Come sono finita su uno dei 10 tavoli della sala I dell’Obitorio?
Il medico legale non è rimasto sorpreso dopo aver visto i fori di sei proiettili calibro 6,35.
Due nella regione scapolare, uno nel petto, uno nel collo e due ai polsi.
Sì, ho cercato di difendermi, e di coprirmi.
Il professor Antonio Gazzaniga ha trovato acqua nei miei polmoni.
Che tenero.
Se ti scaricano un intero caricatore, poi ti tolgono collana, bracciale e borsetta e ti gettano nell’Olona presso il ponte di Via Renato Serra, l’acqua nei polmoni non è nemmeno la cosa più importante
Sono stata uccisa nella notte del 28 gennaio 1953 e ritrovata da alcuni ragazzini che giocavano a pallone lì vicino il mezzogiorno seguente.
Per scoprire la mia identità è bastato confrontare i rilevamenti con i cartellini segnaletici contenuti negli archivi della Questura.
Più difficile comunicarlo ai miei genitori che conducono la portineria di via San Marco 28.
A mamma non l’hanno ancora detto.
A mio padre, ricoverato per una grave malattia all'Ospedale Maggiore, nemmeno.
Soprattutto per tenerlo tranquillo.
Da 11 anni in famiglia nessuno più mi nominava. Papà, bracciante agricolo e meridionale di antico stampo, lo aveva proibito.
Sono nata l’8 ottobre del 1920 nel piccolo centro calabrese di Radicena.
Non c’era nessun futuro in Calabria.
E un futuro è indispensabile per tutti.
Avevo nove anni e in cerca di quel futuro ci eravamo trasferiti a Milano.
Di anni ne avevo 15 quando fui costretta a cercarmi un lavoro per portare a casa qualcosa da mangiare. Molte le porte chiuse, ma alla fine trovai un posto alla Manifattura Tabacchi in Viale Zara.
Iniziai così a lavorare.
Fu sul luogo di lavoro che conobbi Mario, uno spiantato.
Mi innamorai di lui, malgrado quel rapporto fosse visto malissimo dalla mia famiglia.
La fuga inevitabile.
Volevo sposarlo, avere dei figli, sistemarmi.
Le cose andarono diversamente.
Vivevamo in una soffitta.
E quel rapporto amoroso durò solo un anno.
I soldi erano pochi, e praticamente nulli i rapporti con la mia famiglia.
Dicevano che li avevo disonorati e io ci soffrivo. Senza casa e senza lavoro decisi di intraprendere la strada di ballerina di varietà.
Nome d’arte “Mary Pirimpò”.
Avevo grandi ambizioni.
Ero enormemente felice di quel primo contratto.
Lo fui meno quando scoprii che il “teatro” non era che una piccola sala di periferia, con abiti smagliati e un pubblico impegnato a prendere in giro gli attori.
In attesa di trovare un impresario in grado di lanciarmi nel mondo dello spettacolo continuai quella vita.
Arrivata a quel punto non potevo certo tirarmi indietro, ma ero sempre più delusa.
E neppure una spalla dei miei famigliari su cui piangere.
Conobbi un impresario, Luigi Citi, e diventai la sua amante.
Pensavo di aver trovato quel futuro tanto desiderato. Invece finii “ceduta” a un certo “Carlone” di professione protettore.
Fu lui ad avviarmi alla prostituzione.
Tra umiliazioni, minacce e percosse.
Non era la vita che avevo sempre sognato.
Passando di casa chiusa in casa chiusa sono finita lungo i viali dell’Olona.
È lì che sono stata schedata dalla polizia.
Per il riconoscimento ufficiale della mia salma e la firma dei documenti è venuto all’obitorio mio fratello Bruno.
Toccherà a lui dirlo a mamma e a papà.
Mamma Rosa si ricorderà della tragica morte di mio fratello Gaetano.
Metterà una mia fotografia accanto alla sua e chiederà perdono a Dio per una figlia fuggita da casa e finita su una cattiva strada, disonorando il suo nome.
So che non troveranno mai il mio assassino.
È così importate trovare l’assassino di una prostituta?
Ricordo che passai le ultime ore con Wanduccia, una cara amica anche lei ragazza di vita, alla ricerca di clienti.
Una ricerca senza successo dopo la quale ci eravamo salutate
Ero stanca, e avevo freddo.
“Vado a casa” dissi. E poi mi allontanai.
Guardai l’orologio. Erano le 2,45.
Imboccai Corso Vittorio Emanuele e poi…incontrai il mio assassino.
Mi chiamo Maria Boccuzzi.
Della mia morte parlarono per mesi giornali nazionali e locali.
Poi pian piano le indagini si arenarono, le tracce difficili da seguire.
E poi c’erano le mie colleghe palesemente reticenti, per non incorrere in ritorsioni da parte della criminalità che gravitava attorno al mondo della prostituzione.
Insomma, la mia morte non ha un colpevole.
Se non fosse stato per lui io sarei una delle tante “vittime invisibili”, come le chiama Johannes.
Invece sono stata resa immortale da lui, che mi ha dedicato una delle sue ballate più famose.
Grazie a lui, se in fondo non sono morta.
La storia di una ragazza, come tante altre, partita dalla sua terra in cerca di un futuro migliore, pur sapendo che il futuro a volte non è quello desiderato.
Un futuro che ti può portare in fondo ad un mare.
O, come accaduto a me, in fondo al fiume Olona.
