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Jan 24, 2023 12 tweets 4 min read Read on X
«Se nello spazio esterno ci fosse il vuoto, gli astronauti si eserciterebbero in camere a vuoto. Non in piscina. Lo spazio esterno è una bufala.»
Così recita un post pubblicato lo scorso 25 ottobre da un #terrapiattista su Instagram.
(continua)
La questione mi sta a cuore perché dal 1999 a oggi ho partecipato a esattamente 30 test nei quali un veicolo spaziale o un suo componente viene attivato in una camera a vuoto per simulare l’ambiente che incontrerà nello spazio.
Prima di svolgere ognuno di questi test serve una lunga preparazione e dopo averli fatti bisogna interpretare i risultati per capire che conseguenze avranno per le prestazioni del veicolo spaziale una volta in orbita.
Se il test riguarda un intero satellite la fase di preparazione può durare più di un anno, il test vero e proprio tre o quattro settimane e l’analisi dei risultati qualche altro mese. Quanto lavoro inutile, visto che lo spazio esterno non esiste!
Da dove nasce l’equivoco? È vero che a volte gli astronauti si allenano in piscina. Lo fanno per simulare non l’assenza di aria, ma l’assenza di peso. Due cose ben diverse.
Dato che l’acqua ha una densità più o meno uguale a quella del corpo umano, quando ci muoviamo al suo interno riceviamo una spinta di Archimede pari al nostro peso, che viene così annullato: un buon modo per preparare gli astronauti alle attività extraveicolari.
I test in piscina non sono gli unici a riprodurre una delle caratteristiche dell’ambiente spaziale: proprio i test in vuoto sono tra i più importanti, e non li fanno solo i satelliti ma anche gli astronauti. Le attività in camera a vuoto infatti fanno parte del loro training.
Per gli astronauti esercitarsi con la tuta spaziale in camera a vuoto è utile per capire come cambiano i loro movimenti in assenza di atmosfera. Per le apparecchiature questi test sono indispensabili perché in vuoto cambiano molti processi fisici, come il trasferimento di calore.
Ulteriori test ambientali vengono risparmiati agli astronauti ma simulano le altre condizioni ambientali che un satellite incontrerà nella sua vita, come le vibrazioni del lancio o le radiazioni a cui sarà esposto una volta fuori dalla protezione dell’atmosfera terrestre.
Gli scudi termici vengono collaudati esponendoli a un getto di gas ionizzato ad altissima temperatura e a velocità supersonica per simulare l’immane riscaldamento che subiranno durante il rientro in atmosfera.
Ognuno di questi test ha le proprie difficoltà e le proprie sfide da superare: limitandomi ai test in vuoto, quelli che conosco io, posso dire che, nonostante ne abbia fatti molti, ogni volta c’è qualcosa di nuovo da imparare su come funzionano i satelliti nel vuoto.
Incontrare un problema nuovo è stressante, ma riuscire a risolverlo è gratificante e interessante. Molto più interessante che credere che lo spazio esterno non esista e la Terra sia piatta.
(fine)

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