Mai avrei immaginato.
Di valere 5.000 lire, intendo.
Tanto guadagnò la spia che mi denunciò ai nazisti quel giorno del 1939.
Più 3.000 lire per mio figlio che era con me al bar a comprare un gelato quando ci arrestarono.
La voce fece il giro di Roma.
“Hanno arrestato Lelletto!”.
Lelletto ero io.
Portarono me e mio figlio Romolo alla caserma di via Tasso.
Fu lì che scoprii che anche mio fratello Marco era stato arrestato.
Perché fummo arrestati?
Grazie a “quello che ha fatto anche cose buone.”
Lui e le sue leggi razziali.
Sì, eravamo ebrei.
Perché mi chiamavano “Lelletto”?
Perché ero piccolo, un peso piuma.
La categoria nella quale mi ero distinto quando, a 17 anni, ero entrato a far parte della palestra “Audace”.
Volevo diventare un pugile professionista.
Riuscendo nel mio intento.
Ero molto apprezzato.
Avevo combattuto contro gli italiani più forti.
Come la leggenda Francesco "Gino" Bondavalli.
Riuscendo a battere campioni italiani del calibro di Oberdan Romeo o europei come Gino Cattaneo.
Era stato così anche in Francia.
Ma un giorno realizzai il sogno di ogni pugile.
Presi la mia valigia di cartone pressato con dentro un paio di guantoni da boxe, degli scarpini e un casco protettivo, e partii per l’America.
Destinazione Chicago.
Tredici furono gli incontri.
Fino a quel 29 dicembre 1938
Affrontai al Coliseum Leo Rodak davanti a 7.000 spettatori.
Dieci round incredibili.
Ero sicuro di aver vinto, ma i giudici decisero diversamente. Persi ai punti.
Solo a match concluso venni a sapere che quel match valeva per il titolo.
Chissà, forse la mia vita sarebbe cambiata.
C’erano le leggi razziali in Italia, ma anche la mia famiglia.
Per questo rientrai a Roma nel 1939 rifiutando l’ospitalità offerta dagli Usa che volevano organizzare altri incontri con me.
Uno dei migliori pesi piuma al mondo.
Capii troppo tardi quello che stava per accadere.
MI chiamo Leone Efrati.
A Roma fummo costretti a lasciare la nostra casa a causa di troppi delatori disposti a denunciarci.
Dormivano per strada, nei portoni delle case.
Eravamo io, mia moglie Giovanna e i nostri tre figli. Romolo di sei anni, Elio di tre e Letizia di uno.
E poi quel giorno in quel bar.
“Efrati, non muoverti! Non fare qualcosa di cui potresti pentirti!”
Ci avevano portati in via Tasso e poi per un mese a Regina Coeli.
Fino a quando ci caricarono su un camion per Fossoli.
Io, mio figlio Romolo e mio fratello Marco.
Romolo riuscì a scappare dal camion e tornare a Roma.
Io e mio fratello fummo inviati ad Auschwitz.
Tornai a combattere per divertire le SS e i Kapò del campo. Ma anche per avere un tozzo di pane.
Per quel pezzo di pane continuai a vincere, anche con gente più grossa di me.
Fino a quel giorno, quando massacrarono di botte mio fratello Marco.
Persi la testa.
Affrontai i kapò ad uno ad uno.
Uno, due, poi tre.
Ma erano troppi e mi massacrarono di botte.
Mi ritrovai a Ebensee, sottocampo di Mauthausen.
Passare da un camino fu un attimo.
Ricordate la valigia di cartone pressato con dentro un paio di guantoni da boxe, degli scarpini e un casco protettivo, che Lelletto si era portato in America?
Fu ritrovata tempo dopo in un vecchio ripostiglio della palestra "Audace", tra vecchi giornali, fotografie e sedie rotte.
E questa è la storia di Leone Efrati, detto Lelletto.
Una storia che ci ricorda una cosa.
A prendere a pugni i sogni di Lelletto e a ridurli in frantumi, come per molti altri come lui, non furono certo gli avversari, ma le leggi razziali.
Quelle maledette, leggi razziali.

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Dec 28
Come festeggiammo la caduta del fascismo?
Con dieci quintali di pastasciutta.
Invitammo tutta la popolazione.
Per le guance rosse, i sorrisi a trentadue denti, i balli e i canti ci pensò il vino.
Funziona così in Emilia. E non solo.
Poi era arrivato il settembre del ’43.
Un Paese allo sbando dopo l’armistizio, la liberazione di Mussolini ad opera dei tedeschi, e infine il governo fantoccio a Salò, sul lago di Garda.
Un Paese spaccato tra la R.S.I al nord e il governo Badoglio al sud.
Avevamo assaporato la libertà, ma per pochissimo tempo.
