Renata Viganò, scrittrice e partigiana, che ha scritto “ L'Agnese va a morire” ha definito la mia morte “la più ignominiosa disfatta della loro sanguinante professione”.
Si riferiva ai fascisti della Compagnia Autonoma Speciale, guidati dal Capitano Renato Tartarotti.
Ero a casa di zio, insieme ad altri due partigiani, quando i fascisti mi arrestarono.
Inizialmente mi rinchiusero nelle scuole di San Giorgio, poi fui portata a Bologna.
I fascisti speravano di ottenere da me informazioni sulla Resistenza.
Prima di essere interrogata ripensai alla mia vita.
Ero nata a Bologna l'8 aprile 1915 da una famiglia benestante.
C’era papà Angelo, capomastro edile, poi la mamma, Argentina di nome, e mia sorella Nastia.
Quando cominciai ad interessarmi di politica?
Quando il mio ragazzo Federico fu dato per disperso.
Era militare a Creta quando, dopo l'8 settembre 1943, fu fatto prigioniero e imbarcato su una nave diretta in Germania.
Affondata al Pireo, di Federico non seppi più niente.
Cominciai allora ad aiutare soldati sbandati aderendo poi al Partito Comunista.
Non ci volle molto per entrare nella Resistenza col nome di battaglia “Mimma”.
Con me anche l’amico Dino Cipollani giovane partigiano di Argelato, nome di battaglia “Marco”.
E ora sono in carcere
Immagino i pensieri dei mie aguzzini.
“E' con compito facile, in fondo è solo una donna, questione di qualche ora al massimo e sapremo tutto ciò che c’è da sapere sui suoi compagni".
Già, forti questi fascisti.
Soprattutto se sono tanti ed io una donna sola
Questione di qualche ora, avevano pensato.
Una cosa facile.
Passò un giorno, poi due, poi tre, quattro, cinque, sei e sette.
Sette giorni in cui mi avevano picchiata e torturata. Cominciarono a conoscere il grado di sopportazione di una donna.
Avevano continuato a chiedermi i nomi dei miei compagni, ma io niente.
E giù botte.
Così per sette giorni.
Poi, non contenti, mi accecarono.
Ero ancora viva quando mi portarono davanti alla casa dei miei genitori pensando di convincermi a parlare.
Ma io rimasi in silenzio.
Poi sentii partire i primi colpi di mitraglia.
Poi più niente.
Così sono morta.
Io morta e loro sconfitti dal mio silenzio.
Sconfitti da Irma Bandiera, nome di battaglia “Mimma”, una ragazza di 29 anni.
Era il 14 agosto 1944.
Trovarono il mio corpo vicino allo stabilimento della ICO, fabbrica di materiale sanitario.
Lasciato in vista dai fascisti per una giornata, come monito.
Poi mi portarono all'Istituto di Medicina Legale di via Irnerio e sepolta alla Certosa.
Hanno dipinto il mio volto sulla facciata delle scuole elementari Luigi Bombicci a Bologna.
Con una scritta: ”La coerenza è comportarsi come si è, e non come si è deciso di essere”.
Una frase di Sandro Pertini.
Per non dimenticare.
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Due giorni fa vi ho raccontato della decimazione subita dal “Battaglione Catanzaro”.
(leggete qui )
Quella storia la conosciamo grazie a un documento della relazione della regia Commissione d’inchiesta su Caporetto, costituita il 12 gennaio 1918.
Il Presidente era Carlo Caneva, senatore del Regno, che denunciò: “quel provvedimento selvaggio[…] della decimazione applicata ad interi reparti, fra i cui componenti si trovavano numerosi innocenti…ci fu un caso dove fu estratto a sorte un soldato lontano parecchi chilometri”.
Ma non furono solo le decimazioni il segno distintivo di Luigi Cadorna.
Fu la sua condotta della guerra, tutta imperniata su quelle che lui chiamava “spallate”.
Un assalto alla baionetta contro le postazioni nemiche, sempre munitissime di mitragliatrici e artiglieria.
Eravamo solo stanchi.
Troppo stanchi.
Distrutti nel corpo e nella mente.
E’ vero, ci siamo ribellati a quell’ordine, ma non ci meritavamo quella punizione.
