1/n Nel bellissimo film "Il Ponte delle spie", Tom Hanks è l'avvocato americano James Donovan, il legale che ha gestito la trattativa per lo scambio di prigionieri che avrebbe riportato a casa da una parte l'ex spia sovietica Rudolf Abel (Mark Rylance), dall'altra l'aviatore
2/n Francis Gary Powers e lo studente Frederic Pryor.
Nella scena cruciale della pellicola, quella dello scambio, tra l'avvocato Donovan e l'agente segreto sovietico ha luogo un dialogo quanto mai attuale:
- Avv. Donovan:"Cosa pensi che succederà una volta fatto ritorno a casa?".
3/n Abel: "Penso che berrò una vodka".
Donovan: "Già, ma loro...non pensi ci sia la possibilità...".
Abel: "Che la mia gente mi uccida? (...). Per rispondere alla sua domanda, amico mio: ho agito con onore. Credo che loro lo sappiano. Ma a volte le persone pensano male. Le
4/n persone sono persone. Vedremo come mi accoglieranno. Se mi abbracceranno o se mi indicheranno il sedile posteriore".
A scambio avvenuto, mentre i due uomini si rivolgono un ultimo sguardo, quel genio di Steven Spielberg lascia aperto il finale: Abel è stato accompagnato o
5/n spinto a sedere sul sedile posteriore dell'auto che lo attende dall'altra parte del ponte?
Una quantità nettamente inferiore di dubbi si accompagna allo scambio di prigionieri avvenuto oggi all'aeroporto di Abu Dhabi fra Brittney #Griner, la cestista americana detenuta da
6/n mesi in Russia, e il trafficante di armi Viktor #Bout.
Il Mercante di Morte, com'è soprannominato, ha attirato a sua volta le attenzioni di Holliwood, interpretato da Nicolas Cage nel film "Lord of War", Il signore della Guerra.
7/n Se Putin ha deciso di accordare il rilascio della stella del basket americano che gli stessi funzionari USA avevano definito "un ostaggio di alto profilo" è perché su Viktor Bout intende puntare per il futuro prossimo. Parliamo di un uomo spregiudicato, camaleontico,
8/n poliglotta, già ufficiale dell'aeronautica sovietica, forse anche ex agente del Kgb, capace di allestire una flotta in grado di trasferire equipaggiamenti militari negli angoli più sperduti del Pianeta, sempre in ossequio ai disegni geopolitici di Mosca.
9/n La Commissaria per i diritti umani russa, Tatjana Moskalkova, ha il coraggio di parlare dello scambio come di un "regalo di Natale". Non la pensa così Paul Whelan, ex Marine Usa detenuto in Russia dal 2018, che alla CNN si dice "molto deluso dal fatto che non sia stato fatto
10/n di più per garantire il mio rilascio. Sono stato arrestato per un crimine mai commesso" e "non capisco perché sono ancora seduto qui". Ha chiesto di parlare direttamente con il presidente Biden, dopo aver dialogato con un funzionario. Gli è stato spiegato che "la scelta era
11/n fra riportare Griner o non riportare nessuno".
Pare evidente che il suo, di film, debba essere ancora girato. steadyhq.com/it/dangelodario
Se ti è piaciuto questo thread ti chiedo di cliccare su questo link: il Blog ha bisogno di iscritti per restare online. Ti ringrazio.
• • •
Missing some Tweet in this thread? You can try to
force a refresh
1/n 🚨🇺🇦🇷🇺 Che storia straordinaria quella di Konstantin Gudauskas.
Oggi tutto il mondo parla di lui come "l'angelo di Bucha". Ma se chiedete al diretto interessato di raccontare la sua storia, partirà da più lontano. Forse vi dirà di sua nonna, nata a Kyiv, ma deportata dai russi in Kazakhstan, costretta a viaggiare su carri bestiame, senza cibo. E magari vi spiegherà che è stata lei a insegnargli, fin da piccolo, che "il nemico peggiore non era il tedesco, ma il comunista". Per molto tempo, Konstantin non si è posto questo problema. È stato prima "un bravo bambino, ubbidiente" e poi, diventato più grande, un giovane che non ha "mai bevuto alcol o fumato sigarette. Ascoltavo sempre i miei genitori e ubbidivo. Pensavo che sarei finito per forza in Paradiso. Poi nel 2019 sono arrivato in Ucraina".
2/n 🚨🇺🇦🇷🇺 È a quel punto che la sua incredibile vicenda prende vita. Anzi, probabilmente un po' prima.
