Madagascar!
No, non è il film d'animazione coi suoi famosi pinguini, ma il paese dove diversi paesi europei volevano deportare i loro cittadini di origine ebraica alla fine degli anni '30.
Una #storia poco nota, rimasta schiacciata sotto l'immenso dramma dello #Olocausto
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L'idea di deportare la popolazione ebraica in Madagascar o Palestina appare già a fine '800 negli scritti del teologo e orientalista tedesco Paul de Lagarde, che ritiene gli ebrei uno degli ostacoli alla espansione imperialista del popolo tedesco nell'Europa orientale. 2/11
Ma si può ricordare anche nel 1903 la "generosa" offerta ai sionisti del segretario alle colonie Joseph Chamberlain, padre di Neville futuro premier UK, di destinare una regione dell'Uganda agli ebrei russi che volessero fuggire dai pogrom zaristi.
Ricorda qualcosa?
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Ma è negli anni '30 che l'idea riprende spinta. Prima da parte degli antisemiti britannici Henry Hamilton Beamish e Arnold Leese poi nel 1937 dal governo polacco che, con l'assenso della Francia, manda una commissione in Madagascar per studiarne la fattibilità.
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Mussolini pensa invece alla Somalia:
"30 agosto 1938
Il Duce mi comunica anche un suo progetto di fare della Migiurtinia una concessione per gli ebrei internazionali. Dice che il paese ha notevoli riserve naturali che gli ebrei potrebbero sfruttare."
(Diario di G.Ciano)
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Ancora l'11 gennaio 1939 Mussolini scrive in una lettera ai governi europei e agli USA: "Ma quello che io ho sempre considerato e considero come la soluzione più pratica è la creazione, in qualche parte del mondo, di un vero e proprio Stato ebraico."
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L'idea Madagascar appare nel 1938 anche nei dialoghi fra i ministri degli esteri francese Georges Bonnet e tedesco Ribbentrop, col primo che rifiuta di accettare altri rifugiati ebraici dalla Germania e anzi parla di 10mila già entrati che bisognerebbe mandare nella colonia.
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La guerra ferma ovviamente il progetto franco-tedesco che però riappare nel 1940 in un report preparato dal ministero degli esteri tedesco, che viene approvato da tutta la gerarchia nazista fino a Hitler ora che la vittoria sulla Francia può dare la disponibilità dell'isola.
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Il ‘‘Reichssicherheitshauptamt: Madagaskar Projekt.’’ viene compilato da Eichmann: l'isola dovrebbe diventare un territorio autonomo ebraico, controllato però dalle SS ed isolato dal resto del mondo, dove mandare, uno all'anno, i 4 milioni di ebrei dei territori tedeschi.
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Il fallimento della "Battaglia di Inghilterra" rende però il piano infattibile. Non ci sono né le navi né le condizioni logistiche minime per un trasferimento gigantesco di popolazione via mare con l'UK ancora in guerra e la sua flotta di guardia agli oceani.
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L'invasione della Russia impone la ricerca di un diverso piano: il 20 gennaio 1942 a Berlino la Conferenza di Wannsee fra le più alte gerarchie naziste approverà la Soluzione Finale del problema ebraico.
Il piano Madagascar verrà archiviato definitivamente 20 giorni dopo.
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Per approfondire consigliamo:
Christopher R. Browning
"The origins of the Final Solution"
University of Nebraska Press, 2004
Qui disponibile per la consultazione online archive.org/details/origin…
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Il fascismo non è stato solo un movimento politico che ha imposto un regime autoritario.
È stato un vero e proprio culto, una religione civile totalitaria in cui l'italiano poteva trovare una nuova dimensione collettiva nazionale.
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Lo storico Emilio Gentile, ne Il Culto del Littorio, ci guida in un viaggio nella politica fascista come religione civile.
Il fascismo non si limita a controllare, ma ambisce a creare una fede laica, con miti, riti e simboli.
È una storia di come lo Stato diventa sacro.
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il processo di secolarizzazione iniziato con l'Illuminismo e la Rivoluzione francese non ha comportato una semplice separazione tra politica e religione, ma anche una trasformazione del politico che ha assunto caratteristiche proprie della dimensione religiosa.
