IL MOTIVO

C'è un tema che ora che il sistema sta crollando e finalmente, dopo quattro (sì, quattro) anni, la Juventus comincia a vedere la luce, si può cominciare ad analizzare: come e perché il nostro (sì, nostro) club sia potuto finire in questa spirale. Ho già scritto in passato di come vi fosse un concetto di leadership attorno alla Juventus quantomeno discutibile (in un thread che mi permise di conoscere alcuni compagni di viaggio e di tifo che in questi anni hanno arricchito la mia visione).

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IL LIMITE

Il vero stratega è quello che sa prevedere le variabili e porvi rimedio. Quando è tornato alla Juve, Allegri era convinto di avere una rosa all’altezza ma, soprattutto, era convinto di essere perfettamente idoneo ad aprire un altro ciclo. Non importa che i suoi ultimi due anni alla Juve avessero aperto interrogativi importanti sulla sua visione del gioco. Per lui, e questo posso dirlo piuttosto con certezza, la sua visione delle cose era perfettamente coincidente con l’idea di esser migliore.

Dalla Gazzetta del 14 febbraio 2034.
Galeone: “Max, dacci dentro!”
Il decano degli allenatori parla del momento della Juve.
Intervistatore: Mister, come ha visto la Juve contro lo Spezia?
Galeone: Direi bene. A dispetto della sconfitta, credo che come ha detto Max si sia giocato. I: Il quarto posto è ancora raggiungibile?
G: Direi di sì. La Lazio non mi sembra imbattibile e 4 punti si possono recuperare, se la squadra ovviamente segue Max.
I: Cosa non ha funzionato in questa stagione?
G: Max sta costruendo. Lo disse quando tornò 13 anni fa. È un progetto.

IL MODELLO

"La Juventus era il punto di riferimento in virtù delle tre finali consecutive raggiunte dalla squadra di Marcello Lippi in quel periodo, e li abbiamo affrontati ben otto volte nel giro di sette anni."
Questa citazione di Gary Neville ci riporta a un tempo lontano. La Juve degli anni '90, per chi l'ha vissuta, giocava nel miglior campionato del mondo. Era come oggi di proprietà d'una superpotenza economica: a differenza di oggi, però, la proprietà allora non aveva bisogno di continui aumenti di capitale. Il club viveva su una progettualità.

IL CORTOCIRCUITÒ

Complice una sopraggiunta bulimia nauseabonda e qualche delusione umana, nelle scorse settimane ho volutamente tagliato i ponti con la Juve. Pochi aggiornamenti. Scarse conversazioni sul punto, anche perché tutto è cambiato perché nulla si trasformi. Però… … noto con piacevole quanto non disincantata meraviglia che lo stesso senso di disgusto verso un certo modo di vivere il calcio, ormai incarnato dal noto allenatore, si sta diffondendo a macchia d’olio avviando la terza e ultima fase dell’era allegriana.

OLTRE

Se veramente la Juve saluterà Allegri ci sarà da fare un'attenta pianificazione su come ripartire. Al di là della persona che lo sostituirà, bisognerà capire su che basi ricostruire un senso identitario. A oggi è il principale rischio che vedo in un suo allontanamento. Premessa: nessuno nella storia della Juventus ha goduto del credito che Allegri ha vantato fra tifosi, società e media. Penso che non sia esistito nell'ultracentenaria storia bianconera un altro professionista che sia stato tanto sostenuto a tutti i livelli.

IN TEMPI DI CRISI

Il Crisis Management è il processo per affrontare una situazione che rischia di danneggiare la performance e la reputazione aziendale, con interventi atti a gestire e mitigare le conseguenze negative di una crisi. Una roba non banale. È in questi casi che le aziende o i leader si distinguono: non solo mettendo in mostra la propria capacità di resilienza a livelli organizzativi, ma anche nel comunicare. Negli ultimi anni ci sono stati casi che per chi si occupa di mkt hanno fatto scuola.

IL DOGMA

L'ebbrezza di vincere sempre per tanti anni di fila ha intaccato pesantemente l'humus ideologico su cui si conforma il sistema calcio in Italia e in particolare il mondo Juve: il metro di misura. Eleggendo come unico aspetto il risultato finale, si è scelto un campo. Normale: in una disciplina sportiva, è il risultato ultimo che definisce il migliore. La metrica principale su cui giudicare un atleta o una squadra: è stato anche l'appiglio su cui agganciarsi nella scelta di reiterare l'esperienza dell'Allegri bis. Lui "sapeva vincere".

PROVINCIALIZZAZIONE
Tornato dallo stadio, mentre mangio un pacchetto di crackers ascoltando una live su #JuveNapoli, lascio qui qualche riflessione.
La partita è stata giocata al solito modo, e a dirla tutta non ho capito il discorso arbitro (su Radio1 hanno parlato di… … rosso risparmiato a Gatti, per dire), ma ciò che mi sta lasciando questa stagione da spettatore diretto allo stadio è una sensazione di progressivo avvitamento.
La Juve sembra essersi avviata consapevolmente su un percorso che ne segna stabilmente una dimensione provinciale.