Konstantin Gudauskas vive in Kazakhstan, il Paese in cui è nato, quello in cui ha avviato un'attività imprenditoriale di successo. Si occupa di logistica, trasporta merci dalla Cina all'Europa, guadagna bene, e tutto potrebbe proseguire. Se non fosse per quella passione civile.
Konstantin guida un gruppo per la difesa dei diritti umani, svolge un ruolo attivo nelle elezioni presidenziali kazake 2019, ma come molte altre persone sente di essere stato tradito:
"Il candidato che supportavamo, Amirzhan Qosanov, ci ha venduti per 10 milioni di dollari: ha riconosciuto la sua sconfitta prima della proclamazione ufficiale dei risultati. Stiamo parlando del nostro leader: ci ha traditi e se n'è andato con i soldi. AIlla fine, i sostenitori di quell'uomo sono stati perseguitati. Ho rischiato fino a 13 anni di prigione. Era una persecuzione politica. Poi mi hanno dato la possibilità di lasciare il Paese in modo legale. È stato un vero bivio nella mia vita".
3/n 🚨🇺🇦🇷🇺 Konstantin potrebbe scoraggiarsi. Gli hanno portato via tutto. È uscito dal Paese solo con una piccola valigia, costretto a ricominciare da zero. Ma è suo padre a dargli coraggio:
"Mi disse parole molto semplici e sagge: 'Figlio mio, se sei riuscito a guadagnare tutto questo in Kazakistan, vuol dire che il tuo capitale non è sui conti, ma nella tua testa. Ricomincia da capo".
Così accade. Konstantin Gudauskas ricomincia. Fonda un'attività da zero, una rete di stazioni di ricarica per auto elettriche. Importa colonnine di ricarica usate dai Paesi baltici e propone ai proprietari di auto elettriche di investire nell'installazione, prima per uso personale, poi permettendo anche ad altri di ricaricare, e così ricavare un reddito passivo. Il modello funziona. In un anno e mezzo riesce ad ottenere ottimi risultati, può permettersi un grande appartamento a Bucha, al diciassettesimo piano, con vista sull'aeroporto di Hostomel.
1/n 🚨🪖🇺🇦🇷🇺 Appena finito di riordinare gli appunti: ci sono dichiarazioni molto importanti da parte di Volodymyr Zelensky in un briefing con i giornalisti. Guerra, pace, diplomazia, garanzie di sicurezza, Vladimir Putin, Donald Trump, "boots on the ground". Tanta carne al fuoco.
Sono 10 paragrafi, ma vale la pena leggerli per avere le idee più chiare su ciò che si muove dietro le quinte. Facciamo un punto nave.
2/n 🚨🪖🇺🇦🇷🇺 Il presidente ucraino ha anzitutto fornito un rapido aggiornamento rispetto alla situazione sul terreno, alla questione militare:
- Pokrovsk: questa è la direzione al momento più critica. C'è un accumulo, una concentrazione del nemico. La Russia a stamattina ha ammassato fino a 100mila uomini. Mosca sta preparando azioni offensive.
- Kharkiv e Donetsk: qui la situazione si ribalta. In entrambe le regioni le truppe ucraine stanno conducendo azioni attive, "e lì per il nemico oggi non è facile".
- Kupiansk, Sumy, Zaporizhizhia, Dnipro: situazione sotto controllo. In alcuni casi si registra anche un lieve arretramento dei russi.
Ma in questa guerra tutto si tiene.
I soldati al fronte combattono per far sì che l'Ucraina sia più forte al tavolo del negoziato. Ricordate la notizia del viaggio in Asia annullato pochi giorni fa da Giorgia Meloni? Sul Blog avevamo detto che da Palazzo Chigi filtrava la volontà di tenere l'agenda libera per eventuali novità sull'Ucraina. Ebbene, Zelensky ha lasciato intendere che proprio la prossima settimana potrebbe essere organizzato un nuovo incontro a livello di leader occidentali.
Zelensky ha poi chiarito un aspetto importante, archiviando di fatto la proposta, rilanciata oggi su POLITICO e attribuita a leader europei, per la creazione di una "zona cuscinetto" di 40 km tra le linee del fronte.
