Arriverà la fine, ma non sarà la fine. La vita coraggiosa e avventurosa di Gianluca #Vialli (1964-2022), un bel film che ha lasciato tutti senza parole: come un western scanzonato anni 70, in cui lui era Butch Cassidy e Roberto Mancini era il suo Sundance Kid.
La promozione in serie A (1984) con la Cremonese, tornata al piano di sopra dopo 54 anni con la guida di Emiliano Mondonico e i 10 gol di questo centravanti ricciolone che viene subito acquistato per tre miliardi dalla Sampdoria di Paolo Mantovani.
Avere vent'anni: il primo gol in serie A in Sampdoria-Avellino 1-0 del 16 dicembre 1984, dopo essere entrato dalla panchina al posto di Beccalossi - ovviamente, su splendido assist di Mancini. I Gemelli hanno 40 anni in due.
La magnifica doppietta alla Svezia al San Paolo di Napoli, 14 novembre 1987, che qualifica l'Italia agli Europei 1988 e lo impone come il nuovo prototipo di centravanti azzurro, con la 11 come Gigi Riva: un primo violino secondo Gianni Brera, che lo chiama "Stradivialli".
Gianluca l'acrobata, amante lussurioso delle soluzioni spettacolari: non bastano due mani per contare tutte le rovesciate vincenti della carriera, come questa a Empoli il 24 gennaio 1988.
Il gol più importante della sua carriera azzurra: Europei, Francoforte, 14 giugno 1988, Italia-Spagna 1-0, una combinazione con Altobelli che è purissimo distillato di coppia d'attacco italiana. Una sigla della felice estate 1988 della Nazionale di Vicini, leggera e ottimista.
Goteborg, 9 maggio 1990: la doppietta all'Anderlecht nei tempi supplementari della finale di Coppa delle Coppe con la Sampdoria, con i tifosi blucerchiati che travolgono d'emozione Bruno Pizzul in tribuna.
Italia 90 ha tutto per essere il suo Mondiale, ma va tutto storto tra voci di gossip, problemi muscolari e la crescita impetuosa di Totò Schillaci che gli soffia il posto da titolare. Il rumore sordo del palo colpito contro gli USA lo tormenterà per parecchi mesi.
"I gioiellieri con me fanno affari d'oro": il Vialli sex symbol, primo calciatore italiano di spicco a sfoggiare un orecchino, è un personaggio che buca il video e avvicina al tifo per la Sampdoria anche tanti ragazzi da fuori Genova.
E allora il giorno di gloria arriva davvero: 5 maggio 1991, Inter-Sampdoria 0-2, lo scontro diretto a San Siro vinto all'italiana, con Pagliuca che para un rigore a Matthaeus e Dossena e Vialli che pungono in contropiede. Scudetto!
Forse il momento più tenero è quest'esibizione spericolata dei Gemelli su "Quella carezza della sera" dei New Trolls. I sampdoriani la chiamano "la nostra favola" e in effetti fu l'ultimo scudetto popolare, che non dispiacque davvero a nessuno - genoani a parte, naturalmente.
I 65 secondi che potevano trasformare la favola in leggenda: quelli che passano tra la prima e la seconda occasione mancata da Vialli davanti a Zubizarreta, nel secondo tempo della finale di Coppa Campioni contro il Barcellona a Wembley, il 20 maggio 1992.
È tempo di andare: ma alla Juventus Vialli si smarrisce, non va d'accordo con Trapattoni, si fa male spesso, perde la Nazionale. Rinasce nell'estate 1994 quando arriva Marcello Lippi: il gol che apre la Part II, ovviamente in rovesciata, lo segna nella sua Cremona.
Full Metal Vialli: cranio rasato, fascia di capitano al braccio, è il simbolo della volontà di potenza della prima Juve lippiana. Memorabile la doppietta che avvia la rimonta contro la Fiorentina il 4 dicembre 1994, prima dell'arcobaleno di Del Piero.
Il suo unico gol alla Sampdoria in serie A, il 26 febbraio 1995: un gol fortemente viallesco, fondamentale per la corsa scudetto della Juve, vincendo il duello spalla a spalla con Sinisa Mihajlovic.
È scudetto anche alla Juventus, dopo 9 anni. Dopo un anno a tirare la carretta, Vialli si rilassa e dà sfogo al suo lato - com'è che si dice? - più cazzone, esibendosi insieme ai Bulgari a Mai Dire Gol.
Ma resta ancora una cosa da vincere, ed è la più importante. Nella Champions League 1995-96 Vialli deve aspettare la semifinale d'andata contro il Nantes per segnare il primo gol, il 3 aprile 1996...
...ma poi è il primo ad alzarla, il 22 maggio 1996, con un sapore particolare condiviso con Vierchowod e Lombardo, gli altri due reduci di Wembley 1992. Dopo quattro anni di Juventus, non potrebbe esserci un congedo migliore.
Perché c'è da andare a scoprire questa misteriosa Premier League di cui s'inizia a parlare: il 18 agosto 1996 al "The Dell" (la conca) di Southampton debutta il Chelsea "tutto italiano", con uno 0-0 in cui Vialli colpisce due pali - il secondo, con il suo marchio di fabbrica.
Il tempo scorre in fretta: in meno di due anni Vialli sarà già diventato player-manager, fino addirittura a sostituire sé stesso nella finale di Coppa delle Coppe vinta 1-0 contro lo Stoccarda, il 13 maggio 1998, con gol di Gianfranco Zola.
Gianluca Vialli se n'è andato nel giorno dell'Epifania e forse avrebbe gradito di essere ricordato anche con questa foto insieme tenera, romantica e cialtrona, perfettamente rappresentativa del suo modo di essere, condiviso con gli altri due Re Magi.