Ora bisognava prendere le armi e riprendere la lotta per riconquistarla quella libertà.
Non era la prima volta.
Nel 1869 nonno Agostino aveva capeggiato la rivolta contro la tassa sul macinato.
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Dec 22
Allo scoppio della seconda guerra mondiale mi avevano diagnosticato un’artrosi all’anca.
Per il progressivo peggioramento della mia malattia trascorsi tutto il periodo della guerra a Parigi, chiusa nel mio appartamento, al Palais-Royal.
Senza mai smettere di scrivere.
Ho trascorso anni inchiodata dall’artrite su una poltrona speciale che mi faceva anche da letto e che mi permetteva di scrivere e leggere fino a tarda ora addormentandomi spesso sulla pagina.
"Era come una bambina. E le bimbe non dovrebbero morire” scriveranno dopo la mia morte.
Vero.
Avevo trovato il segreto dell’eterna giovinezza che mi aveva portato alla ribalta del successo.
Bambina, fino alle 20.30 di oggi 3 agosto 1954.
Addormentata per sempre, rovesciata sui cuscini del grande letto stringendo la mano a Maurice, mio marito.
Accanto al mio gatto.
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Dec 20
Sette.
Come le sette meraviglie del mondo antico, come i sette re di Roma, i sette nani e i sette vizi capitali.
Sette.
Come le sette persone che c’erano al mio funerale quando, nel 1910, morii a Parigi a 66 anni.
Tutta colpa di una ferita e una gamba andata in cancrena.
“Le cose non sono mai come sembrano”.
E’ vero.
Bisogna sempre sapere prima di giudicare.
Conoscere prima di esprimere giudizi sulle persone.
Sette persone al mio funerale sono poche, ma prima di giudicare la mia vita aspettate almeno di leggere il resto della mia storia.
Sono nato nel 1844 in un paesino della Francia del nord, a Laval.
Anche se mio padre aveva un negozio di ferramenta eravamo decisamente poveri.
Di certo io contribuivo poco, non amando i lavori manuali.
Amavo la musica e la poesia, quello sì.
Per il resto a scuola andavo male.
Read 13 tweets
Dec 19
Dopo avervi parlato di legge e scuola nell’antichità, stasera affronteremo il tema della medicina.
Partendo come sempre dalla Mesopotamia, circa quattromila anni fa.
Attraverso la scoperta della più antica ricetta medica.
Si tratta di una tavoletta d’argilla.
La ricetta contiene una serie di prescrizioni mediche. Tra queste.
«Fare in polvere delle pere e della manna. Versare sulla polvere del fondo di birra e strofinare la parte malata con olio e applicare l’insieme»
E ancora.
«Versare della birra sulla resina di un pianta, scaldare al fuoco, versare il liquido in olio di catrame e fare bere al malato».
Esempi che dimostrano l’esistenza di impiastri fatti di vari vegetali con la birra come solvente.
Pozioni per curare affezioni polmonari e bronchiali.
Read 24 tweets
Dec 17
Quando mio figlio decise di partire per gli Stati Uniti per laurearsi in informatica a New York, un pochino preoccupata lo ero.
Come ogni madre.
Ma per lui avrei fatto qualsiasi cosa.
E quello di andare a studiare negli Stati Uniti era stato da sempre un suo sogno. Image
Mi chiamo Kadiatou Diallo sposata con Saikou. Guineani.
Amadou era nato il 2 settembre 1976 in Liberia.
Avevo 16 anni e lui era il mio primogenito.
Una buona attività ci permise di soddisfare il suo desiderio.
Dovevate vedere la sua felicità quando arrivò il passaporto. Image
“Grazie mille mamma, ti renderò fiera” mi disse prima di partire.
Arrivò a New York City che era il 1997.
So che il suo primo lavoro fu fare consegne in bicicletta.
Poi aveva iniziato a fare il venditore ambulante vendendo guanti, calze e video.
Read 21 tweets
Dec 16
1 luglio 1945.
Paolo è stato liberato dalle truppe americane.
Era un componente della commissione interna della Franco Tosi ed era finito nel campo di concentramento tedesco di Gusen Uno.
Ma come e perché Paolo era finito al Gusen Uno?
Siamo nel 1944 – Il popolo lavoratore è allo stremo. Come tutte le categorie a reddito fisso.
Gli operai sempre più esasperati dalle paghe.
Troppo basse per arrivare a fine mese visti i rincari dei generi di prima necessità, difficili da reperire anche alla “borsa nera”.
Dal marzo 1943 nelle fabbriche ci sono rallentamenti e boicottaggi della produzione, astensioni dal lavoro anche di pochi minuti.
A dicembre dello stesso anno gli operai, ormai stanchi, hanno preso una decisione: sarà sciopero.
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