Thread by @fRa_gAv

UN PROBLEMA CULTURALE - Un thread

Alcuni chiedono l'esonero di Allegri. L'allenatore però è solo la punta di un iceberg, che certo ben rappresenta ma che non incarna da solo: la VISIONE. Il tanto decantato #LiveAhead, che ancora non abbiamo scaricato a terra.

Quando nel 2017 Guardiola viene assunto dal City Group per guidare il Manchester, l'idea non è semplicemente "fare show", ma è costruire un sistema che generi valore in tutte le squadre del gruppo. Viene imposto a tutti i team il gioco di posizione, Pep messo al centro.

L'idea è generare una coscienza collettiva, un network di competenze, dove l'allenatore spagnolo è catalizzatore e snodo. Tutti gli allenatori ricevono i suoi update su allenamenti, idee, tecniche, tutti gli allenatori condividono con lui ciò che fanno in campo.

L'idea è crescere, stare all'avanguardia: in fondo, qualsiasi scenario può offrire spunti. Per dire: Guardiola conosce JuanMa Lillo in Messico quando gioca con il Dorados, con lui trova un sacco di spunti che porterà al Barca, tanto da nominarlo vice al City.

Le altre squadre del gruppo hanno il preciso compito di costruire una cultura calcistica: questo aiuta a stabilizzare la relazione con i tifosi, lasciare che le dirigenze singole lavorino, che si installi una base competitiva che poi può dire la propria e portare al risultato.

Questo impatta sul mercato. È vero che il City prende giocatori forti, ma c'è un evidenza che molti omettono: ogni giocatore che arriva al City oggi cresce (fateci caso) e acquista valore: pensate a KDB o Sterling. Non c'è un singolo acquisto fatto a caso che viene disperso.

Ora: in troppi ancora oggi alimentano teorie bislacche come peso della maglia, DNA, sudore, fatica, difesa a oltranza, percorsi di crescita, giovani un problema. Sono tutti assunti retorici senza alcun tipo di concreto richiamo alla realtà o dimostrazione nei grandi club.

Non è questione di "opinione", ma di fatti. Non troverete mai un club di alta-media classifica che parlerà seriamente di DNA come discriminante per la vittoria. Forse c'è qualche residuo nel calcio di provincia.

Oggi il calcio è programmazione, visione, organizzazione. È uno sport dove vince chi sbaglia meno, dove il caso è sempre meno contemplato, dove tutto va valutato, dal movimento con cui un giocatore inizia un'azione al numero di metri che il singolo deve correre.

Alla Juve tutto questo è stato vagamente ignorato, poi dall'estate 2021 combattuto. Una serie di coincidenze hanno reso la nostra squadra l'esponente di spicco di una corrente che si vantava di inseguire una sorta di correlazione fra minimo sforzo e massimo risultato.

Una retorica nostalgica e negazionista, che grazie a qualche frase detta a mezza bocca da alcuni esponenti della società e da editoriali molto tradizionalisti hanno portato una tifoseria a spaccarsi, sul fatto che la vittoria non potesse che arrivare così.

Oggi ci sono ancora troppi juventini che credono che il calcio debba essere uno sport dove una somma di individualità generano un risultato frutto del caso. Con la parola "gioco" si è generato il più fatale degli incantesimi percettivi, una roba senza senso.

Quando si entra nel merito della faccenda, provando a discutere nel merito della prestazione sportiva, la reazione a chi prova ad allinearsi alle analisi più moderne anche per puro spirito di discussione per ancora troppi è di rifiuto, insulto, dileggio, maledizione.

"Non sei tifoso".
"Cosa vuoi saperne tu".
"Lascia fare ai professionisti".
"Vai a guidarla tu la Juve".
"Il calcio è sempre stato così".
Tutte frasi che peraltro demoliscono qualsiasi tentativo di affiliazione e di partecipazione della base clienti (i tifosi!).

Se infatti si guardasse al di là del proprio naso, evitando di tirare fuori editoriali del 1970 e interviste a Galeone, si scoprirebbe che oggi il mondo del calcio sta progressivamente vedendo sostituito il proprio bacino di utenza con appassionati sempre più preparati e curiosi.

Il rifiuto della modernità come dogma, interpretato dai più come lotta contro i soloni del "gioco" (visto come demoniaco, ma senza un reale perimetro di senso: nessuno saprebbe dire cosa significhi "gioco") è in realtà una scelta scellerata dal punto di vista strategico.

Se oggi venisse allontanato Allegri, troppi continuerebbero ad avere il dubbio. Tutto questo periodo, sia che conduca a una disonorevole sconfitta che a una vittoria per ciò che abbiamo visto fin d'ora casuale, deve lasciare una cosa sola.
Ossia la capacità d'analizzare.

Prendiamo il campionato 2017/2018: fu vinto anche per una serie di circostanze fortunate e favorevoli, ma casuali. Se avessimo guardato quella vittoria secondo una lettura di questo tipo, magari si sarebbe corsi ai ripari prima: forse insieme allo stesso Allegri.

Se non si analizza COME arrivano i risultati, non si può andare da nessuna parte. Se una vittoria arriva per una sculata, con un gol a caso e dopo aver subito 90', non è "corto-muso", è una sculata. Se succede una volta, benissimo. Se diventa unica via per vincere, no.

Ecco perché tutti questi mesi vanno affrontati come un problema CULTURALE. E se siamo furbi può essere il laboratorio per capire dove stiano i problemi a livello di movimento italiano: la Juve è sempre stato traino, insieme al Milan, per tutto il nostro calcio.

Facciamo come i tedeschi: individuato il problema di fondo (una competitività che calava, la riunione del paese, il crescere dei competitor) hanno messo in discussione il loro modello, introdotto academy, aggiornato le loro competenze. In dieci anni son tornati a dominare.

Concetti tipo "Eh ma se sbaglia il passaggio", "I calciatori scarsi", "Vai al circo" devono essere progressivamente eliminati dal dibattito che ruota attorno alla Juventus perché spia di una visione non competitiva. Solo così, forse, torneremo a giocarci una UCL.