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Come finiscono le guerre?
Tra il campo di battaglia che rivela chi è più forte e gli accordi che devono superare la reciproca sfiducia, la pace è un puzzle complesso.
La resa incondizionata è strategia o necessità?
Vediamo assieme i meccanismi dietro la fine dei conflitti.
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How Wars End del politologo USA Dan Reiter, edito dalla @PrincetonUPress, esplora come e perché le guerre si concludono.
Ci sono due concetti centrali: le informazioni che emergono dal campo di battaglia e la certezza che l’avversario rispetti in futuro gli accordi di pace.
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Le guerre sono, in fondo, questioni politiche.
Il Nobel per la Teoria dei Giochi Thomas Schelling le descrive come una sorta di negoziato, dove si discute su dei confini o sul tipo di governo.
La pace arriva con un accordo che risolve la disputa, creando un nuovo equilibrio.
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"Fuori la guerra dalla storia" non è, nonostante quello che ne pensi @mattiafeltri, una "minchiata" di Conte.
È l'auspicio sotto il quale nel 1928 viene siglato il patto "Kellogg-Briand" che è diventato un caposaldo del diritto internazionale: la guerra diventa un crimine.
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Le nazioni firmatarie del patto proposto dai ministri degli esteri di Francia, Aristide Briand, e USA, Frank Kellog, si impegnano a rinunciare alla guerra come mezzo di risoluzione delle loro divergenze, diritto che era sempre stato insito nella sovranità di ogni paese.
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Proprio facendo riferimento a quel patto, ratificato anche da Germania e Giappone, a Norimberga e Tokyo si possono giudicare politici e alti ufficiali tedeschi e giapponesi "colpevoli di avere pianificato e avviato una guerra di aggressione", cioè di "crimini contro la Pace".
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“Il commercio è guerra economica”.
I dazi di Trump riscrivono le regole, rispolverando il Neomercantilismo.
Da Smith a List, fino ai recenti "Kicking Away the Ladder" di Ha-Joon Chang e "The Neomercantilists" di Eric Helleiner, vediamo questo scontro tra mercato e politica.
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Adam Smith, in La ricchezza delle nazioni (1776), attacca il Mercantilismo: i dazi proteggono interessi ristretti, non la prosperità generale.
Il commercio libero, basato sul vantaggio comparato, massimizzerebbe la prosperità globale, arricchendo invece tutti.
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Smith vede il mercato come un motore universale, non uno strumento di potere statale.
Critica i mercantilisti per la loro ossessione di esportare più di quanto si importa.
Per lui, la vera ricchezza è nella produzione e nel consumo, non nella bilancia commerciale.
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Il 4 agosto 1916 gli USA e la Danimarca si accordarono su questo prezzo perché i primi potessero prendere possesso della colonia danese delle Isole Vergini nei Caraibi.
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Il grande successo in Europa dello zucchero di canna prodotto nelle Americhe aveva reso nel XVII secolo estremamente desiderabili le isole caraibiche, dove il clima favoriva la sua produzione e esaltava la sua qualità.
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Il consumo di zucchero in Europa tra il 1640 e il 1750 triplicò e spagnoli, inglesi, francesi, olandesi, tutti vollero partecipare allo sfruttamento di questo nuovo "oro" alimentare, contendendosi le isole caraibiche nelle varie guerre di quel periodo.
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Con la caduta del regime di Assad, e il probabile "smembramento" della Siria in vari potentati legati alle sue fazioni, oltre che a interessi stranieri, si può dichiarare conclusa dopo un secolo la sistemazione del Medio Oriente derivante dall'accordo Sykes-Picot del 1916.
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Cosa è dunque l'accordo Sykes-Picot?
Durante la Prima Guerra Mondiale britannici e francesi, con un accordo segreto, si spartiscono il Medio Oriente sotto il controllo del nemico Impero Ottomano in rispettive zone di influenza.
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Come vedete le zone di influenza sono tracciate in perfetto stile coloniale: in alcune parti con un righello indifferente alle popolazioni che in quelle zone abitano.
Inoltre l'accordo confligge con le promesse inglesi ai leader arabi che si sono ribellati agli Ottomani.
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