«Se nello spazio esterno ci fosse il vuoto, gli astronauti si eserciterebbero in camere a vuoto. Non in piscina. Lo spazio esterno è una bufala.»
Così recita un post pubblicato lo scorso 25 ottobre da un #terrapiattista su Instagram.
(continua)
La questione mi sta a cuore perché dal 1999 a oggi ho partecipato a esattamente 30 test nei quali un veicolo spaziale o un suo componente viene attivato in una camera a vuoto per simulare l’ambiente che incontrerà nello spazio.
Prima di svolgere ognuno di questi test serve una lunga preparazione e dopo averli fatti bisogna interpretare i risultati per capire che conseguenze avranno per le prestazioni del veicolo spaziale una volta in orbita.
Se il test riguarda un intero satellite la fase di preparazione può durare più di un anno, il test vero e proprio tre o quattro settimane e l’analisi dei risultati qualche altro mese. Quanto lavoro inutile, visto che lo spazio esterno non esiste!
Da dove nasce l’equivoco? È vero che a volte gli astronauti si allenano in piscina. Lo fanno per simulare non l’assenza di aria, ma l’assenza di peso. Due cose ben diverse.
Dato che l’acqua ha una densità più o meno uguale a quella del corpo umano, quando ci muoviamo al suo interno riceviamo una spinta di Archimede pari al nostro peso, che viene così annullato: un buon modo per preparare gli astronauti alle attività extraveicolari.
I test in piscina non sono gli unici a riprodurre una delle caratteristiche dell’ambiente spaziale: proprio i test in vuoto sono tra i più importanti, e non li fanno solo i satelliti ma anche gli astronauti. Le attività in camera a vuoto infatti fanno parte del loro training.
Per gli astronauti esercitarsi con la tuta spaziale in camera a vuoto è utile per capire come cambiano i loro movimenti in assenza di atmosfera. Per le apparecchiature questi test sono indispensabili perché in vuoto cambiano molti processi fisici, come il trasferimento di calore.
Ulteriori test ambientali vengono risparmiati agli astronauti ma simulano le altre condizioni ambientali che un satellite incontrerà nella sua vita, come le vibrazioni del lancio o le radiazioni a cui sarà esposto una volta fuori dalla protezione dell’atmosfera terrestre.
Gli scudi termici vengono collaudati esponendoli a un getto di gas ionizzato ad altissima temperatura e a velocità supersonica per simulare l’immane riscaldamento che subiranno durante il rientro in atmosfera.
Ognuno di questi test ha le proprie difficoltà e le proprie sfide da superare: limitandomi ai test in vuoto, quelli che conosco io, posso dire che, nonostante ne abbia fatti molti, ogni volta c’è qualcosa di nuovo da imparare su come funzionano i satelliti nel vuoto.
Incontrare un problema nuovo è stressante, ma riuscire a risolverlo è gratificante e interessante. Molto più interessante che credere che lo spazio esterno non esista e la Terra sia piatta.
(fine)
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Sapevate che i razzi riutilizzabili con atterraggio in verticale sono stati ideati sessant’anni fa dal figlio di due poveri immigrati siciliani? La storia del geniale Philip Bono è ingiustamente poco conosciuta.
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Giulio Bono e Maria Culcasi sbarcano da Trapani a Ellis Island il 7 gennaio 1920. Trovano casa a Brooklyn e Giulio viene assunto in un pastificio. Philip, il loro secondo figlio, nasce l’anno seguente e la famiglia si trasferisce prima in New Jersey e poi in Pennsylvania.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale Philip Bono presta servizio in marina e nel 1947 si laurea in ingegneria meccanica. Lavora per molti anni nell’industria aeronautica, prima alla North American Aviation, poi alla Douglas e infine alla Boeing.
Mi chiamo Vera Florence Cooper e sono nata a Philadelphia nel 1928. I miei genitori sono ebrei immigrati dall’Europa orientale e lavorano come impiegati della compagnia telefonica Bell. Incoraggiano me e mia sorella Ruth a studiare qualsiasi cosa ci appassioni.
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Mia sorella diventerà un importante giudice. Io da grande voglio fare l’astronoma. Mio padre ma mi aiuta a costruire un semplice telescopio con due lenti e un tubo di cartone e mi accompagna regolarmente alle riunioni degli astrofili.
I miei professori delle superiori si stupiscono che una ragazza voglia studiare astronomia: se mi piacciono i corpi celesti, perché non provo a studiare arte e poi dipingerli? Non li ascolto e mi iscrivo al Vassar College, dove nel 1948 sono l’unica laureata in astronomia.
Il 21 luglio 1961 a Cape Canaveral è una giornata nuvolosa. In rampa di lancio c’è un razzo pronto a partire, il Redstone. Gli USA stanno per lanciare il loro secondo uomo nello spazio, due mesi e mezzo dopo Alan Shepard: è un altro ex pilota militare, Gus Grissom.
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La missione durerà solo 15 minuti: è un volo suborbitale, non un’orbita completa intorno alla Terra come quella compiuta il 12 aprile dal russo Jurij Gagarin, perché gli americani vogliono fare altra esperienza prima della loro missione orbitale con un razzo più grande, l’Atlas.
La capsula Mercury 11 raggiungerà una quota di poco meno di 200 chilometri e inizierà la sua discesa, per poi ammarare a circa 300 chilometri dalla costa della Florida.
Il 1° febbraio 2003 lo Space Shuttle Columbia si disintegra durante il rientro in atmosfera, provocando la morte dei sette componenti dell’equipaggio. La tragedia è innescata da un danno avvenuto durante il lancio al “sistema di protezione termica”.
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È un rivestimento necessario per proteggere dal surriscaldamento tutti i veicoli che rientrano in atmosfera, non solo sulla Terra ma anche su altri pianeti, come Marte.
Come le meteore, che rientrando in atmosfera si incendiano e ci appaiono come stelle cadenti, i veicoli spaziali si surriscaldano a causa di due fenomeni distinti.
Ha formato le matematiche che hanno permesso agli Stati Uniti di vincere la corsa allo spazio e ha contribuito a uno dei più importanti razzi della NASA, ma da viva era quasi sconosciuta. Si chiama Dorothy Vaughan ed è la prima manager nera nella storia della NASA.
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Dorothy Jean Johnson nasce a Kansas City nel 1910. È una studentessa fuori dal comune e dopo il diploma riceve una borsa di studio per studiare matematica in un'università dell’Ohio riservata agli afroamericani. Nel 1932 emigra in Virginia con il marito Howard Vaughan.
Nel 1941 Roosevelt vieta la segregazione nell’industria militare. Molti uomini sono impegnati al fronte e c’è bisogno di aumentare la produzione di aerei da guerra, così entrano in fabbrica sempre più donne, anche di colore.
Come si fa a simulare sulla Terra l’ambiente che un satellite trova nello spazio?
Occorrono due cose: il vuoto e il freddo.
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(Avvertenza: questo thread è un po’ tecnico, ma la matematica è ridotta al minimo indispensabile. È sufficiente sapere che un numero elevato alla quarta potenza è uguale allo stesso numero moltiplicato per sé stesso quattro volte e che
la temperatura in Kelvin è pari alla temperatura in gradi Celsius più 273. Per esempio 4 alla quarta fa 256, mentre 27 gradi Celsius sono pari a 300 Kelvin).