Riporto le sue dichiarazioni, semplicemente perfette:
"Ne ho sentito parlare più volte, sia da europei che da americani. Ho provato a spiegare questa cosa ad alcuni colleghi, come si fa con degli amici. Alcuni, tra l'altro, capiscono bene di cosa si tratta: Solo chi non ha idea di come si combatte una guerra con le tecnologie di oggi propone una zona cuscinetto larga 40, 50 o 60 chilometri. Ho persino sentito proposte di 100 chilometri. Ma questa è tutta un'altra storia, che non ha nulla a che vedere con la realtà attuale. Oggi, le armi pesanti si trovano già a più di 10 chilometri di distanza l'una dall'altra, perché tutto può essere colpito dai droni. Quella che chiamano "zona cuscinetto", io la chiamo "zona morta", altri la chiamano "zona grigia": in realtà esiste già. Non c’è bisogno di perdere tempo, né di lasciarsi trascinare in discussioni su condizioni o clausole aggiuntive imposte dalla Russia o da qualche altro visionario. La zona cuscinetto esiste già. Se la Russia vuole più distanza tra sé e noi, può semplicemente ritirarsi più in profondità nei territori dell'Ucraina che ha temporaneamente occupato, e sistemarsi lì".
3/n 🚨🪖🇺🇦🇷🇺 A proposito delle garanzie di sicurezza, Zelensky ha chiarito che per l'Ucraina esistono tre "pilastri fondamentali".
Primo pilastro: il nostro esercito: "Serve la capacità di finanziare l'esercito nella stessa dimensione in cui oggi difende i nostri confini. Nessuno sta chiedendo di aumentarlo, perché nessuno ce lo darebbe. Ma non possiamo nemmeno ridurlo, perché non faremo esperimenti".
In questo senso, Zelensky cita tre "filoni" che vanno sostenuti e finanziati:
1) Produzione nazionale: droni, tecnologie, ecc. 2) Produzione europea: sistemi di difesa aerea, artiglieria, ecc. 3) Armi americane.
🚨🇺🇸🇷🇺 I retroscena che stanno emergendo nelle ultime ore sull'amministrazione Trump e sulla sua gestione della partita diplomatica con la Russia sono a dir poco inquietanti. Abbiamo fonti autorevoli: da una parte Reuters, dall'altra il Washington Post; resoconti che descrivono due situazioni in apparenza distinte, separate, ma in realtà accomunate dal risultato: in entrambi i casi favorevoli al copione di Mosca. E poi? E poi dietro le quinte che confermano la preocupazione di alcuni protagonisti di primo piano, gli stessi che in pubblico si dicono fiduciosi e sostengono di avere tutto sotto controllo. Non sembra essere così: la situazione sta sfuggendo di mano. Vediamo le ultime.
2/n 🚨🇺🇸🇷🇺 Partiamo dallo scoop di Reuters. La testata ha fornito una ricostruzione certosina dei passi che hanno portato al vertice di Anchorage fra Donald Trump e Vladimir Putin prima, e a quello alla Casa Bianca in presenza di Zelensky e dei leader occidentali poi. Tutto ha preso il via il 6 agosto.
L'inviato speciale USA, Steve Witkoff, incontra a Mosca il presidente russo. Al termine del colloquio comunica a Trump: ci siamo, Putin è pronto a offrire concessioni territoriali per porre fine alla guerra in Ucraina. La macchina diplomatica si mette rapidamente in moto, Trump è entusiasta, elogia i "grandi progressi" del suo emissario e accetta di incontrare Putin da lì a una decina di giorni. Ma neanche 48 ore più tardi è già il caos.
3/n 🚨🇺🇸🇷🇺 I leader e i diplomatici europei sono sinceramente sorpresi dell'accelerazione della Casa Bianca. Intanto i primi resoconti sono molto diversi dalle valutazioni che i governi del Vecchio Continente e le loro agenzie di intelligence hanno sempre fatto rispetto alle intenzioni di Vladimir Putin. Nel corso di una call, Witkoff sostiene infatti che Putin sarebbe disposto a ritirarsi dalle regioni ucraine di Zaporizhzhia e Kherson in cambio della cessione di Donetsk e Luhansk da parte di Kyiv. Scambi territoriali in cambio di pace. Difficile, ingiusto, ma forse possibile. Eppure gli europei sono interdetti: questa realtà si discosta nettamente dalle loro informazioni. È possibile che abbiano frainteso il Cremlino? Forse alcuni dei leader lo sperano, ma la maggior parte è scettica. E ha ragione di esserlo.