"La canzone di Marinella" è un brano musicale scritto e composto da Fabrizio De André.
E' ispirato da un fatto di cronaca avvenuto anni prima.
La storia di una prostituta uccisa e abbandonata in un fiume.
Si chiamava Maria Boccuzzi.
Già, proprio io.
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“Nessun fiocco di neve si sente mai responsabile in una valanga.”
(Stanisław Jerzy Lec)
Quelleo che segue è il testo della canzone "Matamoros Banks", cantata da Bruce Springsteen.
Racconta la storia del mio viaggio alla ricerca di un futuro migliore.
“Ogni anno molte persone
muoiono attraversando deserti
montagne e fiumi dei nostri confini meridionali
in cerca di una vita migliore
qui seguo il viaggio al contrario
dal corpo sul letto del fiume
all’uomo che cammina per il deserto
verso le rive del Rio Grande.
Per due giorni il fiume ti tiene giù
poi sali alla luce senza un suono
passi i luoghi di villeggiatura e vuoti
scali di smistamento
le tartarughe mangiano la pelle dai tuoi occhi
così giacciono aperti alle stelle.
Dai via i tuoi vestiti
Qual è stata, nella storia, la durata media di una guerra?
Una risposta non semplice.
Nel mondo antico e in quello medioevale ci sono state guerre di durata lunghissima.
Nel mondo moderno ci sono state anche guerre lampo, in tedesco Blitzkrieg.
Nel mondo antico sono diverse le guerre di una certa durata.
La Guerra del Peloponneso per esempio.
Venne combattuta in Grecia e nel Mediterraneo tra le due città rivali, Atene e Sparta e i loro alleati.
Durò all'incirca 27 anni, dal 431 a.C. al 404 a.C.
Le Guerre Puniche, che si sono combattute tra Roma e Cartagine per la supremazia del Mediterraneo, sono durate complessivamente circa quarantatré anni.
Ventitré la prima (dal 264 al 241 a.C.), diciassette la seconda (dal 218 al 201 a.C.) e tre la terza (dal 149 al 146 a.C.)
10 ottobre 1928 – Discorso di Mussolini ai 70 direttori dei giornali.
“Voi vi rendete conto che non poteva avvenire prima, perché solo dal gennaio del 1925, e più specialmente in questi ultimi due anni, è stato approntato e risolto quasi completamente il problema della stampa”.
10 ottobre 1928 – Discorso di Mussolini ai 70 direttori dei giornali.
"Le accuse sulla soffocazione della libertà di stampa, non hanno più credito alcuno. La stampa più libera del mondo intero è la stampa italiana. Il giornalismo italiano è libero perché serve soltanto una causa”
10 ottobre 1928 – Discorso di Mussolini ai 70 direttori dei giornali.
“Non servono il regime coloro i quali non tengono la misura della dignità di fronte agli stranieri, sia quando sono ospiti dell’Italia, sia quando esprimono giudizi sul Regime, su Mussolini.”
Il 27 febbraio vi ho raccontato dei clandestini italiani che pur sapendo di rischiare la vita cercavano di attraversare il confine francese alla ricerca di una vita migliore.
Le guide li chiamavano “fenicotteri” perché sapevano che prima o poi avrebbero spiccato il volo.
Sapevano che “sperdutosi il tratturo dei Sette Cammini tra le erbe e la pietraia li aspettava il volo verso la morte".
Questa sera vi parlerò dei viaggi della speranza di milioni di italiani verso le Americhe.
Spesso su navi carretta di terza classe
Non erano certo barchini o carrette del mare, ma quei viaggi della speranza erano veramente sicuri?
E allora una domanda sorge spontanea.
Perché avevano tutti una paura folle di salire su quelle navi e fare quel viaggio?
Giudicate voi.
La fate facile voi.
«Io non partirei se fossi disperato perché sono stato educato alla responsabilità di non chiedermi cosa devo chiedere io al luogo in cui vivo, ma cosa posso fare io per il Paese in cui vivo per il riscatto dello stesso».
Averlo saputo prima non saremmo certo partiti quel giorno. Io e il mio amico, intendo.
Saremmo rimasti nel nostro Paese, il Ghana, a spaccarci la schiena lavorando 10 ore al giorno nelle miniere d’oro per mettere un pezzo di pane sotto i denti.
Il Ghana allora, nel 2002, era uno dei maggiori produttori d’oro al mondo.
Qualcuno di voi è mai venuto a controllare che in violazione delle leggi Internazionali molti bambini ghanesi lavorano e muoiono ancora oggi nell’estrarre l’oro?
Mi chiamo Mario.
Nel 1961 avevo 26 anni e facevo il panettiere.
Il negozietto che avevo a Bagno a Ripoli non mi permetteva di tirare avanti decorosamente.
Ero disperato e per quello presi quella decisione.
Lasciare i miei affetti per cercare un futuro migliore in un altro Paese
Qualcuno diceva che era inutile rischiare di morire.
Bastava avere un visto sulla carta d’identità per andare in Francia.
Già, peccato che per quelli come me niente visto.
Noi “miserabili” non avevamo i soldi per fare il turista o per avere un lavoro di là dal confine.
Ricordo che era il 30 dicembre.
Avevo preso il treno da Firenze verso Ventimiglia.
Poi in autostop verso Grimaldi.
Perché da Grimaldi partiva il Sentiero della Speranza. Tra Grimaldi e Garavan c'erano due sentieri che si riunivano all’altezza della linea della frontiera.