COLPE ED EFFETTI

Questo periodo è cominciato esattamente il 4 giugno 2017, il giorno dopo la finale di Cardiff, quando il pensiero nella mente di #Allegri è di lasciare.
Non tanto per l'allenatore, che è la punta di un iceberg moooolto grosso. A mente molto fredda, e ad anni da quel momento, girandoci indietro vediamo infatti una serie di scelte che si collegano a una smania di vincere che lascia da parte tutti i pilastri che hanno permesso di arrivarci, a Cardiff: programmazione, prospettiva, coraggio.

IL DITO E LA LUNA

Sulla penalizzazione comminata alla Juventus si sta scrivendo tutto e il contrario di tutto, e come tifosi possiamo lamentarci e invocare lotta senza quartiere contro il sistema. Come osservatori però dobbiamo fermarci un attimo e riflettere. Che la Juventus abbia approfittato dell'ufficio finanziario delle plusvalenze è acclarato. Ci sono intercettazioni chiare, e non possiamo non fare autocritica. La gestione degli ultimi anni è stata ricca di errori al netto dei soliti ululati dei devoti del "vaituismo".

TUTTO PER VINCERE

Il problema è sempre quello: la vittoria. Se siamo arrivati a questo punto è per un'ossessione portata all'esasperazione che si è ibridata con dei principi a mio avviso sempre più discutibili: l'immediatezza, l'urgenza, l'incapacità di progettare. C'è un momento dove la Juve sceglie di derogare a ciò che è stata: è l'estate del 2016. La ricordate? Higuain, Pjanic, le clausole, il sogno UCL che si spezza contro una corazzata, un Real Madrid stellare che gli occhi degli ebeti considerano frutto dell'improvvisazione.

IL RACCONTO DEL CALCIO (CHE RISCHIA DI NON AVER FUTURO)

A me non stupisce che tanti giornalisti difendano un allenatore basandosi dalla sua storia più che su argomenti di campo. È un fenomeno che va allargato a livello analitico a come si raccontano le cose al di là del calcio. L'aggancio a una tradizione, a ciò che è stato e ai risultati conseguiti è un topos ricorsivo per giustificare il valore: "Una volta si stava meglio". Una tendenza radicata che esprime il perché siamo uno dei Paesi più incapaci di integrare i giovani ed esaltarne i talenti.

UN PROBLEMA CULTURALE - Un thread

Alcuni chiedono l'esonero di Allegri. L'allenatore però è solo la punta di un iceberg, che certo ben rappresenta ma che non incarna da solo: la VISIONE. Il tanto decantato #LiveAhead, che ancora non abbiamo scaricato a terra. Quando nel 2017 Guardiola viene assunto dal City Group per guidare il Manchester, l'idea non è semplicemente "fare show", ma è costruire un sistema che generi valore in tutte le squadre del gruppo. Viene imposto a tutti i team il gioco di posizione, Pep messo al centro.

ANDARE ALLO STADIO - Un Thread

Dato che sono uno di quelli che per andare a vedere la Juve ha speso migliaia di euro, e leggo tanti "teorici" parlare dello stadio, vi racconto la mia esperienza da abbonato e dico la mia sul perché dello Stadium sempre più vuoto. 1) Andare allo stadio è un impegno anche per chi vive a Torino. Al di là dello spostamento fisico c'è il tempo: uno sceglie di andare allo stadio, magari durante la settimana o alla domenica sera per rilassarsi e godersi una passione sacrificando famiglia, affetti, riposo.

VINCENTE
Ho conosciuto un professionista tronfio e proprio scarso nonostante il CV ricco di esperienze in grandi aziende. Ci lavorai assieme 3 anni e ogni volta ci facevo un meeting insieme ero tentato di mandarlo a stendere dalle castronerie che diceva. Cosa aveva di speciale? Molto tempo prima, aveva avuto l'idea di fare una campagna con una partnership particolarmente azzeccata. Un'idea sola che fece storia. Da allora questo signore campò di rendita, nonostante negli anni affastellò non pochi fallimenti (che copriva con coltellate alle spalle).

IL NETTO E IL LORDO - UN THREAD

Quando si ha un'offerta di lavoro, questa viene sempre fatta al lordo. Ciò significa che quello che viene indicato non è ciò che ti viene riconosciuto in busta paga, ma ciò che l'azienda spenderà per darti lo stipendio: è la cosiddetta RAL. A questa, nel mondo "normale", vanno aggiunti il TFR e i contributi INPS e INAIL, che ovviamente sono una voce di costo. Il tutto è l'equivalente di quanto debba sborsare l'azienda e che non è neanche una voce definitiva: a volte l'azienda spende per l'attrezzatura, ad esempio.

FRA LEADERSHIP E ATTRATTIVITÀ: UN THREAD

In ogni settore gli addetti ai lavori conoscono perfettamente le realtà dove è bello lavorare. Esempio: lavoro nel mondo comunicazione, so quali siano le agenzie che hanno i programmi dipendenti migliori, come valorizzano le risorse etc. Non è caso che le aziende si siano dotate di programmi di Employer Branding, vere e proprie modalità per migliorare la propria reputazione come datore di lavoro. Le più avanzate, addirittura, attivano meccaniche di Employee Advocacy, per rendere i dipendenti media.