Quando arrivarono nella nostra terra fecero esattamente quello che avevano fatto con i nativi americani.
Ma i nativi americani erano anche guerrieri e con loro la cosa andò per le lunghe.
Con noi aborigeni la cosa fu molto più veloce.
La nostra distruzione, intendo.
Tutto era iniziato nel 1770 quando l’esploratore James Cook era sbarcato a Botany Bay.
Diciotto anni dopo il nostro territorio era stato ritenuto colonizzabile.
«Terra Nullius», avevano dichiarato.
Dal diritto romano "terra che non appartiene a nessuno".
Già.
“Terra che non appartiene a nessuno”, inabitata. Peccato che noi eravamo lì da almeno 50.000 anni. Certo, un milione e mezzo di esseri umani in quella terra sconfinata parevano pochi.
Ma era la nostra terra.
Anche se per la nostra cultura non esisteva la “proprietà privata”
Eravamo nomadi, certo, ma tornavano ciclicamente nei nostri luoghi di origine.
Non avevamo case, dormivamo per terra sotto gli alberi o tra i cespugli, ma proprio quegli alberi, cespugli, rocce, fiumi e cascate erano la nostra identità sociale e religiosa.
Eravamo dei primitivi secondo i vostri standard.
Non usavamo indumenti ed eravamo brutti, ignoranti, sporchi e miserabili pure per loro.
Ma ripeto.
Eravamo lì da 50.000 anni.
E nessuna legge poteva cambiare le cose.
Quella terra era la nostra terra.
Sapete come è andata?
Ci portarono via la terra.
E quindi niente più cibo.
E poi ci massacrarono.
Per farci abbandonare la nostra terra avvelenarono il nostro cibo e la nostra acqua.
Varicella, vaiolo, influenza, malattie veneree e morbillo, allora sconosciuti, fecero il resto.
Tra il XIX secolo e il XX secolo il 90% della nostra popolazione è stata decimata.
L'indipendenza dell'Australia dal Regno Unito non cambiò lo stato delle cose.
A loro serviva manodopera.
E così uomini, donne e bambini diventarono schiavi a buon mercato.
E poi quel periodo.
Quello delle Stolen generations (Generazioni rubate). L’allontanamento forzato dei bambini dalle loro famiglie in apposite strutture rieducative per l’apprendimento della lingua e dei costumi britannici. Un trauma per quei bambini, allontanati dalle famiglie.
La situazione oggi?
Molte famiglie aborigene vivono in uno stato di povertà assoluta.
Di solito in piccole comunità nelle città principali, dedite all’uso di alcol e droghe.
Abbandonate dallo Stato.
Sono stati oltre 100mila i bambini sottratti alle loro famiglie.
Oggi gli Aborigeni hanno 6 volte più probabilità di morire in età infantile rispetto agli altri cittadini australiani.
La loro aspettativa di vita alla nascita è di 17/20 anni inferiore al resto della popolazione.
Negli ultimi anni, tra gli aborigeni, è in corso la più tremenda “epidemia” di suicidi.
Il 68% delle vittime ha meno di 30 anni e per il 27% meno di 20.
Nei 2019 ha fatto scalpore il suicidio di tre bambini di soli 12 anni.
E' stato abolito il 50% dei pagamenti del welfare, sospesa la legge sulla discriminazione razziale e imposti per i bambini aborigeni controlli sanitari obbligatori senza consultare i genitori.
Erano 600 i dialetti parlati dagli aborigeni prima dell’invasione inglese.
Sono 60 quelli sopravvissuti dopo la colonizzazione. La bandiera aborigena è formata dal nero, colore della loro pelle, dal rosso, il colore della terra e da un cerchio giallo che rappresenta il sole.
Ricordate la «Terra Nullius», terra che non appartiene a nessuno?
Il principio è rimasto legalmente in vigore fino al 1992 e oggi gli Aborigeni stanno ancora aspettando la restituzione della maggior parte delle loro terre.
Che non avverrà mai.
Il 26 gennaio, in Australia si festeggia l’Australia Day, l’anniversario dell'arrivo nel 1788 della prima flotta di navi britanniche
l’Australia Day o Invasion day?
Dimenticavo Aborigeno significa “Che è originario del luogo in cui vive”.
Ecco, appunto.
L’Australia nel 2023 voterà (forse) in un referendum per decidere se modificare la propria Costituzione. Per inserire un articolo che dia “voce” alla popolazione aborigena nel consigliare la politica del governo.
Se la proposta verrà approvata si chiamerà “The Voice” (La Voce).
«Se provi a venire in Australia in barca, anche se pensiamo che tu sia la persona migliore del mondo, non ti lasceremo entrare».
La terra è nostra, dicono oggi quelli arrivati dal mare nel 1770.
Malgrado gli aborigeni fossero lì da 50.000 anni.
• • •
Missing some Tweet in this thread? You can try to
force a refresh
Due giorni fa vi ho raccontato della decimazione subita dal “Battaglione Catanzaro”.
(leggete qui )
Quella storia la conosciamo grazie a un documento della relazione della regia Commissione d’inchiesta su Caporetto, costituita il 12 gennaio 1918.