1/n
🚨🇻🇪🇺🇸 C'è chi crede che Nicolás Maduro trascorra gran parte delle sue giornate nascosto in un bunker, circondato dai suoi generali, benvoluto da pochi fedelissimi. C'è chi pensa sia da tempo preda della paranoia, da anni abituato a dormire con una valigia ai piedi del letto, sempre pronto a montare su un aereo, venuto a patti con l'idea che un giorno - presto o tardi -toccherà rinunciare proprio a tutto, volare lontano, insieme alla famiglia e una manciata di amici, verso una destinazione sicura, probabilmente Cuba.
Ricostruzione suggestiva, forse non totalmente infondata, chissà quanto lontana dalla quotidianità del dittatore di Caracas. Ma se ignorassimo i segnali provenienti dal Mar dei Caraibi meridionale, così come i non detti intercettati in quel di Washington, commetteremmo un errore. Qualcosa sta effettivamente accadendo in Venezuela. O meglio, al largo delle sue coste. E non si può ignorare.
2/n
🚨🇻🇪🇺🇸 Per capire bisogna partire dal massiccio dispiegamento di forze navali statunitensi appena fuori dalle acque venezuelane, appendice plastica di un atto formale compiuto segretamente tra la Casa Bianca e il Pentagono nelle scorse settimane. È quello siglato lontano dai riflettori, dalle attenzioni dei media; è la direttiva con cui Donald Trump ha autorizzato l'impiego della forza militare contro alcuni cartelli del narcotraffico dell'America Latina. Non una decisione estemporanea: piaccia o meno, il risultato di una strategia.
La cronistoria non lascia spazio a dubbi.
3/n 🚨🇻🇪🇺🇸 Fresco di insediamento, da poco tornato a frequentare lo Studio Ovale, Trump concorda con il Dipartimento di Stato la designazione di Tren de Aragua, MS-13 e diversi altri gruppi come organizzazioni terroristiche straniere. Mossa pensata per ampliare gli strumenti a diposizione degli Stati Uniti per contrastare cartelli individuati dal Presidente come esportatori non solo di droga, ma pure di caos e violenza nelle città americane, vera e propria "minaccia alla sicurezza nazionale", ben "oltre quella rappresentata dalla criminalità organizzata tradizionale". Potrebbe sembrare un'operazione scenica, quasi di propaganda politica, non fosse stato per la svolta arrivata negli ultimi giorni.
L'amministrazione Trump decide infatti di inserire il Cartel de los Soles venezuelano nell'elenco dei gruppo terroristici globali. Di più: afferma che il leader di questo attore centrale per il narcotraffico transnazionale, risiede a Caracas, nel Palazzo presidenziale. Il suo nome? Ma è ovvio: Nicolás Maduro.
1/n 🚨🇺🇸 Non so come abbiate trascorso voi il weekend, ma immagino (e spero) vi siate concessi attività più piacevoli della mia. Eppure leggere le oltre 300 pagine di trascrizione dell'interrogatorio di Ghislaine Maxwell, ex collaboratrice di Jeffrey Epstein, era necessario. Certo, online non mancano gli "highlights" del colloquio, gli elenchi contenenti le "5 cose più importanti da sapere", ma credo sarebbe stato superficiale affidarsi a un prodotto editoriale di questo tipo. Per chi fosse nuovo dell'argomento: questa è la storia che fino a questo momento ha rappresentato la spina nel fianco più dolorosa per Donald Trump dal suo ritorno alla Casa Bianca. Non il supporto ondivago all'Ucraina, non i rapporti calorosi con Vladimir Putin, non i dazi, non la Guardia Nazionale nelle strade di Washington DC o il sostegno al gerrymandering in Texas. Questa storia è "la" storia. Quale storia? La scelta del Dipartimento di Giustizia di non pubblicare per intero i cosiddetti "Epstein Files", la decisione di insabbiare la vicenda dopo averla resa il simbolo della corruzione delle élite (in particolare Democratici), la volontà di archiviarla in fretta dopo aver gridato per anni al complotto. E allora: cosa c'è di nuovo? Cos'ha detto Ghislaine Maxwell?
2/n 🇺🇸 Per avere un quadro completo dobbiamo prendere la vicenda da molto da lontano. È necessario. Anzitutto per capire il tipo di relazione fra Ghislaine Maxwell e Jefffey Epstein, il finanziere accusato di abusi su minori morto suicida in carcere.
