. L'Italia non è una provincia dell'Impero”. Image
Facciamo un passo indietro
Giovedì 10 ottobre 1985.
Il piano americano è quello di intercettare il Boeing egiziano che trasporta i dirottatori.
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Devono solo decidere dove farlo atterrare.
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Non darebbero mai l’autorizzazione.
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