Vialli è stato un uomo coraggioso che nel momento più difficile è riuscito a diventare una fonte d'ispirazione. L'Europeo perso nel 1988 lo ha vinto nel 2021, proprio nel suo stadio maledetto, e da protagonista. È stato l'uomo nell'arena: gli spetta tutto l'onore di questo mondo.
(2023, ovviamente)
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Che succede? Che si avvicina #Sanremo2024 e allora, come ogni anno, il consueto MEGA-THREAD sanremese con la top 30 delle mie canzoni preferite dei Festival di cui ho memoria (quindi, a spanne, dal 1989 a oggi).
30) "Cosa resterà (degli anni '80)" (Raf, 1989). "Anni ballando ballando/Reagan Gorbaciov", nove mesi prima della caduta del Muro. La giacca rossa di Raf a Sanremo 1989 è uno dei miei primi ricordi in assoluto, non solo in tv, insieme ai testi del Festival su Sorrisi & Canzoni.
29) "Lasciarsi un giorno a Roma" (Niccolò Fabi, 1998). "Il pavimento/del paradiso sei per me". L'energia del romano Niccolò Fabi, indie prima che il termine non esistesse ancora, vestito come uno studente di liceo invitato a un compleanno.
Stasera a Celtic Park l'Atletico Madrid indosserà una divisa speciale, maglia rossa e calzoncini blu, per celebrare Celtic-Atletico 0-0, semifinale d'andata di CoppaCampioni 1973-74: la dimostrazione che il calcio "di una volta" non era così bello come lo si dipinge oggi.
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A riassumere le scorrettezze di quella partita basterebbe il tabellino: tredici cartellini estratti dall'arbitro turco Babacan, dodici dei quali ai danni dell'Atletico. Ma le immagini televisive renderanno ancora meglio la brutalità di Celtic-Atletico 1974.
L'Atletico era allenato dall'argentino Juan Carlos Lorenzo, ex tecnico della Lazio (dove sarebbe tornato negli anni 80) e santone del calcio sudamericano: per esempio, era il ct dell'Argentina che ai Mondiali 1966 aveva scioccato l'Europa per lo stile di gioco "machiavellico".
6 anni dopo aver spedito in rete un pallone che gli era valso il Premio Puskas, Olivier #Giroud ha cambiato consonante e ha soffiato palla a Puscas. Viaggio nel pazzo mondo dei portieri casuali di Serie A, a cominciare dall'unica volta che era capitata al Milan... 100 anni fa!
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Accadde 100 anni fa, il 4 novembre 1923: un Milan-Pro Vercelli 1-3 in cui il portiere Midali fu espulso al 72' per "un atto di giustizia sommaria" secondo la Gazzetta. Le sostituzioni non esistevano: in porta andò il difensore Rinaldo Bronzini, che riuscì a non prendere gol.
Singolare quel che accadde in Milan-Bologna del 28 febbraio 1982, quando Rosario Lo Bello (non ancora famigerato presso i milanisti) espulse Piotti per una scaramuccia con Franco Colomba, ma con democristiana prontezza fischiò la fine della partita subito dopo.
"Nervi saldi, cervello fresco e grandi gambe". 25 anni fa, il #27luglio 1998, sul Col du Galibier, il tormento e l'estasi di Marco Pantani (anzi PAN-TA-NI, come scandiva immancabilmente Adriano De Zan): chi c'era, non potrà mai dimenticare.
Partito con un ritardo di 3'01" dalla maglia gialla Ullrich, a 47 km dal traguardo Pantani inizia a "sentire le voci", come ha scritto quella mattina Gianni Mura su Repubblica. Prende atto che Ullrich non lo segue, aspetta per un po' Leblanc ma poi molla anche lui al suo destino.
La Grenoble-Les Deux Alpes diventa presto un calvario per Ullrich, che ancora arranca sul Galibier quando Pantani ha già scollinato ed è in discesa - con un unico brivido quando pensiamo che sia caduto ancora, e invece sta solo indossando la mantellina offerta da Orlando Maini.
Un anno ai Giochi di Parigi che inizieranno il #26luglio 2024. E allora THREAD ispirazionale con i 30 momenti olimpici più belli della nostra vita (o perlomeno da Seul 1988 in poi). Bonus track: l'ultimo dei tre podi tricolore della storia, conquistato dalle fiorettiste a Londra.
30) Nell'inferno di Sant Sadurnì d'Anoia lo sprint di Fabio Casartelli sull'olandese Dekker e il lettone Ozols a Barcellona 1992, nell'ultima edizione olimpica in cui il ciclismo era ancora limitato ai dilettanti.
29) Atene 2004, l'unico oro femminile conquistato negli sport di squadra: il Setterosa di Pierluigi Formiconi, Melania Grego, Tania Di Mario, che risale dalla buca di un -2 nei supplementari contro le padrone di casa, com'era riuscito ai maschi dodici anni prima.
25 anni fa, il #30giugno 1998, andò in scena una delle più grandi partite della storia dei Mondiali e contemporaneamente uno dei momenti più tragici della storia del giornalismo sportivo, per giunta sulla BBC, ad opera di Brian Moore e Kevin Keegan. Ma andiamo con ordine.
La partita in questione è Argentina-Inghilterra, ottavi Francia 1998, stadio Geoffroy-Guichard di Saint Etienne. Una partita che vive di momenti di grande cult, come il celebre assolo del Wonder Boy Michael Owen che, nell'estasi del momento, a molti inglesi ricordò Maradona.
L'Argentina arpiona il pareggio a fine primo tempo con questo geniale schema su calcio piazzato dal limite: tutti si aspettano la parabola di Veron o la stangata di Batistuta, invece...