Maxwell racconta di aver conosciuto l'uomo che avrebbe cambiato la sua esistenza tramite un'amica: "Avevo rotto con il mio fidanzato di lunghissima data, ci eravamo lasciati. E lei disse - sai, come fanno le amiche - "Ho un tipo che devi conoscere". Quel "tipo" è Jeffrey Epstein. È il 1991: i due si incontrano per la prima volta in uno degli uffici di Epstein su Madison Garden. La cosa più memorabile di quell'appuntamento? "Indossava una cravatta, cosa che non faceva spesso. Aveva sopra una macchia enorme, sembrava ketchup. E io pensai: 'Wow, okay'. E così ci conoscemmo".
I due finiscono a letto insieme nel 1992. E Maxwell crede che sia la svolta: "Ho pensato: 'Staremo insieme', perché era così che la pensavo. Sentivo che se andavi a letto con qualcuno, allora stavi uscendo con lui. Quello era il mondo da cui venivo. Ma poi non siamo più andati a letto insieme per...non so, davvero per un periodo significativo di tempo. Forse nove mesi, un anno". Inizialmente, Epstein confida a Ghislaine di essere affetto da "una condizione cardiaca" che gli impedisce di avere rapporti completi con frequenza, ma col tempo la realtà appare diversa. Ghislaine Maxwell è la donna che gestisce le sue proprietà, i suoi affari a tutto tondo, ma Epstein si accompagna anche con altre fidanzate. C'è un episodio che racconta della disillusione di Ghislaine più degli altri: "Seppi con certezza che era finita dopo l'11 settembre, in realtà, perché eravamo entrambi a New York e...non so, Lei era a New York l’11 settembre? Voglio dire, l'11 settembre. Era un momento spaventoso se ti trovavi a New York. Non sapevi, io non sapevo, nessuno sapeva cosa stesse succedendo. E lui era sulla 71ª strada e io alla 65ª, a casa mia. E lui non volle vedermi per niente. Mi disse di sua madre - cui sono molto legata - mi disse che era in ospedale al Lennox Hill, semplicemente mi chiese di occuparmi di lei. E allora capii, come chiunque in quel momento, che se non sei lì per qualcuno l'11 settembre, allora non ci sarai mai".
3/n 🇺🇸 Il fatto che Ghislaine Maxwell creda (o sostenga) di aver aperto gli occhi sul conto di Jeffrey Epstein non le impedisce di rappresentare per anni la persona di fiducia del finanziere. Molto più che una collaboratrice: un punto di riferimento, una presenza insostituibile, ben oltre la gestione delle sue molte proprietà in giro per l'America. Forse è anche per questo, per rispetto nei confronti di sé stessa e del suo passato, che Maxwell tiene a precisare davanti a Todd Blanche, il viceprocuratore generale degli Stati Uniti che la interroga, quanto segue:
"Credo che Epstein abbia fatto molte, non tutte, ma alcune delle cose di cui è accusato. E non sono qui per difenderlo in alcun modo. Non voglio farlo, e non penso che lui abbia bisogno, né meriti, alcun tipo di protezione da parte mia. Tuttavia, non credo che l'uomo che ho conosciuto fosse l'uomo che poi è diventato. Credo che sia diventato quell'uomo nel tempo". Più avanti, nel corso della conversazione, chiarirà: "Penso che una delle ragioni per cui le cose cambiarono - si modificarono, si trasformarono - fosse che iniziò ad assumere testosterone. E questo, a mio avviso, alterò il suo carattere. Diventò più aggressivo, in generale. E credo che . lo dico come mia interpretazione personale - il testosterone modificò i suoi desideri. Penso che il testosterone abbia alimentato la sua ossessione per i massaggi, che diventarono sempre più frequenti, e probabilmente abbia contribuito a spingerlo in una certa direzione".
I "massaggi". Il chiodo fisso di Epstein. E, secondo i tribunali americani, anche l'oggetto della complicità criminale di Maxwell. È proprio lei l'incaricata di reclutare le massaggiatrici chiamate a soddisfare i desideri di Epstein. Accade anche sull'isola acquistata dal finanziere, la stessa in cui Epstein invita molti dei suoi amici più potenti. Quelli che, secondo le ricostruzioni, diventano a loro volta "clienti", forse ricattati dallo stesso Epstein per essersi resi protagonisti di comportamenti "compromettenti". Ma Maxwell ha un'altra versione dei fatti. Sostiene di non aver visto mai nessuna "massaggiatrice" a disagio per i comportamenti di Epstein: "Tutto era consensuale", spiega. E poi, aggiunge in maniera apparentemente ingenua, per molto tempo davvero ha creduto che si trattasse soltanto di massaggi.