Il Presidente era Carlo Caneva, senatore del Regno, che denunciò: “quel provvedimento selvaggio[…] della decimazione applicata ad interi reparti, fra i cui componenti si trovavano numerosi innocenti…ci fu un caso dove fu estratto a sorte un soldato lontano parecchi chilometri”.
Ma non furono solo le decimazioni il segno distintivo di Luigi Cadorna.
Fu la sua condotta della guerra, tutta imperniata su quelle che lui chiamava “spallate”.
Un assalto alla baionetta contro le postazioni nemiche, sempre munitissime di mitragliatrici e artiglieria.
Eravamo solo stanchi.
Troppo stanchi.
Distrutti nel corpo e nella mente.
E’ vero, ci siamo ribellati a quell’ordine, ma non ci meritavamo quella punizione.
Lo diceva la nostra storia, le nostre battaglie, il nostro coraggio.
Chi siamo?
Una lunga storia.
Iniziata a Catanzaro.
A Catanzaro Marina per la precisione.
In tema di arruolamento c’erano da sempre due scuole di pensiero.
I politici preferivano che l’arruolamento fosse nazionale.
Lo scopo era quello di amalgamare i giovani provenienti da tutte le zone d’Italia.
I militari invece preferivano un reclutamento regionale
Secondo loro, cultura e lingua parlata, portavano alla formazione di reparti più omogenei.
In tempo di pace prevalse la prima, ma quando si fece sentire il rumore della guerra si preferì la seconda.
E' il 28 marzo 1941.
Lei sta camminando, si china a raccogliere un sasso e se lo mette in tasca.
Cammina, e mette altri sassi nelle sue tasche.
Ora è arrivata al fiume.
Abbandona il bastone e cammina ancora, fin dentro al fiume.
Lasciandosi poi trascinare dalla corrente.
E' il 18 aprile 1941.
“Guardate, c’è qualcosa nel fiume” urla uno dei bambini arrivati in gita sul fiume Ouse.
A prima vista, sembra un pezzo di legno, un tronco.
E i bambini cominciano a tirare i sassi verso quel pezzo di legno.
Il legno si è piano piano avvicinato alla riva.
Un ragazzo entra nell’acqua per prenderlo.
Ma quello non è un tronco.
E' il corpo di una donna in pelliccia.
Al polso ha un orologio.
E' fermo alle 11:45.
Paneroni, chi è costui?
Paneroni sono io teste di rapa.
Giovanni Paneroni per la precisione, nato a Rudiano, in provincia di Brescia, il 23 gennaio del 1871, qualche giorno prima che Roma diventasse la capitale d'Italia.
Fu papà Battista a indirizzarmi agli studi.
Prima le scuole elementari, che per l'epoca rappresentavano già un traguardo non indifferente, e poi il collegio vescovile a Bergamo, dove rimasi due anni.
Lasciai per mancanza di vocazione, ma quelle basi mi servirono per dare vita a quell’idea rivoluzionaria.
Iniziai prima a lavorare in una bottega in Bergamo dove imparai la lavorazione del "Tiramolla", uno dei dolci più diffusi e popolari del periodo.
Una professione che mi sosterrà economicamente per tutta la vita, permettendomi di crescere una grande famiglia con ben otto figli.
Ci mancava pure il film.
Con tutti quegli Oscar poi.
Lo so che su Wikipedia è scritto chiaro “il film è tratto dall'omonima opera teatrale…”, ma sapete quanta gente pensa sia un film storico?
Ma dai.
Dovevate scriverlo a chiare lettere: OPERA DI FANTASIA!
Tutta colpa di quel russo, Aleksandr Sergeevič Puškin, e del suo microdramma.
Da lì la pièce teatrale in due atti scritta da Peter Shaffer.
E ora questo film.
Tutto per cercare di convincere la gente che io quello lo odiavo.
Tanto da ucciderlo.
Io provare invidia per quello?
Ma quando mai.
Ero uno dei musicisti più importanti di tutta Europa. Quale autore scelse l’imperatrice Maria Teresa D’Austria per l’inaugurazione del Nuovo Regio Ducal Teatro nel 1778?
Il sottoscritto.
Con l'opera lirica "L'Europa riconosciuta"
Sorrido quando leggo che il blues è nato quella notte all’incrocio tra le Highway 61 e 49 a Clarksdale.
Perché vi garantisco che non firmai nessun patto col diavolo, barattando la mia anima, per diventare il più grande bluesman della storia.
Certo.
Strano era strano.
I vari musicisti che mi avevano conosciuto prima di quella notte erano concordi nel ritenere goffo il mio modo di suonare la chitarra.
Invece ero riapparso dopo quella notte dotato di una bravura e di un'espressività tali da lasciare tutti a bocca aperta
Però forse è il caso di cominciare dall’inizio.
MI chiamo Robert Leroy Johnson e sono nato a Hazlehurst (Mississippi) l’8 maggio 1911 da una relazione di mia madre, Julia Dodds, dopo che mio padre ci aveva abbandonati per un'altra donna.