Il #redditodicittadinanza è fra gli argomenti più discussi di questi giorni.
Ma anche il #Fascismo volle creare una misura di sostegno per i meno abbienti che si potesse direttamente intestare: la Befana Fascista. 1/7
Il welfare destinato ai cittadini più poveri è storicamente gestito fin dal medioevo dalle Opere Pie religiose. Il Regno d'Italia le pone sempre più sotto il controllo statale e indirizza le loro elargizioni tramite Congregazioni di Carità controllate dalla giunta comunale. 2/7
Ma nonostante la "statalizzazione" delle Opere Pie, trasformate in enti pubblici (IPAB) da Crispi e coordinate centralmente da Giolitti poi, il partito fascista ha bisogno di qualcosa che lo leghi direttamente ai più bisognosi senza il diaframma della burocrazia statale. 3/7
L'idea viene al segretario Augusto Turati che propone al Duce la Befana Fascista, ulteriore rito nella costruzione di una religione politica (di cui parleremo in futuro), utilizzando nell'operazione le nuove organizzazioni dei Fasci Femminili e Opera Nazionale del Dopolavoro. 4/7
Ecco così che alle federazioni provinciali del PNF viene dato il compito di sollecitare le classi benestanti a dare donazioni in beni e denaro, in pieno stile capitalismo compassionevole, che poi i Fasci Femminili suddividevano in pacchi da essere distribuiti tramite le OND. 5/7
Iniziata nel 1928 la Befana Fascista ha subito successo anche perché l'impegno statale verso i non abbienti era rimasto fermo alle dimensioni e logiche ottocentesche.
Mussolini la trasforma nel 1934 in Befana del Duce, altro tassello nella concezione totalitaria dello Stato. 6/7
Il particolare più interessante è che anche nel dopoguerra della Repubblica la tradizione rimane viva presso vari dopolavoro categoriali, in specie pubblici, compreso quello della RAI, e come manifestazione di un partito a cui, evidentemente, il passato piace parecchio. 7/7
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Il fascismo non è stato solo un movimento politico che ha imposto un regime autoritario.
È stato un vero e proprio culto, una religione civile totalitaria in cui l'italiano poteva trovare una nuova dimensione collettiva nazionale.
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Lo storico Emilio Gentile, ne Il Culto del Littorio, ci guida in un viaggio nella politica fascista come religione civile.
Il fascismo non si limita a controllare, ma ambisce a creare una fede laica, con miti, riti e simboli.
È una storia di come lo Stato diventa sacro.
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il processo di secolarizzazione iniziato con l'Illuminismo e la Rivoluzione francese non ha comportato una semplice separazione tra politica e religione, ma anche una trasformazione del politico che ha assunto caratteristiche proprie della dimensione religiosa.
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Come finiscono le guerre?
Tra il campo di battaglia che rivela chi è più forte e gli accordi che devono superare la reciproca sfiducia, la pace è un puzzle complesso.
La resa incondizionata è strategia o necessità?
Vediamo assieme i meccanismi dietro la fine dei conflitti.
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How Wars End del politologo USA Dan Reiter, edito dalla @PrincetonUPress, esplora come e perché le guerre si concludono.
Ci sono due concetti centrali: le informazioni che emergono dal campo di battaglia e la certezza che l’avversario rispetti in futuro gli accordi di pace.
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Le guerre sono, in fondo, questioni politiche.
Il Nobel per la Teoria dei Giochi Thomas Schelling le descrive come una sorta di negoziato, dove si discute su dei confini o sul tipo di governo.
La pace arriva con un accordo che risolve la disputa, creando un nuovo equilibrio.
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"Fuori la guerra dalla storia" non è, nonostante quello che ne pensi @mattiafeltri, una "minchiata" di Conte.
È l'auspicio sotto il quale nel 1928 viene siglato il patto "Kellogg-Briand" che è diventato un caposaldo del diritto internazionale: la guerra diventa un crimine.
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Le nazioni firmatarie del patto proposto dai ministri degli esteri di Francia, Aristide Briand, e USA, Frank Kellog, si impegnano a rinunciare alla guerra come mezzo di risoluzione delle loro divergenze, diritto che era sempre stato insito nella sovranità di ogni paese.
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Proprio facendo riferimento a quel patto, ratificato anche da Germania e Giappone, a Norimberga e Tokyo si possono giudicare politici e alti ufficiali tedeschi e giapponesi "colpevoli di avere pianificato e avviato una guerra di aggressione", cioè di "crimini contro la Pace".
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“Il commercio è guerra economica”.
I dazi di Trump riscrivono le regole, rispolverando il Neomercantilismo.
Da Smith a List, fino ai recenti "Kicking Away the Ladder" di Ha-Joon Chang e "The Neomercantilists" di Eric Helleiner, vediamo questo scontro tra mercato e politica.
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Adam Smith, in La ricchezza delle nazioni (1776), attacca il Mercantilismo: i dazi proteggono interessi ristretti, non la prosperità generale.
Il commercio libero, basato sul vantaggio comparato, massimizzerebbe la prosperità globale, arricchendo invece tutti.
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Smith vede il mercato come un motore universale, non uno strumento di potere statale.
Critica i mercantilisti per la loro ossessione di esportare più di quanto si importa.
Per lui, la vera ricchezza è nella produzione e nel consumo, non nella bilancia commerciale.
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Il 4 agosto 1916 gli USA e la Danimarca si accordarono su questo prezzo perché i primi potessero prendere possesso della colonia danese delle Isole Vergini nei Caraibi.
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Il grande successo in Europa dello zucchero di canna prodotto nelle Americhe aveva reso nel XVII secolo estremamente desiderabili le isole caraibiche, dove il clima favoriva la sua produzione e esaltava la sua qualità.
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Il consumo di zucchero in Europa tra il 1640 e il 1750 triplicò e spagnoli, inglesi, francesi, olandesi, tutti vollero partecipare allo sfruttamento di questo nuovo "oro" alimentare, contendendosi le isole caraibiche nelle varie guerre di quel periodo.
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Con la caduta del regime di Assad, e il probabile "smembramento" della Siria in vari potentati legati alle sue fazioni, oltre che a interessi stranieri, si può dichiarare conclusa dopo un secolo la sistemazione del Medio Oriente derivante dall'accordo Sykes-Picot del 1916.
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Cosa è dunque l'accordo Sykes-Picot?
Durante la Prima Guerra Mondiale britannici e francesi, con un accordo segreto, si spartiscono il Medio Oriente sotto il controllo del nemico Impero Ottomano in rispettive zone di influenza.
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Come vedete le zone di influenza sono tracciate in perfetto stile coloniale: in alcune parti con un righello indifferente alle popolazioni che in quelle zone abitano.
Inoltre l'accordo confligge con le promesse inglesi ai leader arabi che si sono ribellati agli Ottomani.
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