A questo punto il viceprocuratore Blanche interviene: "Ma lei capisce che riceveva massaggi ogni giorno, a volte più volte al giorno. Verso la fine degli anni '90, tutte donne, presumibilmente - alcune nuove, ma anche alcune che si ripetevano frequentemente. Allora, cosa pensava? Voglio dire, doveva sapere, a quel punto, che c'era qualcosa in più oltre al semplice 'aveva davvero bisogno di essere massaggiato'".
Maxwell sembra risentirsi: "Sono molto intelligente. Ho ricevuto un'ottima educazione. Ho viaggiato per il mondo. Ho avuto dei fidanzati, ma non avevo mai incontrato o capito che qualcuno potesse mentirmi così. Non mi era mai passato per la mente. Non avevo nessun contesto di esperienza di vita che potesse prepararmi al fatto che qualcuno potesse essere così manipolativo e subdolo con me".
🚨🇺🇸🇷🇺 Mentre voi grigliate la qualunque (a proposito, buon Ferragosto) le "squadre" di Stati Uniti e Russia si scaldano in vista dell'incontro di questa sera. Ci sono molte incognite, nessuno - davvero nessuno - sa come andrà a finire il vertice di Anchorage. Ciò che possiamo fare è "studiare" le poche informazioni a nostra disposizione, arrivare preparati all'appuntamento. Lo stesso Donald Trump, uno storicamente abituato ad affidarsi più all'istinto che ai dossier, avrebbe dedicato la giornata di ieri a prepararsi al confronto con Vladimir Putin, secondo fonti della Casa Bianca. Ecco, se persino lui ha sentito il bisogno di "allenarsi", possiamo farlo anche noi, anche in un giorno di festa. 👇
2/n 🇺🇸🇷🇺 Quella tra Stati Uniti e Russia sarà una "partita" a tutti gli effetti. Non c'è una coppa in palio, ma sul piatto c'è l'Ucraina. E con essa la sicurezza per i prossimi anni nel Vecchio Continente. Iniziamo allora dal "terreno di gioco", la Joint Base Elmendorf-Richardson di Anchorage.
Cose da sapere:
- Si tratta di un avamposto militare molto isolato, motivo che lo ha reso particolarmente attraente per ragioni di sicurezza e riservatezza.
- Il caso vuole che abbia svolta negli anni un ruolo cruciale nel monitoraggio delle mosse dell'Unione Sovietica in epoca di Guerra Fredda. In particolare, la base acquisì un certo grado di celebrità per la sua attività di sorveglianza contro eventuali attacchi nucleari o attività militari provenienti dal Pacifico. Compiti che le valsero il soprannome di "Top Cover for North America" (lo scudo aereo del Nord America). Tuttora gli aerei della base continuano a intercettare i velivoli russi che sorvolano regolarmente lo spazio aereo statunitense.
- Ps: non immaginatevi quattro baracche e un paio di piste. Qui abitano oltre 32mila persone, circa il 10% della popolazione di Anchorage. Secondo gli esperti è l'unico luogo in Alaska con un livello di sicurezza adeguato a ospitare contemporaneamente Donald Trump e Vladimir Putin. Ah, per trovare un precedente di un capo di stato straniero ospitato nella base bisogna tornare al 1971, quando il presidente Richard Nixon accolse l'Imperatore Hirohito del Giappone.
3/n 🇺🇸🇷🇺 Passiamo adesso alle "formazioni". Per ogni "giocatore" indicherò le caratteristiche principali e, solo per gli Stati Uniti, la predisposizione verso l'Ucraina in una scala da 1 a 5 stelle.
Poiché "gioca" in trasferta, iniziamo dalla Russia.
🇷🇺 Vladimir Putin (Capitano): Arriva al vertice di oggi con la sicurezza di chi considera di avere il tempo dalla propria parte, con la fiducia di chi si crede a un passo dal vincere la guerra. L'inquilino del Cremlino è noto per preparare con cura meticolosa i vertici più importanti. Possiede un arsenale di tecniche affinate negli anni al KGB. Questo gli permette di variare registro a seconda dell'obiettivo: Putin sa guadagnare tempo, sa lusingare la controparte, sa metterla in difficoltà. Il suo repertorio è vario, ha l'imbarazzo della scelta. Rispetto a Trump ha poi un clamoroso vantaggio: conosce la questione ucraina come le sue tasche. Mappe, storia (benché rivisitata), situazione sul terreno: che tenterà di irretire Trump è una certezza.