Lo diceva la nostra storia, le nostre battaglie, il nostro coraggio.
Chi siamo?
Una lunga storia.
Iniziata a Catanzaro.
A Catanzaro Marina per la precisione.
In tema di arruolamento c’erano da sempre due scuole di pensiero.
I politici preferivano che l’arruolamento fosse nazionale.
Lo scopo era quello di amalgamare i giovani provenienti da tutte le zone d’Italia.
I militari invece preferivano un reclutamento regionale
Secondo loro, cultura e lingua parlata, portavano alla formazione di reparti più omogenei.
In tempo di pace prevalse la prima, ma quando si fece sentire il rumore della guerra si preferì la seconda.
E' il 28 marzo 1941.
Lei sta camminando, si china a raccogliere un sasso e se lo mette in tasca.
Cammina, e mette altri sassi nelle sue tasche.
Ora è arrivata al fiume.
Abbandona il bastone e cammina ancora, fin dentro al fiume.
Lasciandosi poi trascinare dalla corrente.
E' il 18 aprile 1941.
“Guardate, c’è qualcosa nel fiume” urla uno dei bambini arrivati in gita sul fiume Ouse.
A prima vista, sembra un pezzo di legno, un tronco.
E i bambini cominciano a tirare i sassi verso quel pezzo di legno.
Il legno si è piano piano avvicinato alla riva.
Un ragazzo entra nell’acqua per prenderlo.
Ma quello non è un tronco.
E' il corpo di una donna in pelliccia.
Al polso ha un orologio.
E' fermo alle 11:45.
Paneroni, chi è costui?
Paneroni sono io teste di rapa.
Giovanni Paneroni per la precisione, nato a Rudiano, in provincia di Brescia, il 23 gennaio del 1871, qualche giorno prima che Roma diventasse la capitale d'Italia.
Fu papà Battista a indirizzarmi agli studi.
Prima le scuole elementari, che per l'epoca rappresentavano già un traguardo non indifferente, e poi il collegio vescovile a Bergamo, dove rimasi due anni.
Lasciai per mancanza di vocazione, ma quelle basi mi servirono per dare vita a quell’idea rivoluzionaria.
Iniziai prima a lavorare in una bottega in Bergamo dove imparai la lavorazione del "Tiramolla", uno dei dolci più diffusi e popolari del periodo.
Una professione che mi sosterrà economicamente per tutta la vita, permettendomi di crescere una grande famiglia con ben otto figli.
Ci mancava pure il film.
Con tutti quegli Oscar poi.
Lo so che su Wikipedia è scritto chiaro “il film è tratto dall'omonima opera teatrale…”, ma sapete quanta gente pensa sia un film storico?
Ma dai.
Dovevate scriverlo a chiare lettere: OPERA DI FANTASIA!
Tutta colpa di quel russo, Aleksandr Sergeevič Puškin, e del suo microdramma.
Da lì la pièce teatrale in due atti scritta da Peter Shaffer.
E ora questo film.
Tutto per cercare di convincere la gente che io quello lo odiavo.
Tanto da ucciderlo.
Io provare invidia per quello?
Ma quando mai.
Ero uno dei musicisti più importanti di tutta Europa. Quale autore scelse l’imperatrice Maria Teresa D’Austria per l’inaugurazione del Nuovo Regio Ducal Teatro nel 1778?
Il sottoscritto.
Con l'opera lirica "L'Europa riconosciuta"
Sorrido quando leggo che il blues è nato quella notte all’incrocio tra le Highway 61 e 49 a Clarksdale.
Perché vi garantisco che non firmai nessun patto col diavolo, barattando la mia anima, per diventare il più grande bluesman della storia.
Certo.
Strano era strano.
I vari musicisti che mi avevano conosciuto prima di quella notte erano concordi nel ritenere goffo il mio modo di suonare la chitarra.
Invece ero riapparso dopo quella notte dotato di una bravura e di un'espressività tali da lasciare tutti a bocca aperta
Però forse è il caso di cominciare dall’inizio.
MI chiamo Robert Leroy Johnson e sono nato a Hazlehurst (Mississippi) l’8 maggio 1911 da una relazione di mia madre, Julia Dodds, dopo che mio padre ci aveva abbandonati per un'altra donna.